lunedì 30 aprile 2012

ECOVANAVOCE (T. Urciuolo, 2012)


Questa volta farò qualcosa di diverso, proponendo la recensione di un film che potrete vedere non al cinema ma in televisione. Ecovanavoce è l'opera prima di Tommaso Urciuolo, e sarà trasmessa dal canale comingsoon television nelle seguenti date: martedì 1 maggio alle 19:20; mercoledì 2 maggio alle 06:00 e alle 13:20; sabato 5 maggio alle 09:20 nel programma "short stories".

Piove. Un uomo si sveglia nel bosco. Vede qualcuno. Ha paura. Quando il sole sorge va in cerca di aiuto.

Il film di Tommaso Urciuolo comincia così. Nessuna spiegazione, solo un volto terrorizzato che invoca qualcuno, qualcosa, un aiuto.
Un solo personaggio, dunque, ma già dai titoli di testa la natura si presenta come altra protagonista annunciata. Il fruscio lieve delle foglie, i raggi del sole che filtrano tra i rami ripresi da una camera incerta, barcollante. Ma la natura ha due aspetti, è silenziosa e incontaminata e allo stesso tempo seminata di macerie. Il protagonista scruta, chiama, cerca indizi, ma l’unica risposta può venire solo da lui. Le macerie incombono come spettro del passato, l’incubo non vive del soprannaturale, ma del riconoscibile. Ed è un incubo senza inizio né fine, dove la contiguità tra vero e falso, passato e presente, si muove come su un nastro di Mœbius.
Urciuolo cura una regia che si lascia guidare dalla vicenda. La macchina da presa sembra non avere iniziativa, pedina il protagonista, lo fissa e si muove con lui, su di lui. Se mai la vicenda avrà un epilogo, saranno i suoi occhi a svelarlo. L’uomo si trova in un aldilà ipotetico, zoppo come chi ha avuto a che fare con la morte, forse prigioniero di un limbo che lui stesso ha creato. Un limbo costruito sulle macerie della propria esistenza, che mai avranno altro padrone.
La sceneggiatura di Marco Sommella si costruisce per immagini evocative, annunciate già nel palindromo del titolo, sostenuta dalle musiche di Adriano Aponte. Fabrizio Ferracane, nei panni del protagonista, concede un’interpretazione forse poco misurata, ma in generale all’altezza del compito. Non si tratta di un film facile, perché parlandone si corre il rischio di rivelare troppo. La mancanza di una narrazione lineare in favore di una regia movimentata conferisce all’opera diversi spunti interpretativi.
Il protagonista più che portatore del racconto è espressione di un malessere variamente identificabile. Paradigmatica è la scena in cui si rifugia ai piedi dell’altare nella chiesa: solo lì può trovare un attimo di quiete, nel luogo della spiritualità per antonomasia, dove il sollievo dalla fatica sopraggiunge dall’aver trovato un rifugio familiare dentro di sé.

RICETTA
In un limbo senza ieri né domani, ci sta un piatto che non è dolce e non è salato...
900 g di petti di pollo
300 g di albicocche
3 cucchiai di olio di semi di arachide
1 rametto di coriandolo
sale
Per la salsa agrodolce:
80 cl di succo di albicocca
4 cucchiaini di ketchup
1 cucchiaino di concentrato di pomodoro
5 cucchiai di zucchero
7 cucchiai di aceto di riso
1 cucchiaino di marmellata di albicocche

Preparare la salsa agrodolce: mettere tutti gli ingredienti, tenendo da parte la marmellata di albicocche, in una pentola e far sobbollire per 20 minuti, mescolare di tanto in tanto, spegnere e unire il cucchiaino di marmellata. Amalgamare e tenere da parte.

Nel frattempo, tagliare il pollo a dadini, lavare le albicocche e tagliarle a listarelle. Lavare, asciugare e tritare il coriandolo.

In una padella capiente riscaldare l'olio e rosolare il pollo per 5 minuti, aggiungere le albicocche e continuare la cottura per altri 5 minuti.

