venerdì 27 febbraio 2015

NESSUNO SI SALVA DA SOLO (S. Castellitto, 2015)

A fare da cornice è una cena, Gaetano (Riccardo Scamarcio) e Delia (Jasmine Trinca) si ritrovano al tavolo di un ristorante qualunque (Pane Nostro) a discutere di come organizzare le vacanze per i bambini. Nel mezzo della conversazione, alternata a liti ed insulti a denti stretti, la loro storia viene narrata dai flash back che analizzano la passione, l'amore ed il matrimonio tracciandone l'ascesa frenetica ed il declino fino alla separazione.

La storia di Delia e Gaetano è una storia come tante che Sergio Castellitto attinge ancora una volta da un romanzo della scrittrice e compagna di vita Margaret Mazzantini. La passione scoppia tra due giovani apparentemente diversi, lei biologa nutrizionista, fragile e con un passato da anoressica, lui aspirante scrittore ma meno raffinato nei modi, e li consuma fino alla nascita dei due figli, quando le responsabilità ed i doveri quotidiani s'impongono sull'euforia amorosa. Ogni ambizione cambia, i sogni stessi svaniscono o si tramutano in qualcos'altro, come in quasi tutte le coppie accade, fino ad accusarsi a vicenda, al tavolo di un ristorante, di essere cambiati.

Il film è pulito e lineare, non ci sono colpi di scena da aspettarsi, tutt'altro. Nel suo essere placidamente narrativo, parla direttamente allo spettatore, e ci si commuove laddove si accetta il compromesso di uno sguardo reciproco. Non manca una sequenza quasi onirica in cui i due protagonisti si confrontano con una coppia più anziana (interpretata da Angela Molina e Roberto Vecchioni) che potrebbe valere come deus ex machina. In realtà il regista dissemina lungo il film impercettibili suggerimenti di salvezza che convergono tutti nella preghiera sulla gradinata della Galleria d'Arte Moderna di Roma. Che sia l'arte la sola a poterci salvare dalla crisi civile/amorosa?

Più che Non ti muovere e Venuto al mondo - gli altri due film ispirati e sceneggiati da Mazzantini - questo nuovo film di Castellitto meglio si sposa con La Bellezza del Somaro, poiché a fare da sfondo al dramma della famiglia borghese è sempre quella patinatura critica alla famiglia come vittima sacrificale dei postumi del sessantotto. I genitori di Gaetano ne sono l'esempio più comico, ex hippie che fumano marijuana e suonano la chitarra a tavola con l'albero di Natale addobbato sullo sfondo, ma tanto per Gaetano quanto per Delia il senso di inadeguatezza e sofferenza nella coppia è imputato ai padri, sbagliati o assenti che siano. E agli stessi padri, forse, è consegnato il senso possibile della salvezza, che se "nessuno si salva da solo", allora saranno proprio loro a doverci tendere una mano, e non per redimersi o per onniscienza, ma solo per avere già provato e fallito nelle stesse situazioni.

RICETTA
Famiglia. Che sia equilibrata o caotica, è pur sempre famiglia, con le belle e le brutte stagioni. E cosa c'è di più familiare di un bel piatto di polpette? Sì, semplicissime e familiarissime

POLPETTE AL SUGO
250 gr di carne macinata di maiale
250 gr di carne macinata di vitello
100 gr circa di pane raffermo sbriciolato
50 gr di formaggio grattugiato misto parmigiano e pecorino
prezzemolo
sale pepe
2 uova medie
sugo di pomodoro al basilico, 1l
olio qb
un bicchiere di latte
farina qb
In una ciotola capiente mettete la carne ed aggiungete il prezzemolo tritato, il pane che avrete precedentemente ammorbidito con il latte e poi strizzato, sale, pepe e le due uova. Lavorate con le mani fino ad amalgamare tutti gli ingredienti in un impasto omogeneo. Dividete l'impasto in tante palline di medie dimensioni (poco meno di una pallina da tennis), passatele nella farina e friggetele. Devono essere solo dorate all'esterno, non è necessario cuocerle bene. Intanto in una pentola scaldate il sugo, mentre sobbolle calateci le polpette una ad una, coprite con un coperchio e lasciate cuocere a fiamma bassa per circa mezz'ora. Servite calde, da sole o con della pasta fresca condita con il sugo di cottura.

giovedì 26 febbraio 2015

KINGSMAN - THE SECRET SERVICE (M. Vaughn, 2015)

Gary Unwin, detto Eggsy, è un adolescente sbandato, vive con la madre ed il compagno violento. Diciassette anni prima, alla morte del padre, un uomo misterioso gli aveva affidato una medaglietta con un numero di telefono ed una parola d'ordine incisi, da utilizzare in caso di necessità. L'uomo era Harry Hart, lo stesso che si presenta ad Eggsy per addestrarlo a diventare un agente segreto dei Kingsman.

