lunedì 19 dicembre 2011

SUPER, Attento crimine! (J.Gunn, 2010)

Frank Darbo (Rainn Wilson) vive una vita tanto poco soddisfacente da vantare solo due momenti felici: il "sì" di sua moglie (Liv Tyler) il giorno del matrimonio, e l'aver indicato ad un poliziotto la direzione verso cui era fuggito il malvivente inseguito. Una mattina, però, la moglie lo lascia per un boss di quartiere (Kevin Bacon) e lui precipita nella disperazione più nera. Non gli resterà che diventare un supereroe per sconfiggere il cattivo e riportare a casa la bella Sarah.

Con una faccia da bambinone, i capelli ostinatamente indomabili e la pancia prominente, Frank di certo non può contare sull'avvenenza per potersi riprendere Sarah. A suo sfavore gioca anche un carattere decisamente innocuo. E così l'evento risveglia tutti insieme i rancori di una vita, generati dai tanti soprusi subiti dalla più tenera età, urlati a Dio che non ha serbato nemmeno un briciolo d'amore per il povero Frank. Senza un'arma che sia una dote innata, l'unica soluzione rimane diventare un supereroe. E come si diventa supereroe senza superpoteri? Lo si impara dalle guide più valide: i fumetti.

Persino tra i cultori dei fumetti (notoriamente dei disadattati, n.d.) Frank diventa un elemento di derisione, chiedendo quello che ha per protagonista l'improbabile "Super Gesù" con tanto di tutina, maschera e morale spicciola. Perché proprio Gesù lo ha prescelto per combattere il crimine, ed il dito di Dio gli ha toccato il cervello con l'ausilio di tentacoli palesemente fallici che gli hanno scoperchiato il cranio (inutile ogni precisazione circa possibili letture critiche verso la fede che degenera in fanatismo religioso e furia cieca nei casi estremi). Frank si traveste in Saetta Purpurea, e presto accanto a lui si accompagna Saettina, una sboccata, esaltata e quanto mai ammiccante Ellen Page. E le donne, si sa, portano sempre un pò di colore -che in questo caso è" rosso budella"- alle storie.

La vicenda di Frank ricalca, per macroscopiche analogie, quella del più celebre Kick-Ass, ma con la disillusione dell'età adulta. Super rinuncia totalmente al politicamente corretto incedendo nella messa in scena del patetico e nell'esibizione dello splatter più convinto. Purtroppo l'apoteosi si consuma troppo in breve, perdendo di incisività dopo essere stata annunciata in modo assai promettente. Sangue, esplosioni e teste sfondate stanno comode comode tra una scena di sesso goffa e brillantemente imbarazzante, ed una conclusione disarmante perchè realistica. Una pellicola a bassissimo budget che vanta un cast eccellente che partecipa più per gloria che per denaro. Nel complesso sembra stridere un pò il legame poco rifinito tra divertimento spicciolo e male di vivere che, tutto sommato, si perdona ad un'opera che ha meno pretese di quante avrebbe potuto.

RICETTA
Qua ci vuole una ricetta che ci dia i superpoteri. Una ricetta capace di renderci frenetici, felici e forti, un dolce che contrasti la malinconia, prima di trovarci seduti a contemplare ricordi di altri appesi a un muro, con un coniglio come unica compagnia (non sto vaneggiando, guardare il film per credere!).
TORTA AL BURRO ALLO ZENZERO
300 g di Farina "00"
2 cucchiaini di lievito in polvere
2 cucchiaini di zenzero in polvere
180 g di burro morbido
150 g di zucchero di canna
1 cucchiaino di essenza di vaniglia
3 uova grandi
sale

.Per la panna allo zenzero:
2,5 dl di panna fresca
2 cucchiai di zucchero a velo
1 cucchiaino di zenzero in polvere
Preriscaldate il forno a 180°. Imburrate, infarinate e rivestite di carta forno due tortiere di 20 cm di diametro.
In una ciotola a parte mescolate la farina, il lievito, lo zenzero e un pizzico di sale. In una terrina lavorate il burro, lo zucchero e la vaniglia con le fruste elettriche fino ad ottenere una crema chiara. Diminuite la velocità dello sbattitore ed incorporate le uova, uno alla volta. Diminuite al minimo la velocitàed unite gradualmente le polveri che avevate messo nella prima ciotola. Versate metà dell'impasto in ogni tortiera.
Fate cuocere per 25-30 minuti. Controllate la cottura infilando uno stuzzicadenti al centro. A cottura ultimata lasciate intiepidire 10 minuti nella tortiera prima di sformare. Eliminate la carta e lasciatele raffreddare. Per la farcitura, montate a neve la panna con lo zucchero e lo zenzero. Spalmate su una delle due torte e sovrapponete sopra l'altra.

giovedì 15 dicembre 2011

L'ULTIMO TERRESTRE (G.A.Pacinotti, 2011)

Luca Bertacci (Gabriele Spinelli) lavora come cameriere al Bingo. Vive in un appartamento fatiscente ed è segretamente attratto dalla sua vicina di casa Anna (Anna Bellato). Non le ha mai rivolto parola, le uniche donne che frequenta sono prostitute contattate attraverso annunci. Nella sua vita non accade nulla di sconvolgente, ma presto arriva la notizia di un'imminente invasione aliena.

Gli alieni stanno arrivando sulla terra. Come potremmo sfruttarli economicamente? Costituirebbero una risorsa per il calcio? Le domande che gli ascoltatori di un programma radiofonico riescono a porre non vanno oltre. E il film comincia.
Questo di GiPi (Gian Alfonso Pacinotti, il noto fumettista, si trova per la prima volta dietro la macchina da presa, a mettere in scena un'opera tratta dal fumetto di un altro. Nessuno mi farà del male di Giacomo Monti) è un piccolo gioiello nella filmografia italiana degli ultimi anni, che guarda con occhio clinico e sarcastico agli aspetti più laidi dell'umanità. Il senso generale è pervaso dallo squallore. Corpi grotteschi si muovono al buio o sotto le luci al neon. Ogni essere umano è capace di esternare cattiveria, che si tratti di uccidere, senza alcuna ragione apparente, il gatto della propria fidanzata o di massacrare un uomo. Nessuno osa provare compassione.

In mezzo a tutti c'è Luca Bertacci, con le sue teorie ciniche sulle donne, una timidezza ai limiti del patologico e un unico amico, Roberta. Roberta è un transessuale che si prostituisce per strada. Neanche tra le prostitute esiste empatia, si muovono come corpi solitari seppur in gruppo, insultandosi per nulla. Luca è stato l'unica persona a trattare Roberta con gentilezza, è il motivo del loro rapporto. Lui le confida ogni cosa, è l'unica persona con cui non prova alcuna inibizione nell'esprimersi, nella familiarità del sentimento riesce a sentirsi libero.

Ed infine ci sono gli alieni in arrivo. Paradossalmente gli esseri che provengono da un altro pianeta suscitano meno clamore e meno ripudio di un qualsiasi essere umano. L'unica aliena visibile nel corso del film (interpretata da Sara Rosa Losilla), viene accolta ed amata dal vecchio padre di Luca (Roberto Herlitzka, come sempre impeccabile), ma non viene respinta né oltraggiata da nessuno, cosa che invece accade a Roberta. Le due figure sono paradigmi dello "straniero" inteso come "diverso", e declinate nelle sole due accezioni che sembrano possibili: il diverso ripudiato ed umiliato, ed il diverso accettato ma tenuto nascosto.
La frustrazione si fa odio che esplode nel peggiore dei modi. Nessuno sembra esserne immune, e la prima debolezza, il primo segno di cedimento è già anticipazione del peggio che accadrà. L'aliena scrive "già so come andrà a finire", e come lei tutti gli altri visitatori della nostra sfera di cattiveria. Il finale si annuncia inevitabile. Il messaggio apocalittico sta nell'affermare che l'unica salvezza o punizione è da affidarsi ad un'entità differente (superiore, se si considera il valore etico), l'umanità non è in grado di giudicarsi da sola, non è possibile una catarsi. Non ci resta che aspettare qualcuno ci porti in salvo. Uno straniero.

