domenica 17 giugno 2012

QUELLA CASA NEL BOSCO (D. Goddard, 2011)

Un gruppo di ragazzi parte per trascorrere una vacanza nella casa nel bosco del cugino di uno di loro (Chris Hemsworth). Intanto in un ufficio due colleghi (Richard Jenkins e Bradley Whitford) parlano del più e del meno prima di mettersi al lavoro e monitorare la terribile notte dei ragazzi.

Chi pensa ancora che non ci siano differenze tra zombie e contadini zotici zombie adoratori del dolore si sbaglia di grosso. Se scommettesse sul contrario perderebbe clamorosamente e non sarebbe il più gioviale tra amici che brindano e pasticceria mignon offerta in ufficio. Dal mio canto, però, potrei scommettere che qualcuno tra voi fedeli lettori stia storcendo il naso meditando "Ma che roba è?!? Non era un horror?!? I pasticcini mignon..." E non sarebbe del tutto da biasimare.
Il film in questione, opera prima di Drew Goddard, affiancato alla sceneggiatura dal nostro adorato Joss Whedon, è un horror. Ed è una commedia. Ma non fa ridere. Sempre. E appena si ride ecco una scena da colpo al cuore che non vi sareste aspettati. E in questo labirinto di molliche di pane cerco di tornare indietro -in barba agli uccellini- per giungere in vostro aiuto e spiegare ciò che vorrei dire.


Goddard e Whedon costruiscono un intreccio che parte dai luoghi comuni dell'horror, scegliendoli con cura, per poi lavorarli sotto gli occhi dello spettatore. Come uno chef che seleziona gli ingredienti per preparare un piatto della tradizione culinaria che vi è più familiare davanti a voi, per poi sconvolgervi rivelando segreti e procedure impensabili. Tra il gusto e lo stupore potrete scoprire una nota di sapore che è sempre stata lì senza rivelarsi mai alla consapevolezza. Così i due autori scelgono il più classico dei pretesti (i giovani che partono per una vacanza in un posto isolato) ed ironizzando sulle scelte azzardate che sicuramente li metteranno nei guai alzano le mura di una costruzione ben più complessa. Le gerarchie di potere "horrorifico" sono disposte per una scala che, invece di salire, scende verso il basso. Se sulla terra camminano le vittime, pedine del gioco, sotto di loro si declinano gli uffici del potere in ordine crescente man mano che si va sotto.

Il finale non è scontato, e le scelte registiche sono entusiasmanti. A funzionare davvero è la scelta di far convivere la commedia e l'horror come già avviene in molti altri lavori, ma raffinando i due linguaggi di genere al punto che risultino entrambi pienamente compiuti. Quella Casa nel Bosco, dunque, è un horror ed è una commedia. Alla fine sarete spaventati e divertiti senza aver mai temuto che la situazione potesse precipitare nel farsesco.

P.S. Se ve lo state chiedendo, quella nella foto a sinistra non è Cristiana Capotondi!


RICETTE
Prima di guardare un film horror fa un gran bene sventrare del pesce. E proprio ieri ho preparato un tortino di alici semplicissimo.
TORTINO DI ALICI AL FORNO
1 Kg di alici fresche
pan grattato
olio
aglio
origano
sale

Pulite le alici privandole della testa e della spina centrale. Tritate l'aglio, aggiungete ad una tazzina di olio e lasciate riposare qualche minuto. In una teglia appena unta disponete uno strato di alici che condirete con l'olio all'aglio, origano e sale continuando per diversi strati. Infine ricoprite con il pangrattato e cuocete in forno a 160° per circa venti minuti (anche meno).

lunedì 4 giugno 2012

MARILYN (S. Curtis, 2011)

E' il 1956. Laurence Olivier (Kenneth Branagh) propone a Marilyn Monroe (Michelle Williams) il ruolo di coprotagonista per il suo nuovo film, Il principe e la ballerina. Sul set è presente anche Colin Clark (Eddie Redmayne), un giovane appassionato di cinema riuscito ad ottenere l'ingaggio come terzo aiutoregista. E sarà lui stesso a narrare l'incontro con la bella Marilyn nel diario che pubblicò diversi anni dopo e acui questo film è ispirato.