Prendete il più elegante tra gli attori british, fatelo allenare ogni giorno per sei mesi e poi mettetelo al centro di un film d'azione ed avrete Colin Firth nei perfetti panni di Harry Hart, l'agente segreto dei Kingsman, irresistibile mentore per Taron Egerton nel ruolo di Eggsy - qui alla sua prima esperienza cinematografica- . Sì, perché se in passato è stato facile riconoscere Firth quale elegante gentiluomo (ricordate A Single Man?), oggi è sorprendente vedergli ammazzare i cattivi e sapere che ha girato l'80% delle scene senza l'ausilio di una controfigura.  Di contro c'è un inedito Samuel L Jackson, il villain con la zeppola e il cappellino da baseball, un po' Steve Jobs e un po' Dottor Male di Austin Powers con un piano omicida talmente assurdo da risultare divertente.

Si potrebbe dire che Matthew Vaughn sia ritornato in scena con un altro cinecomic (dopo Kick Ass e X-Men), se non fosse che Kingsman ha poco a che fare con le cose già viste. Se mantiene i tratti autentici del fumetto di Mark Millar, allo stesso tempo ammicca al cinema di spionaggio alla 007 e, più che di vere citazioni, è farcito di molte situazioni canzonatorie nei confronti dei riferimenti cinematografici che ci si aspetterebbero. A far da padrone è il conflitto più che godibile tra eleganza e mistero in doppiopetto contro megalomania e sfarzo con berretto. Da una parte si schiera la cura per la riservatezza e dall'altra il delirio di onnipotenza, e in tutto ciò non manca una scazzottata letteralmente "mondiale". La narrazione si fa via via più incalzante, ogni personaggio aumenta in spessore, persino il piano di Valentine si delinea tanto da risultare credibile, mentre il ritmo crescente è sorretto dalla colonna sonora, come già prefigurato dalle note di Money for nothing dei Dire Straits nell'incipit.
Insomma, Kingsman si propone tanto come prodotto per gli amanti dei cinecomics quanto per i devoti di 007, sicuramente riuscito anche nel suo essere un buon racconto di formazione, cosa che già Kick-Ass aveva tentato ma in modo meno efficace.

RICETTA
Kingsman è un film di intrattenimento in cui Vaughn ha finalmente trovato un equilibrio lodevole tra la smania di omaggiare un prodotto da lui apprezzato - il fumetto - e la necessità di creare un prodotto diverso e altrettanto buono per il cinema. Il risultato è energico, sorprendente, assolutamente efficace. Ultimamente sono diventata una grande fan dello chef Jamie Oliver che conduce vari programmi in onda su LaEffe e pochi giorni fa, forse il giorno dopo aver visto Kingsman, Jamie ha preparato una ricetta che ho trovato particolarmente adatta al film. Si tratta di un'alternativa gustosa ed economica al cibo d'asporto che in Inghilterra è un appuntamento imprescindibile del venerdì sera. Anche in Italia la pizza del sabato sera sta lentamente cedendo il passo a cibi esotici o difficili da fare in casa, ghiottonerie che si possono trovare semplicemente ordinando su internet con JustEat. Ebbene, se amate il fast food davanti ad un buon film raffinato e ugualmente pieno di scazzottate severe, preparate
500 gr di carne di agnello macinata
timo fresco
cumino
4 peperoncini lunghi
buccia grattugiata di un limone
una manciata di pistacchi sgusciati
salsa piccante
1/4 di cavolo rosso
una cipolla rossa
insalata mista
un cetriolo
yogurt bianco
menta fresca
aceto di mele
olio evo
sale
2 piadine o tortilla

In una ciotola lavorate la carne macinata con cumino, timo e sale. Prendete 4 bastoncini da spiedino ed avvolgete l'impasto intorno come a formare dei lunghi hamburger infilzati. Grigliate su una piastra ben calda con accanto i peperoncini. A parte tagliate il cavolo a listarelle sottili e conditelo con sale, olio, due cucchiai di aceto ed un cucchiaino di zucchero. All'insalata aggiungete il cetriolo affettato e condite il tutto con menta e poco olio. Tagliate la cipolla e mettetela a marinare con limone, sale e pepe. Pestate i pistacchi nel mortaio con il cumino e la scorza di limone. Quando gli spiedini saranno cotti spennellateli con la salsa piccante e rotolateli nel pistacchio. Servite su una piadina con insalata, alla quale aggiungerete qualche cucchiaio di yogurt, cavolo rosso e cipolla.

mercoledì 4 febbraio 2015

JUPITER ASCENDING - IL DESTINO DELL'UNIVERSO ( Andy e Lana Wachowski)

Jupiter Jones (Mila Kunis) è figlia di immigrati russi. Orfana di padre sin dalla nascita, vive con il resto della famiglia e per mantenersi fa le pulizie a domicilio. La sua vita cambia quando scopre di essere oggetto delle mire degli Abrasax, i sovrani che governano l'universo. A tentare di salvarla arriva Caine (Channing Tatum), un mercenario solitario ingaggiato da uno dei sovrani, ignaro della vera identità di Jupiter e del perché vogliano ucciderla.