RICETTA
Questa volta contravverrò ai miei soliti propositi. Non cercherò una ricetta che si accordi al film, ma risponderò ad una richiesta esplicita, quella di divulgare le ricette di alcuni dei piatti che ho in programma di cucinare nelle feste natalizie. Mi è d'obbligo un ringraziamento speciale agli chef Alessandro Vassallo e Fabrizio Sepe, che mi hanno rivelato qualche piccolo segreto ed insegnato tante cose. Mi scuso per le dosi approssimative o assenti, ma mi regolo ad occhio e...sono pessima in matematica, geometria e quant'altro.
Le ricette che vi proporrò sono:
Alici ripiene e Bagna Caoda, Polipo con le patate, Astice con lenticchie di Capodanno, Gamberoni grigliati con Crema di ceci, Losanghe di spigola con indivia grigliata e uvetta.
  1. ALICI RIPIENE e BAGNA CAODA
Ingredienti:
20 alici
mozzarella
2 uova
pangrattato
olio di semi per friggere
aglio
alici sott'olio
latte
Pulite le alici, privatele della testa e della spina centrale. I filetti che otterrete dovranno essere aperti stando attenti a non dividere in due il pesce. In una ciotola sbattete le uova. Farcite le alici con dei pezzetti di mozzarella: mettete un filetto sul piano di lavoro, con la parte interna rivolta verso l'alto, adagiatevi sopra della mozzarella (non troppa, basterà un filo lungo la parte centrale dell'acciuga) ed adagiatevi sopra un altro filetto di acciuga. Tenendola ben stretta per la coda, passate nell'uovo, poi nel pangrattato la vostra acciuga ripiena. Pressate leggermente tra le mani così che il pangrattato si attacchi bene e riponete in frigo.
Per la Bagna Caoda: In un pentolino freddo mettete un pò di latte (100 ml circa) con uno spicchio d'aglio. Ponete sul fuoco e portate ad ebollizione. Appena il latte bolle, toglietelo dal fuoco, buttate via il latte ma conservate lo spicchio d'aglio. Ripeterete l'operazione (con lo stesso spicchio d'aglio) altre due volte. L'ultima volta conservate anche il latte. In un pentolino fate sciogliere le alici sott'olio (5-6 filetti) a fuoco dolce, aggiungete l'aglio precedentemente sbianchito nel latte, rosolate leggermente e aggiungete il latte in cui era contenuto l'aglio. Fate cuocere pochi minuti, infine frullate tutto.
Togliete dal fuoco le alici e friggetele in olio caldo. Asciugatele dell'olio in eccesso e servite calde, accompagnate dalla bagna caoda (calda, ovviamente) in una ciotolina a parte.
2. POLIPO CON PATATE
Un polipo
 6 patate
una carota
una costa di sedano
foglia di alloro
bacche di ginepro
olio
sale
pepe nero
Questa ricetta è semplicissima. L'unica attenzione richiesta sta nei tempi di cottura ed in qualche piccola accortezza (cercate di tagliare le patate a quadratini della stessa grandezza, così che tutte rispettino gli stessi tempi di cottura).
Portate ad ebollizione in una pentola capiente dell'acqua con sedano, carota, alloro e ginepro. Tenendo il polipo (già pulito) dalla testa immergete 3-4 volte i tentacoli nell'acqua bollente, facendoli arricciare. Dopodiché immergete tutto il polipo e lasciate cuocere per circa 20-30 minuti (a seconda della grandezza, se si tratta di un polipo da 1 kg, lasciatelo cuocere fino a 40 minuti).
Intanto tagliate le patate a quadratini di 1,5 cm circa. Bollitele stando attenti a non cuocerle troppo, dovranno restare sode senza disfarsi. Acottura ultimata scolatele ed unitevi il polpo di cui avrete affettato i tentacoli a rondelle non troppo grandi (più o meno quanto i cubetti di patate), la testa a julienne. Unite il tutto, condite con olio, sale, pepe (se volete prezzemolo) e servite tiepido.
3. ASTICE CON LENTICCHIE DI CAPODANNO
Due astici
500g di lenticchie
Una carota
Una costa di sedano
Una cipolla bianca
Un bicchiere di cognac
olio
sale
Per le lenticchie: Tagliate finemente sedano, carota e cipolla e rosolate in una pentola alta con poco olio. Quando la cipolla comincerà a "sudare" aggiungete le lenticchie e una foglia di alloro. Ricoprite di acqua e lasciate sobbollire per 45 minuti ca. Se l'acqua si asciuga troppo, aggiungetela di tanto in tanto, a piacere potrete aggiungere dei pomodori pelati poco prima di mettere le lenticchie e l'acqua in pentola. Poco prima della fine della cottura, salate.
Prima di cuocere l'astice preparate un Court Bouillon, ossia un "brodo" i cui in gredienti sono: 2,5 l di acqua, 700ml di vino bianco secco, 250 ml di aceto di vino bianco, 2 carote tagliate grossolanamente, 2 cipolle, un mazzetto aromatico (alloro, gambi di prezzemolo, timo), 1 cucchiaino e mezzo di sale, 2 cucchiaini di pepe nero. Immergetevi l'astice (dovrebbe essere vivo...ma io non me la sento di compiere una tale barbarie!) e riportate a bollore. Lasciate cuocere 5 minuti se il vostro astice non pesa più di 450 g, altrimenti lasciate cuocere altri 3 minuti.
Per estrarre la polpa, tagliate il vostro astice lungo la corazza, poi estraete la polpa dalle chele e tenete da parte la carcassa (se vi riesce di non distruggerla). In una padella fate sciogliere un pezzettino di burro, sfumate con del cognac e fatevi saltare brevemente la polpa di astice. 
Adagiate la carcassa sul piatto, con dentro la polpa saltata al cognac. Servite su letto di lenticchie (se troppo brodose "alzatele" dal loro brodo con una schiumarola)
4. GAMBERONI GRIGLIATI CON CREMA DI CECI
Gamberoni interi
ceci
aglio
rosmarino
acciughe sott'olio
olio d'oliva
Bollite i ceci in acqua con sale, aglio e rosmarino. A fine cottura, quando l'acqua si sarà ritirata a sufficienza, in poco olio soffriggete l'aglio, aggiungete 2-3 filetti di acciughe ed unite ai ceci. Passate o frullate il tutto. A parte grigliate i gamberoni interi (basteranno pochi minuti). In un piatto versate qualche cucchiaio della salsa di ceci sulla quale adagerete i gamberoni. Condite con prezzemolo tritato, un filo d'olio e una leggera spolverata di pepe (o paprika dolce)
5. LOSANGHE DI SPIGOLA CON INDIVIA GRIGLIATA E UVETTA
Due spigole
4 cespi di indivia belga
uvetta sultanina
pinoli
olio
marsala
Spinate le spigole, privandole della testa e della spina centrale. Asciugate e tagliate a losanghe (ottenendo dai vostri filetti delle forme romboidali). In una padella scaldate poco olio. Quando sarà ben caldo adagiatevi sopra le losanghe facendo friggere il lato con la pelle (fate attenzione: se la spigola è fresca, a contatto con l'olio caldo la carne tenderà ad arricciarsi. Quindi spingete la losanga contro la padella evitando che si inarchi. Appena la pelle avrà assorbito l'olio, potrete lasciare la presa e far cuocere la spigola). Non capovolgete le fettine di spigola, così facendo le losanghe saranno croccanti dal lato della pelle, ben cotte e morbide nella carne. Appena la polpa sarà cotta (quando la parte rosa della carne sarà quasi del tutto scomparsa e la pelle sarà croccante e dorata) togliete dal fuoco e ponete su carta assorbente.
A parte mettete a mollo dell'uvetta in un bicchierino di marsala. Private le indivie delle foglie esterne tenendo il cuore e grigliatelo. In una padella scaldate poco olio, aggiungete i pinoli e l'uvetta strizzata, un goccio di marsala per sfumare, infine i cuori di indivia. Saltate per pochissimi minuti, servite con le losanghe di spigola calde.

lunedì 12 dicembre 2011

MIDNIGHT IN PARIS (W.Allen, 2011)

Gil (Owen Wilson) è uno scrittore newyorkese in vacanza con la fidanzata (Rachel McAdams) a Parigi. Sogna di trasferirsi nella capitale francese con lei, che però ha già deciso di vivere a Malibu dopo il matrimonio. Tra eventi mondani, cene organizzate dai suoceri e visite guidate in compagnia di amici pedanti, Gil non riesce a vivere appieno la città. Una sera, però, intraprende una passeggiata solitaria per le strade parigine, credendo di essersi perso, allo scoccare della mezzanotte, accetta l'invito di un gruppo di persone a salire su un'auto d'epoca. Sarà il primo appuntamento di un viaggio fantastico.