Marilyn Monroe...Marilyn Monroe, si potrebbe ripetere questo nome all'infinito ed evocare emozioni sempre diverse. La donna che ha fatto impazzire i benpensanti "Fifties", che con lo sguardo ed un sorriso malizioso poteva ottenere tutto dagli uomini più potenti, condannata a rendere felici gli altri pur essendo immune alla felicità. Ma chi si celava davvero dietro il volto di Marilyn Monroe?
Di lei resta un racconto, ma alla base di quello e di tutte le parole che la riguardavano c’era quel corpo che è sopravvissuto alla morte, l’immagine che è diventata mito. E così per tutto il film Marilyn è nell’aria, non serve che Michelle Williams le assomigli (sebbene sia perfetta nel ruolo, un vero talento) perché tutto sa di lei, la si respira in ogni minuto.
 
Della Norma Jeane alimentata da pillole, sedativi e lusinghe spicciole non traspare molto più che qualche capriccio. "Ora devo essere lei" è la frase che pronuncia poco prima di esibirsi con pose e sorrisi alla servitù adorante nel castello di Windsor, ed è forse questa la confessione più innocente e drammatica di Norma-Marilyn. Il "dover essere" ad ogni costo, fino a perdersi del tutto, a svuotarsi di ogni contenuto è stata forse la causa della morte di Marilyn, e allo stesso tempo l'ultima condanna alla fama eterna. Probabilmente oggi non ricorderemmo quelle forme morbide, quasi ingenuamente esibite se la diva fosse rimasta in vita più a lungo, avrebbero rappresentato un momento della storia del costume e della società ma niente di più. Alle curve dei fianchi e del seno di Marilyn è sopravvissuto il conflitto che portava dentro di sé, dietro quegli "occhi da letto" disperatamente in cerca di approvazione.

Il film di Simon Curtis punta a narrare più la desiderabilità dell'oggetto-marilyn che la donna tormentata. Ed il titolo originale rende maggiormente l'idea di una narrazione mediata dagli occhi innamorati di un giovanissimo Colin Clark, che trovò in Marilyn la compagna di un momento, il sogno che si può avere la fortuna di vivere ad occhi aperti, ma che non lascia nulla di reale. Nel cast, accanto a Eddie Redmayne, nei panni di Clark, brillano il veterano Kenneth Branagh, Julia Ormond, Judi Dench ed Emma Watson. Splendida Michelle Williams che ci regala un'interpretazione intensa e credibile tanto da dimenticarci che la "vera" Marilyn, dopotutto, non è che  un sorriso, un corpo che gioca a tener ferma la gonna che si alza per il vento, uno sguardo seducente, un desiderio evanescente che continueremo a cercare per sempre nello schermo, proprio come il giovane Colin.

Avrei voluto intitolare questo articolo nel mio contributo su Net1News "Marilyn e il Desiderio" invocando il riferimento al celeberrimo Monica e il Desiderio di Ingmar Bergman. Nel film del 1952 l'intensità dello sguardo in macchina di Harriett Andersson aveva scatenato una moltitudine di riflessioni, parole, testi critici che ancora oggi lo rendono famoso. Di contro gli sguardi di Marilyn nel film di Curtis sono sì intensi, voraci, ma mai rivolti a noi spettatori. Si ha sempre la sensazione che qualcosa ci stia sfuggendo nelle pause tra quegli attimi in cui lo sguardo è seduttivo e quelli in cui è smarrito, spaventato.

Così mi sono trovata in difficoltà nella scelta della RICETTA. Cosa proporre, un piatto raffinato e seducente o un altro più semplice, dal gusto impalpabile? Forse un gusto che richiami entrambi gli aspetti come un carattere timido e insicuro che si rivela all'infrangersi di una trincea di croccantezza?!? Direi proprio che quest'ultimo è quello giusto.

  •  acqua 1l
  • formaggio Montasio 500g

  •  polenta 200g

  •  speck 150g

  • Preparate una polenta morbida e tagliate a dadini lo speck. Grattuggiate il formaggio, scaldate una padella antiaderente senza aggiungere olio né altri ingredienti. Quando sarà ben calda versatevi 2-3 cucchiai di formaggio. Appena scurisce leggermente, togliete dalla padella, premete leggermente sui bordi formando una specie di canestrino e lasciate raffreddare appoggiandolo su un bicchiere rovesciato così che prenda meglio la forma. Intanto scaldate lo speck che utilizzerete insieme alla polenta per riempire i cestini.

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