giovedì 29 aprile 2010

Ipazia


Il libro di A. Petta e A. Colavito ha tentato di dare ad Ipazia (IV sec. d. C.) la voce che le persecuzioni dei cristiani a danno dei pagani le tolsero. Di lei non rimane che l'aura, non uno scritto né un racconto. La sua voce si è dissolta con le ceneri della biblioteca alessandrina. La scienza dei secoli a venire forse avrebbe potuto giovarne se lei e il sapere che custodiva fossero stati risparmiati all'ondata oscurantista.

Questo è il mito Ipazia.A. Amenàbar ne ha fatto un film (Agorà, 2009). A complicare il lavoro di ricerca, già privo di fonti biografiche certe, c'è un'ambientazione storica assai contrastata e difficile. Pagani, ebrei e cristiani allo stesso tempo vittime e carnefici di una distruzione dilagante e incontrastata.
Dunque, da un lato lo splendore della filosofia, dall'altro la barbarie devota al fanatismo religioso. In questo binomio viene fuori un film troppo occupato nella messa in scena della barbarie, resta in ombra tutto il resto.Ipazia sfiorisce, la scienza appare essa stessa come fanatismo, irrompendo di tanto in tanto tra una carneficina e l'altra. Se nel libro si accarezza l'idea che una donna geniale possa aver intuito le leggi di Keplero ed Einstein alla fine del 300 d. C., qui le stesse teorie vengono scodellate una dietro l'altra decorando di assurdità la scena.

Amenàbar è un regista di grande talento che, però, fatica nel rimettere insieme i pezzi di una storia complicata da districare. La luce è troppo fioca per opporsi alla tenebra, neanche la bella Rachel Weisz ne esce illesa.Ipazia rimane comunque una delle figure più emblematiche della tradizione neoplatonica. Se le immagini abbondanti non ne celebrano giustamente il merito, valgano per esse pochi versi del poeta Pallada il Meteoro:
Quando io ti vedo e odo la tua voce ti adoro, guardando la casa stellata della vergine: poiché i tuoi atti si estendono al cielo, o divina Ipazia, ornamento di ogni discorso, stella purissima dell’arte della sapienza.


A questo punto il compito che mi sono assegnata diventa assai difficile. Non mi resta che consigliare una ricetta egiziana. Il film costruisce un'ambientazione sufficientemente suggestiva ... si può immaginare di scendere nelle strade di Alessandria gustando un dolce nato dalle sue terre.
KONAFAINGREDIENTI
1/2kg di pasta fillo tagliata a pezzetti
2 panetti di burro non salato disciolto
ripieno cremoso
4 cucchiai di crema di riso (o riso macinato finemente)
2 cucchiai di zucchero
1/2 tazza di zucchero
2 tazze e 1/2 di latte
1/2 tazza di panna
sciroppo
1 1/4 tazza di zucchero
1/2 tazza d'acqua
1 cucchiaio di succo di limone
1 cucchiaio di acqua di rose o di acqua di fiori d'arancio

Miscelate crema di riso, zucchero e mezza tazza di latte per creare una pasta morbida. Portate 2 tazze di latte ad ebollizione, aggiungete il composto mescolando continuamente fino ad ottenere un composto molto denso. Fate attenzione a che non si creino grumi. Fate raffreddare e aggiungete la panna.
Preparate lo sciroppo mettendo tutti gli ingredienti in un recipinete, cuocete a fuoco medio, unite a cottura ultimata l'acqua di rose. Ponete in frigorifero.
Prendete metà della pasta fillo, impastatela con metà del burro fuso ed adagiatela sul fondo di una teglia. Versateci sopra il ripieno cremoso e ripetete l'operazione con l'altra metà della pasta che stenderete sul ripieno. Infornate a 170° per 10-15 minuti. Togliete dal forno e versateci lo sciroppo freddo.


COSA GUARDO IN TV?

Una generazione intera, e forse anche di più, ha perso l'uso di andare al cinema con regolarità. La colpa è della tv, sicuro. Ma la colpa è anche della poca passione che siamo in grado di investire nelle cose. Con la perdita degli ideali abbiamo guadagnato in pigrizia ed inerzia.
Quando la tv ancora non esisteva o, meglio, non era diffusa ad uso domestico, un grande studioso parlò dell'invenzione. Inizialmente entusiasta della possibile evoluzione tecnologica, sperò nella televisione come nuova piattaforma cinematografica. Poi riflettè sul cinema, sul calore nella sua esperienza, e capì che la televisione poteva essere utilizzata in un modo diverso da quello auspicato.