Gil è l'intellettuale rassegnato alla normalità della vita, l'artista che si sottomette al tedio quotidiano e smette di sognare. Per Gertrude Stein (incontrata insieme ad altre insolite personalità come Francis Scott Fitzgerald ed Ernest Hemingway) la realtà, di cui lui narra nel manoscritto chele mostra, è fantascientifica non per l'ambientazione "futuristica" quanto per la rassegnazione che lo scrittore manifesta. Compito dell'artista è la ricerca dell'alternativa. E così Woody Allen, oramai artista maturo, mette da parte le nevrosi, si tira fuori dai giochi (quantomeno dall'interpretazione diretta) e cerca l'alternativa. Si abbandona alle storie sognanti delle capitali europee, fa rivivere i suoi idoli e li canzona anche, mentre dei tratti tipicamente ansiosi delle pellicole precedenti, Gil conserva ben poco (solo qualche accenno all'uso di valium).  

Midnight in Paris è un delizioso gioco di nostalgia, che lancia un'occhiata ai tempi cupi della contemporaneità, e allo stesso tempo ammette che guardando indietro si vedrà sempre qualcosa di meglio. Il disagio del vivere quotidiano è un sentimento antico, ma gli artisti soltanto lo possono addolcire. Di ognuno dei personaggi Allen ne fa una musa. La musica, la pittura, la letteratura, la moda si declinano in diversi modi. Dal ricordo della grazia fugace e prematuramente scomparsa di Modigliani, alla bizarria di Dalì (Adrien Brody); dall'occhio attento di Man Ray all'astrusa genialità di Buñuel; dalla forte personalità organizzativa di Gertrude Stein (Kathy Bates) alla dolcezza della musa per eccellenza Adriana (Marion Cotillard).

C'è da aspettarsi che il disorientamento che si prova guardando i primi minuti della pellicola sia voluto,che l'atmosfera evocata avesse l'intento di rendere lo spettatore incerto sulla reazione da abbinare alla vicenda. Perchè da un lato Allen esalta il necessario ricorso alla fantasia come motore del vivere, dall'altro dimostra che il ritorno alla normalità è necessario. Normalità, sì, ma a patto che le fughe, seppur momentanee, continuino ad esserci. Ed è lui stesso a dimostrarcelo, girando un nuovo film ogni anno in una nuova città pur restando sempre un newyorkese in trasferta. Ma, al di là di se stesso, dietro Woody Allen, c'è un altro artista, c'è un regista. Con una leggerezza quasi commovente, ci ricorda qual è il ruolo di un'opera, donandoci la levità estatica che l'aver vissuto smarriti in un sogno d'arte provoca. Unito ad una fotografia "jazz" (mi si perdoni il termine) il trucco è perfetto; che il suo alter ego dialoghi con gli immortali dell'arte, poi, è un esempio di ironica autocelebrazione, ed è proprio questo che ci piace del caro vecchio Woody.

RICETTA
Questa volta mi perdonerete se l'abbinamento è un tripudio della banalità. I francesi hanno un grande dono: difendono a spada tratta ogni cosa che gli appartenga, ma soprattutto la fanno così complicata che solo un fine cultore ed appassionato devoto possa avvicinarsi a carpirne i segreti. I piatti francesi -nostri acerrimi nemici nella contesa del primato mondiale in cucina- sono spesso delle squisitezze di difficile realizzazione. Perciò, la soluzione al problema che mi autoimpongo da tempo ormai è copiare e incollare la semplicissima ricetta della Quiche Lorraine che qui si afferma essere l'originale:

QUICHE LORRAINE
per la pasta brisée:
300 g di farina
 pizzico di sale 
150 g di burro ben freddo e a cubetti 
50-100 ml di acqua ben fredda
per il ripieno: 
2 uova e 2 tuorli 
4 cucchiai da minestra di emmenthal grattugiato 
sale e pepe q.b. 
400 ml di latte 
100 g di pancetta affumicata tagliata a dadi 
1 cipollotto tagliato a fettine sottili

Per prima cosa preparate la pasta briseè mettendo la farina in una ciotola, aggiungendo poi il burro tagliato a pezzetti e il sale. Mescolate bene con le mani in modo che il burro e la farina si amalgamino bene formando come delle briciole di pane. A questo punto aggiungete l’acqua e, con l’aiuto di una spatola di metallo, impastate accuratamente il tutto. Dovrete ottenere una pasta di giusta consistenza, né troppo dura né troppo molle. Fatene una palla e lasciatela riposare in frigorifero per almeno un’ora. Passato questo tempo, mettetela su di un piano infarinato, schiacciatela con il palmo della mano, infarinate la sua superficie, stendetela all’altezza di 1/2 cm con l’aiuto di un mattarello e foderate una pirofila del diametro di 26 cm coprendo anche i bordi. Se invece avete fretta, usate un rotolo di pasta briseé pronta per l'uso. In entrambi i casi sul fondo metterete l’emmental e poi i cubetti della pancetta che avrete cotto con la cipolla e per ultimo le uova frullate con il latte, sale e pepe. Infornate a 180 gradi per 45 minuti circa. E’ ottima sia mangiata calda che fredda.

lunedì 21 novembre 2011

THIS MUST BE THE PLACE (P.Sorrentino, 2011)

Cheyenne (Sean Penn) è un'ex rockstar. Ha abbandonato la carriera musicale da molti anni ed ora vive di rendita nella sua immensa villa in Irlanda. Un giorno riceve la telefonata che gli annuncia la morte del padre, che ancora viveva negli Stati Uniti. Cheyenne, sebbene non abbia contatti con la famiglia da più di trent'anni, decide di partire. Una volta giunto scoprirà che suo padre, ebreo sopravvissuto ai campi di sterminio, era ossessionato dal dover catturare il suo persecutore nazista, e deciderà di mettersi in viaggio sulle tracce dell'uomo.

Qualcuno lo ha definito feel-good movie on the road questo viaggio di "formazione" del cinquantenne Cheyenne. This Must Be the Place narra di un "anti-eroe" in ricostruzione, tra timidezza e femminilità a mala pena dissimulata. Sposato da trentacinque anni ad una donna virile che di mestiere fa il pompiere (Frances McDormand), e che sorride in risposta al broncio senza emozioni del marito.
Cheyenne è poco più che un bambino. Un uomo con troppi sensi di colpa da portare a galla prima di potersi disfare della valigia e del trucco. La prima inquadratura del film si affaccia a scrutare la fortezza irlandese nella quale lui si nasconde, a giusto titolo paragonato al burtoniano Edward Mani di Forbice. Ma Cheyenne non è un emarginato, un innocente, è piuttosto un uomo che vorrebbe essere "diverso", vorrebbe essere un "mostro" per potersi giustificare al mondo, esserne vittima e non dover far fronte ad alcuna responsabilità. 

Attorno a lui, oltre all'energica moglie, una coltre di personaggi in penombra, affascinanti perché mai allo scoperto, misteriosi, di cui non è dato sapere molto più che un cenno.
E poi, arriva la notizia. Il momento in cui Cheyenne davvero si ferma...pensa....e parte. Tutto ricomincia da principio, va incontro a ciò che era prima di indossare la maschera, quando aveva deciso di essere Edward Mani di Forbice rifiutato dal padre. Nei ricordi del genitore cercherà una strada per sé, un posto da poter chiamare casa (come recita la canzone omonima dei Talking Heads) chè prima di essere adulti bisogna smettere di essere figli.

Sorrentino procede per contrasti tra eccessi: alla levità della regia, fatta di inquadrature leggere, sfumate, si oppone il passo trascinato di Sean Penn, la mimica ostentata, i colori saturi della sua faccia dipinta. Abituati ad uno stile di regia accattivante, nel suo esordio americano quasi ci disorienta questo Sorrentino che indietreggia un poco per lasciare campo libero al protagonista. Il volto truccatissimo di Cheyenne ingombra lo schermo, i momenti più intensi sono affidati a lui, e la macchina da presa si muove senza disturbarlo. Sicuramente non è il film migliore che il regista partenopeo abbia girato, ma quest'intimità ingombrante e silenziosa denuncia, forse, una scelta stilistica nata dal dialogo con il talentuoso protagonista, o forse una nuova fase cinematografica nel cammino dell'autore.

