lunedì 2 settembre 2013

LA GRANDE BELLEZZA (P. Sorrentino, 2013)

Jep Gambardella (Toni Servillo) è un cronista mondano con un antico e breve passato di scrittore impegnato. Ora trascorre le sue giornate -e nottate, soprattutto- ad organizzare e partecipare alle feste più ricche della città di Roma.

Il delirio estetico de La Grande Bellezza si percepisce dai primi minuti, sospesi tra i movimenti di una macchina da presa che non fa che cullarci e scaraventarci a terra, più volte. Un turista giapponese è sopraffatto dalla visione della città sdraiata, indifferente, illuminata da una luce accecante, ma nessun altro sembra davvero "vedere" quanto possa aver visto lui. E subito ci si ritrova ad essere spettatori di un evento diametralmente diverso, una festa dissoluta, volgare, sudaticcia. Jep Gambardella è l'anello di congiunzione tra l'una e l'altra, col suo volto a tutto schermo a rallentare il tempo attorno a sé. Lui è l'esteta che ha perso il senso della ricerca, che nella missione spirituale del fare artistico ha perso la rotta, dal sacro al kitsch, passando dall'essere scrittore promettente a "re della mondanità".

Sorrentino gioca chiaramente con un sistema barocco di citazioni e rimandi, affondando le dita nella letteratura, il cinema (Fellini su tutti), la musica sacra, la storia dell'arte. La città di Roma giace come un museo addormentato, le cui strade e affreschi e statue sono inabitate, segrete, buie. La "fauna" cittadina è impegnata ad arrampicarsi più in alto della città stessa, a cercare non una visione bensì un altare edonistico, un podio su cui mostrarsi più grandi. Una carrellata di volti che ben incarnano la più aspra critica sociale all'alta borghesia capitolina, purtroppo fin troppo coerente con le immagini più note della mondanità patinata dei tabloid. Nel tripudio del grottesco tutto è scintillante, ed ogni bocca può elargire moralismi e consigli; tuttavia l'unico luogo dove Jep ritrova uno strascico della purezza perduta è nel night club di un amico. Il personaggio di Ramona, la spogliarellista interpretata da Sabrina Ferilli, come un personaggio del Vangelo, custodisce una nobiltà che gli altri non sono in grado di vedere, in contrasto stridente con i fantocci clericali che si aggirano negli stessi luoghi.

Sorrentino si riconferma nel suo talento e la fotografia di Bigazzi è impeccabile. Tuttavia manca il senso della misura. La sceneggiatura è puntellata di dialoghi arguti, la regia è sofisticata, ma l'insieme è una corsa rocambolesca che, però, non dà ritmo ed ai cui inevitabili momenti di riposo si arriva col fiato corto. Di tutto c'è troppo ed il sentimento che ne deriva, che sia voluto o meno, è un senso di vuoto, di inconsistenza. I titoli di coda proseguono come scene aggiunte del film, con lo stesso (mancato) trasporto emotivo, tradendo la sensazione di aver assistito ad un'arrampicata stilistica verso qualcosa ... ma senza sapere bene cosa.

RICETTA
Era mia intenzione proporre una ricetta complessa e ricca di grassi, tanto per difenderci bene dal dopo-ansia-prova-costume. L'estate finisce e ci troviamo di fronte ad un film non proprio gioioso, di quelli che ti lasciano addosso un'infinità di domande irrisolte ed una terribile malinconia.
Per risolvere tale disagevole sensazione, mi sono messa a sfogliare La Scienza in Cucina e l'Arte di Mangiar Bene di Pellegrino Artusi, storico libro di cucina che conservo in edizione datata 1968, acquistata ad un mercatino dell'usato a Volterra (PI). Pagina dopo pagina la gioia è ritornata, ed ecco una bella ricettina scritta dalla penna dell'Artusi e riportata così com'è:

SFILETTATO TARTUFATO
Ingredienti: n.d.
 "I macellari di Firenze chiamano sfilettato la lombata di manzo o di vitello a cui sia stato levato il filetto. 
Prendete dunque un pezzo grosso di sfilettato e steccatelo tutto con pezzetti di tartufi, meglio bianchi che neri, tagliati a punta e lunghi tre centimetri circa, unendo ad ognuno di questi un pezzetto di burro per riempire il buco che avrete aperto con la punta del coltello per inserirli. Fate delle incisioni a traverso la cotenna onde non si ritiri, legatelo ed infilatelo nello spiede per cuocerlo. A due terzi di cottura dategli un'untatina con olio e salatelo scarsamente, perché queste carni di bestie grosse sono assai saporite e non hanno bisogno di molto condimento".

Interessante, no?  :-D

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