Il mondo dei Wachowski è un universo in divenire che accoglie e supera in forza visiva tutti i mondi conosciuti, uno spazio fluido e mutevole che prende forma nella memoria cinematografica di tutti, sfidando lo spettatore a riconoscere tutte le citazioni possibili. C'è lo spudoratissimo e dichiarato intrigo sentimentale a La Bella e la Bestia, una scena-cameo di Terry Gilliam palesemente ispirata al suo Brazil, ma anche la nave spaziale e gli attacchi di guerra (i martelli, per intenderci) del gioco Warhammer 40000. Sono passati tanti anni da Matrix e sarebbe fin troppo scontato paragonare l'ultima fatica dei Wachowski ancora una volta alla saga che li ha resi celebri, se non fosse che loro stessi sembrano divertirsi a rimescolare e riproporre più o meno sempre la stessa storia. Jupiter, che dà il nome al film, è la protagonista, e come Neo a suo tempo è una persona qualunque che scopre di essere predestinata a grandi cose, principalmente ad una grande cosa: salvare la terra. Accanto ad ogni eroe c'è sempre un fedele compagno, che in questo caso è particolarmente fedele, essendo un incrocio tra un uomo e un cane (un lupo, in verità, ma una delle battute migliori del film sta nel paragonarlo ad un cane). Attorno a questo anello narrativo torna la riflessione, non troppo profonda né di difficile interpretazione, sulle logiche del potere e il sacrificio di molti per il bene di pochi. 

La sceneggiatura è carente, sembra voler mettere le mani un po' ovunque per poi ridurre tutto a zero: resta una grande impalcatura visiva, un involucro psichedelico ma vuoto. Tuttavia, qualcos'altro c'è, e se non è da ricercarsi nel contenuto, arriva in quel che si sedimenta dopo la visione. Jupiter Ascending è da collocare nella scalata di un cinema che fa leva sulla più potente spettacolarizzazione del mezzo, in nome del senso dello stupore che fu per primo di Méliès, lo schermo ci attrae attraverso vortici e luci abbaglianti e allo stesso tempo ci illude che quel che abbiamo davanti è una visione nuova e sorprendente. Un trucco, certo, che ci tiene protesi in avanti mentre i personaggi riflettono sul passato creando una struttura circolare che non ha evoluzione: un telescopio apre e chiude il film, una reincarnazione rinnova una storia che si credeva conclusa, ma soprattutto nella circolarità degli eventi non esiste più il tempo, le forme sono liquide e dinamiche, spesso difficili da seguire, ed il senso si diluisce. Nella tensione per farne un cinema delle attrazioni, Jupiter Ascending diventa uno spettacolo acrobatico, un circo Barnum di mondi esperibili in digitale che dribbla il rischio di filosofeggiare un secondo Cloud Atlas e si prende amabilmente in giro, guardandosi le spalle e perdendo qualche pezzo per strada.

RICETTA
Questa volta, cercando una ricetta adatta al film, mi sono imbattuta in un sito che raccoglie ricette da tutto il mondo per l'Expo 2015. Ci vorrebbe un alcolico speziato o un dolce stravagante. Bene, immaginate allora di sprofondare al cinema in una comoda poltrona, con gli occhiali 3D e lo schermo che piano piano vi avvolge e finalmente cattura. Cosa vorreste addentare? Io l'ho trovato, ma attenti alle briciole!


250 millilitri di Birra, Guinness
250 grammi di Burro
75 grammi di Cacao amaro
400 grammi di Zucchero
142 grammi di Panna acida
2 Uova
1 Vaniglia, i semi di una bacca
275 grammi di Farina
2,5 cucchiai da tè di Bicarbonato di sodio
400 grammi di Formaggio spalmabile
125 grammi di Zucchero a velo
150 grammi di Panna

Tagliate il burro a pezzetti e mettetelo a scaldare a fuoco dolce con la Guinness e lo zucchero fino a che il tutto non si sarà amalgamato. Togliere dal fuoco e far raffreddare.
Nel frattempo sbattere le uova con la panna acida e aggiungere il cacao setacciato. Aggiungete poco alla volta il composto di burro e birra e mescolate con una frusta. Per ultimo aggiungete la farina setacciata con il bicarbonato.
Versate il composto in una teglia da 24 cm imburrata e mettere a cuocere in forno a 180 gradi per 45-60 minuti. Fate la prova stecchino: dopo i primi 45 minuti infilate nella torta uno stecchino, dovrà uscire pulito.
A cottura ultimata, sformate e fate raffreddare completamente. La torta è buonissima già così! Se invece volete glassarla, preparare il n: mescolate lo zucchero a velo con il formaggio cremoso, fino ad avere una crema liscia. Montate la panna e aggiungetela delicatamente alla crema di formaggio. Potete glassare la torta interamente o solo sulla parte superiore.

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