RICETTA
Parlando di "senso di colpa" mi viene qualche idea circa la ricetta che potrei consigliare in questa sede.  Voglio dire, si tratta di un'espressione che noi donne conosciamo fin troppo bene, e con l'inverno ed il bisogno di zuccheri e serotonina in barretta, dire "senso di colpa" ha un suono molto familiare. Il nostro viaggio di formazione, in questo caso, sta nell'affrontare vincenti il ripiano delle leccornie, voltare le spalle ai grassi idrogenati e prepararci
BISCOTTI INTEGRALI SENZA ZUCCHERO
180 gr farina integrale
1/2 cucchiaino di cremor tartaro
2 cucchiai di miele
6 cucchiai di olio e.v.
1 uovo
1/2 cucchiaino di essenza di vaniglia
1 pizzico di sale
zucchero a velo per spolverare.
Setacciate la farina con il lievito e il sale in una ciotola. In un’altra ciotola più capiente mescolate il miele con l’olio e poi aggiungete l’uovo e la vanillina. Incorporate gli ingredienti secchi fino ad ottenere una pasta morbida. Ora date la forma che desiderate al biscotto. Adagiateli su una teglia ricoperta di carta da forno e cuoceteli a 170°, forno caldo ventilato, per circa 10-12 minuti. Fateli raffreddare e spolverateli con lo zucchero a velo. Come alternativa, potete aromatizzarli con la buccia grattuggiata di un limone bio.

mercoledì 26 ottobre 2011

MELANCHOLIA (L. von Trier, 2011)

Justine (Kirsten Dunst) sposa l'uomo che l'ama ma la depressione che l'affligge le impedisce di godere della festa organizzata dalla sorella Claire (Charlotte Gainsbourg). Intanto un enorme pianeta, Melancholia, sta avvicinandosi pericolosamente alla terra, rischiando la collisione. Sebbene molti scienziati neghino tale probabilità, le due donne percepiscono l'imminente fine.

Sarebbe scontato parlare di Melancholia partendo da un riferimento al precedente Antichrist (http://unfilmperdessert.blogspot.com/search/label/Antichrist). Lars von Trier, che lo si ami oppure odi, è un autore con la maiuscola, e nella complessa orchestrazione della sua opera tornano leit motiv e stilemi riconoscibili. Melancholia si iscrive nel processo di costruzione poetica di von Trier (e detta così sembra chissà che!) che affonda in quel lungo periodo di depressione che aveva preceduto Antichrist e si allunga verso una più consapevole e pessimistica visione del mondo.

Melancholia è un disaster movie, sì, ma ancora una volta la catastrofe cui fa riferimento il regista non ha a che fare con effetti speciali e rocambolesche scene di salvataggi ed esplosioni, ma una catastrofe che riguarda l'umanità, che l'aggredisce intimamente dall'interno. In primo piano ci sono Justine e Claire. Due sorelle apparentemente diverse. La prima depressa, apatica e disillusa. La seconda aggrappata al ruolo di madre e moglie, impegnata a mantenere il decoro e l'ordine garantitole dalla figura del marito.

Il film si apre con le note di Wagner ed un prologo che mette insieme il sogno e la realtà degli eventi, Justine vestita da sposa come Ofelia nelle acque del fiume nel quadro di Millais, Claire che corre portando in salvo il figlio, ed i piedi che affondano pesanti nel terreno. Von Trier ci introduce alla disarmante bellezza pittorica del disastro, al sublime kantiano in un certo senso, prima di entrare nel primo capitolo del film.

Justine e Claire rispondono agli splendidi ritratti di donna che Lars von Trier ha disegnato per tutta la sua carriera. Donne passionali, unici esseri in grado di vivere e gestire le emozioni. Justine fugge l'ordine e la razionalità della superficie delle cose, persino la sua festa di matrimonio non le suscita alcun interesse. Ad attrarla è solo la stella che si avvicina pericolosamente alla terra, quella "malinconia" che sta per colpire il mondo. Claire tiene a bada l'ansia con i farmaci, e si rifugia nelle certezze del marito cercando un ordine da imporre alla propria indole.

Dunque ancora una volta per von Trier i personaggi si dividono tra razionalità e passione. Le donne sono passione, natura, disordine. Gli uomini cercano la scienza, l'ordine, il decoro. Se questi ultimi prediligono il calcolo e l'apparenza, sono le donne a vedere oltre, a capire (Justine dice "io so, perchè sento le cose"). Il marito di Claire porta con sé il fallimento delle sue certezze, il fallimento dell'umanità che ha provato a governare la natura. Non è un caso che il percorso di Melancholia segua uno schema scientificamente credibile per poi tornare indietro ed abbattersi sulla terra in maniera del tutto inaspettata. La melanconia romantica è desiderio e timore, una forza incontrollabile su cui l'uomo non ha potere. Metafora della depressione che affligge Justine, e della potenza distruttiva che l'uomo ha in sé.

RICETTA

Una curiosità sul film. Prima di Kirsten Dunst, Lars von Trier aveva proposto la parte a Penelope Cruz, la quale aveva rifiutato per girare l'ennesimo capitolo de I Pirati dei Caraibi. Questa è la curiosità, ma la chicca sta nei credits del film. Alla fine dei titoli di coda, in cima alla lista dei ringraziamenti voluti dal regista indovinate un pò chi c'è? Sì, proprio lei, Penelope Cruz.
Ma ora bisogna scegliere una ricetta da accordare al film. Se la terra è davvero destinata a morire perchè i terrestri non apprezzano la vita, che apprezzino almeno il buon cibo! .... e magari ci salviamo in extremis....

ANATRA CON PISTACCHI
un'anatra di circa 1/5 kg
pancetta tesa o lardo a fette sottili 100 g
prosciutto cotto in una sola fetta 150 g
pistacchi sgusciati 30 g
un bicchierino di cognac
sherry 1 dl
sale
pepe
Eliminate tutta la pelle e le parti grasse dell'anatra. Separate i due petti lasciandoli interi e disossate il resto usando l'apposito coltello a lama lunga e sottile, avendo cura di lasciare intera la carne del petto. Mettete tutta la carne, compresi i petti, in una ciotola e irrorate con lo Sherry e il Cognac. Fate marinare per un'ora.Scottate i pistacchi per qualche minuto in acqua bollente. Scolateli, lasciateli intiepidire e sbucciateli (basta premerli tra le dita). Tagliate il prosciutto a striscioline. Scolate bene la carne e riducete quella del petto a strisce di un centimetro. Macinate tutta quella rimasta, salate, pepate e aggiungete i pistacchi. Tappezzate uno stampo piccolo con le fette di pancetta lasciando che dai bordi ne esca qualche lembo. Alternate gli strati di carne macinata con le fettine di petto e di prosciutto. Ripiegate i lembi di pancetta sull'ultimo strato e coprite la terrina con un foglio di carta stagnola. Cuocete a bagnomaria nel forno già caldo a 180° per un'ora e un quarto. Sfornate, sistemate sopra un peso e fate raffreddare nella sua acqua. Poi riponete in frigorifero per alcune ore. Capovolgete lo stampo e tagliate il composto a fettine. Per contorno potete preparare delle fettine di mele fritte spolverate di cannella.

AMICI DI LETTO (W.Gluck, 2011)

Jamie (Mila Kunis), giovane talent scout di New York, tenta di ingaggiare Dylan (Justin Timberlake) come nuovo direttore artistico della rivista GQ. Ad affare concluso i due continuano a frequentarsi da buoni amici, finché le recenti delusioni amorose e la perseverante voglia di "tenerezze" li portano a finire a letto insieme, giurando reciproco impegno nel non compromettere l'amicizia. 

Sebbene la commedia sentimentale più recente sembra aver giurato la più esclusiva devozione al tema dei "Friends with Benefits" (titolo originale del film), in questo lavoro la coppia Timberlake/Kunis funziona particolarmente bene. L'ironia dei due attori è fresca e coinvolgente, e tutta la prima parte è piacevolmente scanzonata e divertente. Gluck prende di mira il sentimentalismo stereotipato delle commedie americane, tenta uno sguardo più ironico sulla generazione di giovani ambiziosi (e ricchi) newyorkesi. I due attori giocano alla perfezione con l'autoironia, Mila Kunis prende in giro il suo seno minuto, Justin Timberlake si inebetisce mentre protende le mani verso il corpo di lei, o canta imitando se stesso. 

Tra i personaggi di contorno spicca un'improbabile mamma libertina (Patricia Clarkson) che piomba in casa della figlia ubriaca e senza invito, un collega gay sboccato (Woody Harrelson), un padre malato di alzheimer (Richard Jenkins) ex giornalista di successo per Dylan. E qui la trama perde un pò di mordente. Se la prima parte è divertente e singolare, la seconda scende a patti con il bisogno di moralismo che ogni commedia sentimentale americana sembra esigere, e Gluck perde la rotta. Il padre di Dylan rivela l'assoluta necessità di trovare la dolce metà che ti accompagnerà nella vita, la madre di Jamie è l'esempio negativo e invadente che serve da monito alla condotta della figlia. Ed eccoci ripiombati nel cliché. Come ci ha insegnato Sexteen Candles (Un Compleanno da Ricordare, J.Hughes 1984) ogni commedia sentimentale finisce col bacio plateale ed il "vissero felici e contenti". E questa è un'altra commedia americana. Per cui, mettetevi l'anima in pace sul finale e godetevela per quel che é. 