Aggiungere la salsa agrodolce e mescolare con cura, per amalgamarla bene al pollo. Coprire e cuocere a fiamma bassa per 5 minuti. 

Guarnire con foglie di coriandolo e servire caldo.

giovedì 19 aprile 2012

BEL AMI. Storia di un seduttore (D. Donnellan, N. Ormerod)

Georges Duroy (Robert Pattinson) è un giovane ex soldato nella Parigi di fine XIX secolo. La sua unica dote risiede nel fascino, che lo porterà a scalare le vette della ricca borghesia francese. Soprannominato dalle ammiratrici "Bel Ami" (amico del cuore), saprà risolvere la noia sofferta dalle ricche dame, ottenendo in cambio un lavoro prestigioso e non pochi favori. Ma riuscirà la ricchezza acquisita a riscattare la sua immagine nell'alta società?

I primi fotogrammi di Bel Ami sembrano rispondere all'aspettativa di un racconto avvolgente ed inquietante, con Robert Pattinson nei panni di Georges Duroy che se ne sta in penombra a rimuginare sul tozzo di pane che gli ricorda la miseria in agguato, con le mani che si sfregano vogliose di posarsi al più presto su un bottino consistente.
Opera prima della coppia teatrale Declan Donnellan e Nick Ormerod, Bel Ami, dunque, ripropone il tema del celeberrimo racconto di Guy de Maupassant, puntando a ribadire che alle basi della società contemporanea, dal XIX secolo ad oggi, vige sempre la regola d'oro che la corruzione e l'arrivismo sono la forza dei potenti. E la forza del racconto è proprio il suo protagonista, ragazzo povero all'inizio, ricco inetto alla fine.

Peccato che il "seduttore", cui fa riferimento il sottotitolo nella distribuzione italiana, nel corso del film non si faccia vivo nemmeno una volta. Pattinson sfoggia un'espressione vuota ai limiti della lobotomia per gran parte del tempo, negli attimi restanti accenna ad un broncio infantile e sufficientemente irritante. Donne argute e complesse gli passano accanto inspiegabilmente rapite, chi per attrazione chi per mero interesse politico, da un ometto che perde ogni potenziale carisma tra frasi smorzate e sguardi vacui. Non bastano le talentuose Uma Thurman, Kristin Scott Thomas e Christina Ricci a risollevare il bilancio, perchè la presenza ingombrante di Pattinson porta a fondo l'intera nave. 

La narrazione perde ogni guizzo possibile, l'intreccio politico resta in secondo piano, tra le belle forme di Clotilde e la fotografia luminosa curata da Stefano Falivene. Peccato che della bieca natura umana, dei raggiri politici e delle storture civili resti solo qualche cenno sbiadito. I dichiarati richiami alla contemporaneità perdono di consistenza, ed a sostenere il film restano veramente pochi elementi. La fotografia, si è detto, ed il volto disperato ed invecchiato di Virginie, tuttavia tendenzialmente grottesco nel tiepido umore generale.


RICETTA
Ad una tavola di ricchi si addice un piatto raffinato (o così parrebbe da ciò che viene servito al povero Georges incapace di decifrare le posate). Per l'occasione mi son presa la libertà di decodificare la videoricetta di Paolo Pasquini da www.atavolaweb.it .
MAZZANCOLLE MARINATE CON TARTARE DI FRAGOLE
8 Mazzancolle fresche
200 gr di Fragole
2 lime
aceto
olio
sale
menta
pepe rosa
maggiorana
Sgusciate le mazzancolle eliminando il guscio ed il filamento interno. Mettetele a marinare nel succo di lime per mezz'ora. Intanto tagliate le fragole in piccoli cubetti che condirete con un pizzico di sale, qualche foglia di maggiorana, pepe rosa, ed una vinaigrette ricavata dall'emulsione di aceto, olio ed un goccio di lime.
Quando la marinatura sarà pronta, servite le mazzancolle sgocciolate dal succo di lime, con accanto la tartare di fragole. Nel piatto da portata servite qualche goccio di salsa alla menta che avrete ottenuto frullandone o centrifugandone le foglie con l'aggiunta di olio e sale.

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