Lo studioso era Rudolf Arnheim, l'anno il 1935. Concludeva così la sua riflessione:
Il malinconico eremita, chiuso nella sua stanza, a centinaia di chilometri da dove gli par di vivere realmente, lo "spettatore" che non può neanche ridere o applaudire senza sentirsi ridicolo, è il prodotto finale di una secolare evoluzione che ha portato dal fuoco dell'accampamento, dalla piazza del mercato e dall'arena all'attuale consumatore di spettacoli in solitudine.
(R. Arnheim, Vedere Lontano)


Fa quasi paura notare quanto Arnheim abbia realmente "visto lontano" (tele-visione vuol dire proprio questo). Ed oggi le scatole luminose proliferano nelle case. Se una volta ci si riuniva tra vicini per guardare Sanremo, oggi ogni stanza della casa accoglie una solitudine diversa.
Allora l'unica soluzione è: cosa guardare in tv?
Un film nato per il cinema subisce lesioni non indifferenti nell'essere rimpicciolito, frammentato e diffuso nel palinsesto televisivo, tuttavia alcuni film possono uscirne addirittura rinnovati e migliorati. Uno di questi è sicuramente Hairspray (A. Shankman, 2007), in onda Mercoledi 28 Aprile su Italia1.

Le mancanze di questo remake di un precedente di J. Waters del 1988, assolutamente politicizzato e critico nei confronti dell'America reaganiana, si sentono poco attraverso la tv. L'aria scanzonata (è il caso di dirlo) e le allusioni ironiche alla sessualità da godere come un piatto abbondante, calzano a pennello nel contesto televisivo. Il film risulta essere politically correct addolcendo fuori misura la tematica razzista e repressiva, come se oggigiorno il problema fosse fuori moda. Tuttavia sono proprio le interruzioni pubblicitarie e la distanza obbligata dallo schermo tra lo spettatore e John Travolta in gommapiuma a rendere il film una piacevole commedia musicale. Le canzoncine orecchiabili e spassosamente sarcastiche fanno il resto.

Se ciò non bastasse ad assegnare una nota di merito all'esperienza, basti dire che tutto il film è un continuo invito alla tavola. Ciambelle, torte, cotechini, biscotti ... ogni frase, immagine, suono, è cibo. Persino la battaglia musicale tra bianchi e neri ha per motivazione la vaniglia potrà piacere a molti, ma il buon cioccolato ha un sapore migliore (le parole non sono proprio queste, ma a senso ci siamo).
Allora, poichè la pubblicità arriva proprio nel momento dell'acquolina, e dura per una quantità di tempo sufficiente, si può preparare una dolce alternativa al solito pop corn.

POP CORN AL CARAMELLO
INGREDIENTI
150g di chicchi di mais per pop corn
200g di zucchero
1/4 di succo di limone
olio di semi

Preparate i pop corn mettendoli in una padella con pochissimo olio e coperta.
In una casseruola ponete lo zucchero, aggiungete 3-4 cucchiai d'acqua e il succo del limone. Cuocete a fuoco basso mescolando con un cucchiaio di legno fino a che lo zucchero abbia assunto un colore dorato. Aggiungete 2 cucchiai d'acqua fredda, togliete dal fuoco e versate sui pop corn.

lunedì 26 aprile 2010

La deriva del burtoniano

Attorno a Burton si raccolgono due schiere contrapposte; chi lo ama incondizionatamente, chi lo odia e lo trova puerile. Alice in wonderland (2010) ha sicuramente la qualità di confondere le due linee nemiche. Chi lo ama esce stordito dalla sala, in stato confusionale afferma che il film è bello, ma non sa dire perchè. Qualcun altro guarda sconsolato il posto vuoto sulla parete di casa, riservato in precedenza al biglietto pagato, atteso cimelio dopo mesi di speranza. Chi lo odiava neanche si è dato la pena di guardare il film ed ora gongola leggendone i commenti.
Detto ciò, chino il capo e mi dichiaro parte di quella schiera di folli che, a sangue ancora caldo, ha apprezzato il film. Passato il delirio posso parlarne con lucidità.

Alice
è un vero disastro cinematografico. Era già capitato con Planet of the Apes (2001), ma questa volta l'aspettativa era senza precedenti. Tim Burton appare stanco e demotivato. La mancanza di passione sembra aver mutilato anche Depp ed Elfman. Il primo appare folle solo nel trucco; il secondo ricicla i cori angelici che tanto impreziosivano Edward Scissorhands (1990) in una litania stanca.
E' un film giocato su incastri di cose già viste e di cose scontate. La linea di un albero e qualche scultura topiaria sono l'unica traccia riconoscibile dei gloriosi trascorsi di Burton.

Indugiare ulteriormente nei commenti al film sarebbe ribadire un concetto triste, e la mente tende a dimenticare i ricordi tristi ... come quello di Johnny Depp che balla la "deliranza". A questo punto sarebbe bello credere che, come avvenne con il capolavoro Big Fish (2003) dopo il flop precedente, all'attuale sconforto possa seguire una ritrovata fiducia nel prossimo lavoro del regista di Burbank. Resta solo un' ultima speranza, che Burton abbia finalmente reciso il cordone ombelicale che lo lega ancora alla Disney. E presto dimenticheremo anche questa Alice-Harry Potter alle prese con draghi e profezie.