Un'ultima nota di merito per Justin Timberlake e Mila Kunis che meritano ogni encomio per la prova attoriale e per la simpatia. Gestiscono bene i ritmi e catalizzano l'attenzione in modo sorprendente. La volgarità è bandita e più che corpi nudi (l'unico nudo femminile non è di Mila, ma di una controfigura) si vedono lenzuola e facce contente.


RICETTA
Guardando il film in compagnia del mio mezzo chilo di popcorn gentilmente offerto dal cinema, il desiderio di mangiare qualcosa di meno stucchevole (sì, i popcorn nauseano quando superano i 50 g!) ha prevalso subdolamente, trasformandosi in odio per quell'interminabile sacchetto oleoso e salato. Cosa ci vorrebbe per accompagnare un film simile? Zucchero, fragole, delicatezza, freschezza....
TORTA DI YOGURT CON GELATINA DI FRAGOLE E FRUTTI DI BOSCO
per il fondo:
220g di biscotti secchi
150 g di burro
2 cucchiai di zucchero di canna
per la crema:
6 g di colla di pesce
4 cucchiai di latte fresco intero
200 ml di panna fresca da montare
500 ml di crema di yogurt
per la gelatina:
100 ml di acqua
6 g di colla di pesce
500 g di fragole
2 cucchiai di succo di limone
60 g di zucchero
(mirtilli, lamponi, more per decorare)
Sbriciolate bene i biscotti, magari servendovi di un robot da cucina. Quando li avrete ridotti in granella, versate in una ciotola ed aggiungete i due cucchiai di zucchero ed il burro fuso. Amalgamate e stendete in modo compatto il composto alla base di una teglia imburrata e foderata di carta da forno. Ponete in frigo per mezz'ora. Mettete a mollo la colla di pesce (6 g) nell'acqua fredda. A parte scaldate il latte senza farlo  bollire. Quando la colla si sarà ammorbidita, strizzatela e unitela al latte che avrete tolto dal fuoco. Lasciate raffreddare. Montate la panna a neve. Poi aggiungete gradatamente e mescolando dal basso verso l'alto lo yogurt. Unite il latte e la colla di pesce. Versate la crema ottenuta sullo stampo di biscotti e lasciate riposare in frigo per due ore. Mezz'ora prima dello scadere delle due ore frullate le fragole con due cucchiai di succo di limone, e mettete in acqua la restante gelatina. In un pentolino scaldate l'acqua e 60 g di zucchero. Strizzate i fogli di gelatina ed unite, lasciate raffreddare. Mescolate lo sciroppo al succo di fragole e versate il tutto sulla crema di yogurt. In frigo per altre due ore. Alla fine decorate con i frutti di bosco.

mercoledì 12 ottobre 2011

CARNAGE (R.Polanski, 2011)

Due coppie di coniugi, i Cowen e i Longstreet, si incontrano per discutere delle conseguenze di una lite avvenuta tra i rispettivi figli. Una volta stabiliti i ruoli di carnefice e vittima della vicenda, la discussione tende a riguardare sempre più da vicino i genitori, fino al punto di non ritorno.

E le colpe dei figli  smascherano i padri. Questo l'assunto tragico rovesciato che Polanski rinchiude in un appartamento newyorkese. Tratto dal testo teatrale "Le Dieu du Carnage" della pluripremiata Yasmina Reza, Carnage mette a fuoco e smaschera le debolezze e le frustrazioni di un gruppo di personaggi tipicamente borghesi, socialmente accettabili. Impeccabile la regia, inizialmente ordinata e calcolata al dettaglio, poi più libera in funzione degli equilibri che vengono meno tra i personaggi. 

Polanski costruisce fin da subito una struttura fine e solida che rispecchia (letteralmente) i personaggi che ingloba. L'appartamento dei Longstreet ospita la conversazione addobbato, confortevole, compiacente. Gli specchi ampliano e distorcono la percezione del luogo, l'apparente comodità è in realtà una gabbia che rimanda le immagini a sé, e viene quasi da pensare a L'Angelo Sterminatore di L.Bunuel nella crescente impossibilità di lasciare l'appartamento man mano che prende piede il gioco al massacro.

Ed è proprio di un gioco al massacro che si tratta. Il motivo del contendere diventa un pretesto, gli adulti rappresentanti la civiltà paroliera e benpensante, capace di reprimere gli istinti nella virtù e nella morale, altri non sono che schiavi delle proprie maschere. L'ebbrezza dionisiaca da una parte, la dialettica serrata e aggressiva dall'altra, scalpellano e scrostano i volti costruiti. L'appartamento si sporca e spoglia degli orpelli insieme ai suoi ospiti. Penelope (Jodie Foster), mamma perfetta con la mania del controllo, si scioglie nell'isteria e nella nevrosi di donna socialmente, affannosamente impegnata, che non sa gestire i problemi tra le mura domestiche. Michael (John C.Reilly) è il maritino sottomesso, spietato verso gli esseri che ritiene inutili (il criceto), sadico con i più deboli (la madre, la moglie). Nancy (Kate Winslet) è la più affabile fino a sfogare tutta la frustrazione di moglie ignorata di Alan (Christoph Waltz), che a sua volta sembra essere l'unico a mantenersi integro e lucido nel passare del tempo scandito dalla luce che entra dall'esterno.

Nel ritmo sempre più frenetico le coppie si sfaldano e ricuciono, le alleanze vengono meno, i momenti di pace sono fittizi. Ogni ordine prestabilito sembra impossibile, le parole correrebbero all'infinito, ma Polanski non mostra la deflagrazione, ed il finale lascia una sensazione di incertezza e incompiutezza. Soli 79' e tanto su cui riflettere nel dopo. Le immagini sui titoli di coda lasciano intendere che il mondo dei bambini, denunciato come incapace di generare giudizio critico, sia in realtà l'unico giusto perché alla colpa non dà seguito, non dà giudizio, appunto. L'evoluzione degli eventi è talmente veloce che sfugge alla logica preconfezionata e armata a baluardo delle proprie certezze, che gli adulti decidono. Spiazzante, e forse un pò troppo buonista.


RICETTA
Che c'avrà messo Penelope nella torta?!? Mele e pere, ovvio, e questo già lo sappiamo...
TORTA DI MELE E PERE 
350 g di farina di grano tenero 
200 g di burro 
200 g di zucchero 
2 uova 
200 g di latte 
600 g di mele 
300 g di pere 
scorza di limone grattugiata 
mezza bustina di lievito
Utilizzando un robot da cucina o con un cucchiaio di legno prima e con le mani poi, impastate con vigore in una ciotola la farina, le uova, 150 grammi di burro sciolto, 150 grammi di zucchero, il lievito, la scorza di limone grattugiata e il latte fino ad ottenere una pasta morbida di media consistenza.
Distendete la pasta in uno strato di 1.5cm sul fondo di una tortiera imburrata e infarinata o ricoperta di carta da forno.
Lavate e sbucciate le mele e le pere e, dopo averle private dei torsoli, tagliatele a spicchi e adagiatele sullo strato d’impasto nella teglia, quindi cospargetele con i residui 50 grammi di zucchero e con i rimanenti 50 grammi di burro tagliato a tocchetti.
Fate cuocere in forno già caldo a 200°C per 15 minuti, quindi abbassate la temperatura a 180°C e fate cuocere per altri 20 minuti o comunque fino a quando il burro e lo zucchero sopra la frutta non si fonderanno formando una leggera crosticina croccante.

venerdì 30 settembre 2011

SUPER 8 (J.J.Abrams, 2011)

Ohio, 1979. Joe (Joel Courtney) ha da poco perso la madre in un incidente sul lavoro. Trascorre il suo tempo con un padre distante perchè preso dal proprio dolore, e con gli amici intenti a girare un film sugli zombie in super8. Una notte la "troupe" esce furtivamente di casa, con l'aiuto di Alice (Elle Fanning) che ha rubato l'auto al padre, per girare una scena drammatica alla stazione ferroviaria. Il treno arriva ed i ragazzini iniziano a girare, ma qualcosa va storto. Un pickup si muove sui binari, andando verso il treno, ed in pochi minuti la collisione provoca un disastro senza precedenti. I bambini in fuga abbandonano la cinepresa che continua a riprendere tutto. Intimati dall'autista in fin di vita di non parlarne con nessuno, giurano di mantenere il segreto, ma nei giorni seguenti avvengono strani fenomeni in tutta la città.

Super 8 nasce dal sodalizio tra J.J.Abrams e la produzione di S.Spielberg, ai cui film questo lavoro strizza l'occhio. Per la generazione cresciuta negli anni '80 sarà facile riconoscere contaminazioni e citazioni tratte da i Goonies (R.Donner, 1985), Stand by Me (R.Reyner, 1986), E.T. (S.Spielberg,1982) ed altro ancora. Un tuffo nostalgico nelle storie del passato, nel cinema avventuroso per ragazzini. 

La prima parte del film, in particolar modo, è dedita a fraternizzare con i piccoli protagonisti. La cittadina dell'Ohio (luogo periferico per antonomasia nella cinematografia statunitense) si trasforma in un posto interessante e misterioso come solo lo sguardo di un bambino potrebbe renderlo. Insieme si gioca a fare gli adulti, e tutti si impegnano nel lavoro e nelle difficoltà che gli si presentano, si proteggono. Charles è l'immancabile ragazzino "non ancora magro", Cary è il giocherellone del gruppo, Martin è il bello ma fifone, Joe è il timido dal cuore grande, Alice è dolce e carina, e tutti se ne innamorano.
Da queste premesse rivive la magia dei filmini in Super8, dei walkman, della tecnologia con le sue promesse democratiche. I bambini sognano il cinema, ma soprattutto vogliono "fare" il cinema, come quello di G.Romero.

La seconda parte si apre, invece, al contrasto con l'artificio in computer grafica odierno che s'impone alla purezza ricercata nella parte precedente. Il mostro diventa visibile, la scena si anima di esplosioni ed oggetti pericolosamente in volo. E come nei migliori film spielberghiani arriva la resa dei conti con scene lacrimevoli al seguito. Tutto comincia nel momento in cui Alice e Joe parlano della morte della madre di lui, da qui i conflitti emotivi e gli effetti speciali crescono in modo direttamente proporzionale.

Il fascino retro della prima parte e l'epilogo rumoroso si conciliano in una struttura narrativa pulita e senza sbavature. Per le nuove generazioni che andranno al cinema sarà un'esperienza nuova e familiare allo stesso tempo. Per noi cresciuti a pane e Goonies, invece, sarà più facile storcere il naso. E' il moralismo eccedente nel finale a disturbare. Ragazzini tanto furbi ed intrepidi vengono attorniati e messi in ombra da momenti di riconciliazione annunciati e ribaditi di continuo, e l' "effetto melassa" è un pò noioso. In ogni caso si tratta di un film complessivamente piacevole. Eccezionale il filmino in Super8 durante i titoli di coda, senza dubbio un finale brillante.

RICETTA 
Vi ricordate Chunk nei Goonies, con le manine appiccicose e la faccia perennemente imbrattata di crema e cioccolata? La ricetta che proporrò serve a stimolare il golosone che è in voi...spero di riuscirci.
TIRAMISU' AL PISTACCHIO
per la crema:
100g di pistacchi sbriciolati
600 ml latte
4 tuorli
120 g zucchero
35g farina 00
15 g maizena
per il tiramisù e la crema al mascarpone:
400 gr. savoiardi
5 uova
250 gr. zucchero
500 gr. mascarpone
1 bicchiere di latte
1 bicchierino di marsala
Mettete a scaldare il latte in una casseruola e quando sarà bollente aggiungete il pistacchio sbriciolato. Mettete il coperchio e fate riposare per 30 minuti. Intanto sbattete i tuorli con lo zucchero, la farina e la maizena. Dopo che il latte avrà riposato, togliete i grumi passando il composto attraverso un colino. Fate bollire il latte al pistacchio filtrato, poi lasciatelo intiepidire prima di versarlo lentamente alle uova sbattute. Mescolate bene, poi mettete la ciotola con la crema a bagnomaria e mescolate fino a che non diventerà denso. Una volta ottenuta la crema al pistacchio lasciatela raffreddare, poi mettetela in frigo almeno due ore prima di utilizzarla.
Dividete i 5 tuorli dagli albumi. Con uno sbattitore elettrico unite lo zucchero ai tuorli fino ad ottenere un composto cremoso. Unite il mascarpone e mescolate. A parte montate a neve gli albumi. Poi unite alla crema di mascarpone precedentemente amalgamata. In una ciotola mescolate il latte ed il marsala, inzuppate uno ad uno i savoiardi che andrete a disporre in una pirofila. Per ogni strato di savoiardi spalmate uno strato sottile di crema al pistacchio ed uno di crema al mascarpone, mettetene un pò di più nello strato finale. Guarnite con granella di pistacchi e lasciate riposare in frigo per un paio d'ore almeno.

mercoledì 28 settembre 2011

SNATCH - LO STRAPPO (G. Ritchie, 2000)

Il Turco (Jason Statham) e Tommy (Stephen Graham) stanno organizzando un incontro truccato, ma Mickey (Brad Pitt) manda all'aria i loro piani. Intanto Franky (Benicio Del Toro) deve consegnare un diamante enorme ad Avi (Dennis Farina), ma si ferma a Londra e viene intercettato da Boris (Rade Serbedzija) che conosce la sua passione per le scommesse. Sol (Lennie James) e Vinny (Robbie Gee) vorrebbero mettere le mani sulla valigetta di Franky, e chiedono aiuto ad un amico grasso ed impacciato...

Cousin Avi, Sol, Vinny , Mickey, Franky Four Fingers, Turkish, Gorgeous George, Tommy, Bullet-Tooth Tony, Boris the Blade, Doug the Head, Brick Top ... I nomi dei personaggi si susseguono in un montaggio serrato, impossibile seguirli, impossibile ricordare i loro nomi, impossibile mantenere la calma. Un groviglio di trame, dialoghi serrati. Ricostruirne la trama sarebbe dispendioso, ed anche un pò fuorviante. Snatch è un gioco in cui  Guy Ritchie lavora all'effetto ridicolo che un piano criminale può avere suo malgrado, in cui gli eventi sono più importanti di personaggi estremamente colorati e macchiettistici. Procede per scatole cinesi la gara a chi riesce a "fregare" chi. Tra pulp e commedia si alternano volti in cui compare davvero ogni possibile attore si possa immaginare in quel ruolo.

E c'è il Turco che vuole acquistare un camper da uno zingaro che parla strano. Tre neri disorientati e goffi che tentano di rapinare il peggior criminale della città, assassini con cicatrici in vista e scommesse clandestine. Anche se muore qualcuno l'evento rientra legittimamente nell'assurdità della dinamica, un altro pezzo dello scenario, altri particolari ridicoli da aggiungere all'elenco.
Ritmo e dinamismo. Tutto è esagerato, come le dimensioni del diamante o del camper della mamma di Mickey (Brad Pitt). I tempi si dilatano, la sfortuna si muove come un boomerang.

 To snatch significa "afferrare, strappare". Lo strappo cui allude il titolo italiano è onomatopeico dell'andatura ritmata del film. Guy Ritchie ripropone uno schema che già aveva funzionato con il precedente Lock&Stock (1998), comprendendo l'ambientazione londinese quanto i ritmi da videoclip. Tuttavia non annoia la sensazione di "già visto" che accompagna le scene. Libero sfogo al grottesco, dunque, che si ripete negli stilemi ma non smette di divertire. E se vi piacciono le volgarità ben dialogate, è il film che fa per voi.