Il miglior modo per riprendersi dallo shock sarebbe tuffarsi sotto una torrenziale doccia gelata. Fortunatamente gli americani hanno inventato i bidoni di gelato da tenere perennemente in congelatore per annegare ogni sorta di dispiacere. Così ho trovato una ricetta che si presta tanto alla necessità di ingozzarsi di consolante gelato, quanto alla necessità di un sapore che contrasti quello salato delle lacrime di disperazione.
Il Gelato ai Marshmallow è proprio quella "raffinata schifezza" che fa al caso nostro. Perchè schifezza? Perchè sfido chiunque a dirmi di cosa sono fatti i marshmallow. Perchè raffinata? Vedremo...
INGREDIENTI
85g di cioccolato fondente a pezzetti
175g di marshmallow bianchi
150ml di latte
300ml di panna

Mettete il cioccolato e i marshmallow in un pentolino e versatevi sopra il latte.
Mescolate a fuoco molto basso, finchè il cioccolato e i marshmallows non si saranno sciolti, quindi lasciate raffreddare del tutto.
Montate la panna e incorporatela al cioccolato con un cucchiaio di metallo.
Trasferite in uno stampo da plumcake da 450g e fate solidificare in freezer per 2 ore (potete conservarlo un mese).
Servite con frutta fresca ... oppure aggredite a cucchiaiate.

lunedì 19 aprile 2010

OGNI COSA ILLUMINATA...

Luce è stata finalmente fatta, la guerra è finita, chi rimane recupera, in pace, la sua vita sospesa durante un viaggio necessario.
(Andrea Monti)



Jonathan colleziona tutto.
La nonna gli regala una vecchia foto che ritrae il defunto nonno ed Augustine. Chi è Augustine? Comincia il viaggio sulle sue tracce, in Ucraina.
Jonathan colleziona solo per collezionare.
Accanto a lui c'è Alex, il nonno di Alex , cieco al volante, e Sammy Davis Jr. Jr. ,"officious seeing-eye bitch".
Jonathan colleziona la luce delle cose sul passato.
La storia, individuale e collettiva, riposa nelle assenze. Le grandi tracce stanno nelle più piccole cose. Un paio di occhiali eccessivamente grandi aiutano a capire anche in un'altra lingua. Allo stesso tempo, non basta presumersi ciechi per esserlo tutta la vita.
Everything is Illuminated
(L. Schreiber, 2005) è decisamente il dessert di oggi.

venerdì 16 aprile 2010

"Ghost writer" e dopo cena


Roman Polanski è tornato alla regia con un thriller che l'Italia ha ribattezzato "L'uomo nell'ombra".

Ewan McGregor veste i panni dello scrittore cui viene assegnato il compito di rivedere il manoscritto dell'autobiografia dell'ex primo ministro. Pierce Brosnan è l'affascinante politico dai trascorsi da attore teatrale, ora implicato in un'inchiesta per crimini di guerra. Nel cast ci sono anche Kim Cattrall (la "fatalona" di Sex and the City), Olivia Williams, Tom Wilkinson, James Belushi, Timothy Hutton.

Lo scrittore non ha un nome, ma un ruolo. Il politico ha un volto ed un sorriso indelebile. La moglie fascino e tormento.
La storia promette bene e la fotografia quasi monocromatica sa dei polizieschi di una volta. Tuttavia le aspettative sono troppo lusinghiere. Il film non regge divenendo ben presto sufficientemente prevedibile da essere soggetto a cali di attenzione. Magistrale la scena finale, unica in grado di rendere al manoscritto -vero protagonista del film- l'aura di mistero assegnatagli, quasi mai veramente percepibile.
I punti di forza stanno nel sostrato di partenza ed in filigrana si intravede lo spettro dell'esilio di Polanski ed il Blair dipinto nel romanzo di Robert Harris.

Si tratta di un film che promette più di quanto conceda, da compensare con qualcosa che, al contrario, sembri scontato ma che sorprenda di piacere.
Non c'è neanche bisogno di cucinare. Dopo il cinema, tornando a casa acquisterete:
1 pacco di pavesini
1 confezione di formaggio cremoso (tipo philadelphia)
nutella
farina di cocco
caffè o latte
Mentre rimuginate sull'effetto del film preparate qualcosa come 12 tazze di caffè. Intanto in una ciotola mescolate il formaggio con la nutella assaggiando di tanto in tanto finchè il sapore non sarà di vostro gradimento. Ora spalmate un pavesino con la crema ottenuta, adagiatene sopra un altro (come se si trattasse delle due metà di un panino da farcire), passateli nel caffè e poi nella farina di cocco. Man mano che farcirete i pavesini poneteli su un piatto da portata che, prima di servire, metterete in frigo per una-due ore.
Per chi non avesse ancora visto L'uomo nell'ombra, può preparare il dolce prima di uscire di casa così che, al ritorno dal cinema, sarà già preparato al giusto epilogo.