RICETTA
Al dispendio di energie impiegate per seguire un film tanto intricato e adrenalinico, rispondo con un piatto semplice e leggero.
SEPPIE GRIGLIATE CON VELLUTATA DI ZUCCA 
200g di polpa di zucca
1 scalogno
4 seppie
olio
sale q.b.
pepe, un pizzico
noce moscata
(panna da cucina facoltativa)
In poco olio soffriggete lo scalogno ed aggiungete la polpa di zucca tagliata a dadini. Lasciate rosolare pochi minuti ed aggiungete dell'acqua. Coprite e lasciate cuocere. Aggiustate di sale. Riducete in crema il composto con un frullatore ad immersione. Se risulterà troppo acquoso, lasciate cuocere qualche altro minuto. Aggiungete un pizzico di noce moscata e, se volete, della panna da cucina. A parte, su una piastra ben calda, grigliate le seppie precedentemente pulite. A fine cottura versate nei piatti 3 o 4 cucchiai di crema sulla quale adagerete le seppie per servire.

domenica 18 settembre 2011

Rispetto ai precedenti, questo post è alquanto anomalo. Non si tratta di una recensione ma di una videoricetta.  Con questo video partecipo ad una gara culinaria. Più visualizzazioni raggiungo, più possibilità ho di vincere! Ecco il link:

http://www.youtube.com/watch?v=1adrFvJW324

domenica 11 settembre 2011

I GUARDIANI DEL DESTINO (G.Nolfi, 2011)

David Norris (Matt Damon) è un uomo politico di successo e sembra destinato ad una vita di trionfi professionali. Incontra Elise (Emily Blunt) e ne rimane folgorato. Il caso sembra volerli insieme, ma non sono della stessa idea i guardiani del destino, uomini in abito scuro e cappello, che fanno da supervisori al piano che il "Presidente" ha scritto per l'umanità.

Ennesimo film tratto da un racconto di Philip K.Dick, ma dimenticate questo particolare e andiamo oltre.
Prima volta da regista per lo sceneggiatore George Nolfi, che con i Guardiani del Destino dirige una love story non prevista nella storia già scritta dell'umanità. E detta così suona profetica e stupida allo stesso tempo. Riproviamo. David incontra Elise, che lo bacia appassionatamente e fugge perchè si è imbucata ad un matrimonio. Si incontrano per caso su un autobus, qualche tempo dopo, e David è felicissimo. Ma degli uomini col cappello, che hanno messo in standby tutto il personale del suo ufficio, gli dicono che nel piano del destino non è previsto che incontri Elise e bruciano il bigliettino su cui è scritto il numero della ragazza.

Forse raccontata così è un pò più chiara, ma sembra ancora stupida. Bene, andiamo avanti che magari riesco a riprendere le redini della situazione.
Generi come la fantascienza e l'horror funzionano perchè mettono in scena paure condivise attingendo dalla realtà. Il tema fondamentale di questo film attinge dalla speranza rassicurante, condivisa sin dalle popolazioni più antiche, che esista una qualche sorta di divinità che guidi il destino del genere umano pur avendogli donato il libero arbitrio. E di questa speranza propone la variante che anche la divinità possa cambiare idea e sbagliare...e quando viene scoperta dire: C'avevate creduto? In realtà vi stavo mettendo alla prova!

Non so se sono sulla buona strada per riscattarmi dall'inizio poco glorioso di questo articolo, ma proseguo indisturbata. Quale tema più edificante se non l'amore? L'idea che due persone siano davvero state pensate per essere l'una dell'altra, e che qualsiasi deviazione del cammino non potrà mai cancellare quel sentimento che brucia come una marcatura a fuoco, è un pensiero assai elevato (per noi cuori coccoloni). Peccato che nel film i nobili sentimenti e gli intrighi machiavellici si perdano tra impresari del destino che corrono dietro un futuro presidente degli Stati Uniti diluendo la sostanza esplosiva che sta dietro i pronostici.

La vita umana è, dunque, coordinata da una gerarchia di funzionari, capi d'ufficio e presidenti che si passano la pratica fino a risolverla. E come in ogni ufficio pubblico che si rispetti, le risposte sono vaghe e rimandate a qualcun altro che ne sappia di più. Non che per tutto il film si abbia l'impressione di essere alle poste o in una segreteria, ma sicuramente se ci si affeziona quasi subito alla bella coppia di protagonisti, è anche perchè non è dato comprendere il reale motivo del perché di tanto accanimento contro di loro. E quando sembra essere chiaro, ecco che arriva l'angelo buono, commosso, che suggerisce a David un piano. Il tutto senza alcuna conseguenza drammatica. Ecco cosa non perdono a questo film, il lieto fine. Molti momenti sono piacevoli (nonostante la mia presentazione), la vicenda scorre lenta ma la voglia di vedere come va a finire resiste, è il lieto fine che guasta del tutto la possibilità di un riscatto, di un'apoteosi spietata. Sarò cattiva ma che senso ha perseguitare due persone per anni e poi ritirarsi? Forse perché l'Amore è destinato a trionfare e Dio (il Presidente) è buono? Fantascienza.

RICETTA.
La mia idea, per questo film, era di proporre una ricetta che vi impegnasse per un pò di tempo. Qualcosa di abbastanza impegnativo da accaparrarsi il destino della vostra giornata in cucina. Ma non avevo idee abbastanza prelibate. Allora mi sono rivolta ad uno dei miei blog preferiti in campo culinario: giallozafferano.it. E guardate un pò cosa ho trovato:
ARROSTO DI VITELLO ALL'UVA
1 Kg ca. di noce di vitello
3 spicchi d'aglio
burro
prezzemolo
rosmarino
salvia
2 carote
2 cipolle
2 gambi di sedano
600 g di uva bianca e nera
bacche di ginepro
250 ml di vino bianco
olio q.b.
sale q.b.
pepe q.b.
Prendete la vostra noce di vitello e appoggiatela su un tagliere; togliete con un coltello le eventuali cartilagini, quindi legatela con uno spago da cucina. Sistemate il rosmarino e qualche foglia di salvia sul vostro arrosto. Prendete una casseruola e, dopo aver fatto scaldare l'olio e il burro, adagiatevi la carne. Fate rosolare l’arrosto su tutte le sue parti, girandolo con un cucchiaio di legno, poi aggiungete il vino. Quando l'arrosto sarà ben rosolato trasferitelo in una tegame da forno, dove verserete anche il fondo di cottura. Mondate le carote, il sedano, le cipolle e l'aglio e poneteli nella pentola dell'arrosto insieme alle bacche di ginepro, al prezzemolo, al sale e al pepe . Lasciate cuocere in forno già caldo per un’ora a 180° (rigirando l'arrosto ogni tanto). Nel frattempo lavate bene l’uva, tagliate gli acini a metà e togliete i vinaccioli. Dopo l’ora di cottura, togliete dalla pentola le verdure e gli aromi, lasciando solo il fondo di cottura, dopodiché aggiungete gli acini e fate cuocere per altri 20 minuti mantenendo la temperatura a 180°. Una volta spento il forno lasciate riposare l’arrosto per qualche minuto,  poi tagliatelo a fette e servitelo assieme all'uva aggiungendo il sugo formatosi durante la cottura.

martedì 9 agosto 2011

UN WEEKEND DA BAMBOCCIONI (D. Dugan, 2010)

Un gruppo di amici si ritrova dopo trent'anni al funerale del coach che da bambini li portò alla vittoria del campionato di basket. Trascorreranno il weekend del 4 Luglio nella casetta sul lago della loro infanzia con le rispettive famiglie.

Una commedia senza alcuna pretesa che si adagia su un cast di altissimo livello per il genere (oltre ad Adam Sandler, Chris Rock, Salma Hayek, fa una comparsata anche Steve Buscemi). Il problema essenziale sta nel fatto che dietro qualche battuta divertente non c'è una base solida, una trama efficace, o semplicemente una qualsiasi forma di sintonia tra le parti. Gli attori sembrano coinvolti stancamente in una prova organizzata all'ultimo momento prima dell'esibizione. La quarta parete teatrale è goffamente percepita, tanto che gli attori si prodigano per tutto il film in spiegazioni, battute reiterate e facili moralismi ridendosela in gruppo, voltando le spalle allo spettatore perplesso.

I noti volti della commedia americana vestono panni già precedentemente indossati, senza aggiungere granché. Sandler è un ricco agente, sposato ad una stilista mozzafiato e padre di tre figli viziati e noiosi. Non molto difficile ripensare al Sandler del remake di Mr. Deeds (S. Brill, 2002), in questo immaginato, ipotetico prosieguo in cui il bonaccione, diventato ricco, sogna per i suoi figli l'innocenza dei giochi semplici della sua infanzia e un amore senza interessi.

Chris Rock interpreta il maritino fedele con la moglie incinta che non gli dedica le attenzioni che vorrebbe. Premuroso e gentile sebbene la moglie arrivi a sospettare l'infatuazione del maritino per la tata cinese degli amici in vacanza. Rock torna sui passi di Manuale d'infedeltà per uomini sposati, da lui diretto ed interpretato nel 2007. Tuttavia il politicamente corretto della recente pellicola mal si concilia con la comicità libertina del precedente film, e l'amore trionfa nei sentieri della fedeltà e del raziocinio.

Rob Schneider è forse il personaggio meglio riuscito. Canzonato, goffo e ridicolmente agghindato da collane di cautchou e parrucchini "alla Elvis", interpreta l'amico spiantato. Tra tutti gli interpreti è sicuramente il più versatile (nel corso della sua carriera si è guadagnato numerose menzioni nella serie animata South Park in cui gli si accreditano ruoli assurdi ed inverosimili), e qui è il focoso amante di una settantenne, padre di tre figlie (due mozzafiato che renderanno piccante la vacanza) avute da relazioni precedenti.

Si potrebbe continuare ad oltranza ma, si sa, è facile trovare assonanze nella carriera di un attore, ancor più se si tratta di un caratterista da commedia. Strano è, invece, ritrovarli tutti nel ruolo di trentenni che si riuniscono e tirano le somme della propria esistenza, a prendersi in giro a vicenda. Sembra che Sandler abbia voluto scrivere una sceneggiatura per se stesso ed i suoi amici, uniti da una carriera voluminosa e pressoché stabile, ora trovatisi a fare il punto e mediare gli eccessi goderecci con una dose indigesta di precetti etici e moralismi da commediante mal consumato. Il risultato è evidente, per tutto il film, salvo qualche risatina qua e là, si ha la costante impressione che "se la cantino e se la suonino" tra loro.

RICETTA
Bamboccioni di tutto il mondo unitevi! Un omaggio gastronomico alle costanti immortali delle feste per bambini: il ciambellone e la nutella.
CIAMBELLA BICOLORE ALLA NUTELLA
400 g di farina
6 uova
400 g di zucchero
un bicchiere dei latte
2 bustine di lievito
un bicchiere di olio di semi
2 bustine di vanillina
nutella
Sbattete i tuorli dell'uovo con lo zucchero, aggiungete gradatamente la farina, il latte e infine l'olio. A parte montate gli albumi a neve, ed aggiungeteli al composto insieme al lievito mescolando con un cucchiaio di legno. In una teglia imburrata (preferibilmente una teglia con la torre in mezzo per ciambelle) versate tre quarti dell'impasto. Nel quarto restante mescolate la nutella precedentemente sciolta a bagnomaria. Versate sull'impasto nella teglia e cuocete per 45 minuti nel ripiano basso del forno preriscaldato a 180°.

lunedì 8 agosto 2011

HEREAFTER (C. Eastwood, 2011)

Parigi, Marie (Cécile De France) è una giornalista. Sopravvissuta allo tsunami del 2004, resta profondamente scossa dall'esperienza ai limiti della morte appena superata, tanto da voler rinunciare ai progetti già avviati per scrivere un libro che intitolerà Hereafter (Aldilà). 
Londra, Marcus (George McLaren) perde in un incidente il fratello gemello (Frankie McLaren). Affidato alle cure di una famiglia adottiva, il bambino contatterà numerosi sensitivi nel tentativo di mettersi in contatto con lui.
San Francisco, George (Matt Damon) lavora come operaio, sebbene in passato la sua capacità di comunicare con l'aldilà gli abbia procurato fama e ricchezza. 
Le vite dei tre protagonisti sono destinate ad incontrarsi.

Agli inizi del 2011 Eastwood firma un altro film, come fa da anni ormai con cadenza quasi regolare. Dall'indagine binomiale del Bene e del Male, trattata sempre con particolare riguardo (Mystic River, Million Dollar Baby...) arriva a dirigere un film la cui scelta risulta di primo impatto assai discutibile. Un salto tematico notevole porta il regista ad indagare materia assai consuetudinaria per molti cineasti, come il confronto con la morte nei sentieri del misticismo e dell'inconoscibile, pur mantenendo attive le costanti stilistiche e finanche le tematiche già affrontate nei precedenti lavori (Politica, integrazione sociale, vecchiaia, morte).

Lo scoglio dell'inconoscibile, per coloro che contattano sensitivi ed altri ciarlatani mediatori con l’aldilà, sembra accettabile solo se negato dai precetti consolatori della religione. Il regno dei morti è una dimensione fatta di rimorsi e voci sopravvissute alla vita, senza effetti speciali o proverbiali bagliori alla fine del tunnel. Coloro che vi si affacciano davvero non ne  scoprono il mistero, ma vengono rigettati indietro. Nel cercare conforto nell'aldilà si trovano soltanto i resti della vita stessa. Non serve, dunque, rifugiarsi nella speranza di una vita dopo la morte, ma coltivare e lavorare il terreno dell'esistenza, altrimenti si finisce col trovare ancora i fantasmi lasciati lungo il cammino presente.

Un Matt Damon più maturo, più adulto di quanto siamo abituati a vedere, interpreta il solitario George. Condannato ad un destino di emarginazione in vita, si rintana nei luoghi chiusi, poco caratterizzati e prediletti dalla regia e dalla fotografia denotata dall’atmosfera crepuscolare. La recitazione minimale e l’atteggiamento impacciato sono di un personaggio che vorrebbe tuffarsi nella vita, ma di questa trova accesso nei piccoli piaceri di un corso di cucina o nella voce di Derek Jacobi che legge Dickens. Il “dono” che lo ha maledetto è una persecuzione che fin troppo invade le sue giornate.

Che le sofferenze accomunino umanità diverse in tutto il mondo, è affermazione scontata che, però, nel lavoro di Eastwood si rigenera dell’attualità delle tragedie accennate o direttamente evocate nel film. Lo tsunami, gli attentati a Londra del 2005 e la crisi economica cui fanno riferimento gli operai sull’orlo del licenziamento, sono i veri ostacoli cui la vita deve far fronte. I morti parlano degli errori lasciati alla vita, ed i vivi hanno il compito di viverla quella vita, di superare ogni apparente ostacolo.

Un regista sempre più impegnato nella costruzione del proprio testamento stilistico, dunque. Consacrato come attore negli annali del cinema di culto ed ora stimato autore di alcune tra le più belle pellicole degli ultimi vent’anni. Difficile tirar le somme tra le note di merito e quelle di demerito di questo Clint Eastwood invecchiato e artisticamente preoccupato di definire le note più sentimentali del suo fare cinema. In Hereafter resta troppo labile il legame con la realtà. Il film si perde nella leggerezza evocata che collide con la messa in scena ordinata e "classica" eastwoodiana.  Sebbene il messaggio finale appaia quasi una sintetica dichiarazione artistica che dall’ hic et nunc del “come si deve vivere” approda alla magia del caso e del soprannaturale. La sceneggiatura quanto la messa in scena vengono fin troppo ripulite degli orpelli, così da consegnare un’opera essenziale e quanto mai inconsistente. Sullo schermo si muovono esistenze provate da un lutto interiore, lodevolmente mai esposto in modo impudico e, d’altro canto, nemmeno tanto incisivo nell’evolversi della vicenda, fatta eccezione per la storia del piccolo Marcus.

RICETTA
Ad un film che tenta di narrare dello spazio tra la vita e la morte, dell'attesa dell'eternità dopo la vita, propongo di associare uno sfizioso antipasto. Perchè? Perchè aspettando l'epilogo dell'angosciante storia si addice una portata gustosa che però sia d'attesa per qualcos'altro. Questa volta la ricetta è frutto di un'intuizione personale...di cui vado particolarmente fiera.
TORTINI DI MELANZANE E GAMBERI
500 g di melanzane
250 g di gamberi
200 g di formaggio spalmabile tipo Philadelphia
erba cipollina fresca
maggiorana
prezzemolo
olio
Sugo di pomodoro al basilico
sale q.b.
Tagliate a fettine sottili le melanzane, cospargetele di sale e mettetele in una ciotola con un peso sopra per qualche ora, così che perdano l'acqua. A fuoco medio portate ad ebollizione il sugo al basilico. Strizzate le melanzane e cuocetele nel sugo per una decina di minuti. Spegnete e lasciate intiepidire. A parte versate in una ciotola il formaggio spalmabile al quale aggiungerete le erbette tritate finemente e un pò di olio (un'ottima variante sta nel sostituire al formaggio bianco quello alle erbe, o alle olive verdi, o mescolare entrambi in parti uguali). Prendete degli stampini (quelli in alluminio usa e getta per tortini vanno benissimo!), foderate l'interno con le melanzane al pomodoro. Riempite con due cucchiaini di formaggio alle erbe ed aggiungete 3-5 gamberi sgusciati. Mettete un'ultima melanzana per chiudere il tortino. Ponete in forno a 200° per 15-20 minuti. Riversate i tortini su un piatto da portata e servite caldi.

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