giovedì 15 aprile 2010

A TUTTI NOI PRINCIPIANTI VOGLIOSI DI RENDERCI ARTIGIANI DI NOI STESSI


La ricetta di oggi è abbastanza difficile da realizzare, ma rappresenta una sfida per chiunque voglia cimentarsi in cucina ed un tributo a Silvia, perchu Un capolavoro di alta pasticceria può essere realizzato e decorato anche in casa.

Il film che ho scelto è il capolavo
ro di Tim Burton, Edward Mani di forbice (Edward Scissorhands, 1990). Unico film nato da un soggetto originale del regista, unico atto di fede verso se stesso dopo i primi cortometraggi. Guardando al proprio universo culturale ed alle tendenze del cinema di quegli anni, Tim crea l'opera che fa di lui un Autore. Edward è la creatura più autentica del regista; nel panorama mitologico burtoniano è l'outsider per eccellenza. Creatura indifesa che vorrebbe toccare, esternare la propria personalità ma non può. Allo stesso tempo è creativo e distruttivo. Nasce da un sentimento adolescenziale, per poi vivere negli anni dell'età adulta. Irrimediabilmente incompreso.

Edward è la dimensione ormai perduta per sempre dell'epifania della purezza, del cin
ema degli albori, quando la magia di un treno che attraversa lo schermo per entrare in sala era ancora possibile. Quella magia che, se per un attimo entrasse nell'universo del contemporaneo, lascerebbe dietro di sé la nostalgia insopprimibile di un tempo andato che non tornerà più.Molte considerazioni critiche si concentrano attorno alla figura del protagonista alla ricerca delle affinità con il proprio creatore. Ma c'è sempre qualcosa che sfugge. L'importante non è quanto ci sia di Tim in Edward, piuttosto è importante notare che il film si afferma come una moderna favola metropolitana che, avvalendosi delle più scontate tattiche hollywoodiane, crea qualcosa di assolutamente nuovo ed originale.

E qui interviene la creazione di Silvia. Un'opera d'arte nata in un cucina poco os
pitale (credetemi sulla parola).
Un critico culinario potrebbe sentirsi stimolato a cercare le affinità tra la torta e Silvia ma, come nel caso di Tim Burton, c'è sempre qualcosa che sfugge allo studioso di fronte a quelle opere che nascono dai moti dell'animo e che non siano mero esercizio.

INGREDIENTI
Per la base
4 UOVA
150g DI ZUCCHERO
100g DI FARINA
100g DI FRUMINA
1/2 BUSTINA DI LIEVITO PER DOLCI
1 BUSTINA DI VANILLINA
ACQUA BOLLENTE
Per la crema
80cl DI LATTE
20cl DI PANNA
5-6 TUORLI D'UOVO
300g DI ZUCCHERO
1 LIMONE
70g DI AMIDO DI MAIS
Per la copertura
5g DI GELATINA(COLLA DI PESCE)
30ml DI ACQUA
50g DI MIELE
450g DI ZUCCHERO A VELO

LA BASE. Montate gli albumi a neve ben ferma con 50g di zucchero e riponete in frigo. A parte, sbattete i tuorli con 4 cucchiai di acqua bollente a cui aggiungere,te gradualmente, 50g di zucchero, la vanillina, un pizzico di sale, la farina, la frumina e il lievito setacciati insieme.
Aggiungete all'impasto gli albumi montati a neve mescolando dal basso verso l'alto con un cucchiaio di legno per non farli smontare. Riponete in forno preriscaldato a 175° per 30 minuti.
LA CREMA. Portate a bollore il latte e la panna con la scorza del limone grattugiata. A parte montate i tuorli di 5-6 uova con lo zucchero e l'amido. Versate il composto nel latte bollente, riportate ad ebollizione, mescolate e togliere dal fuoco. Lasciate raffreddare.
Farcite la torta con la crema, copritela di uno strato sottile di panna montata e ponete in congelatore.
LA PASTA DI ZUCCHERO. Mettete in ammollo la gelatina in 30 ml di acqua. Una volta ammorbidita, strizzatela e mettetela da parte. Aggiungete all'acqua il miele e ponete sul fuoco facendo attenzione a non portarla ad ebollizione.

Aggiungete la gelatina continuando a stare attenti alla temperatura del composto che, una volta tolto dal fuoco, aggiungerete allo zucchero a velo. Lavoratelo fino ad ottenere una pasta omogenea ed asciutta che stenderete su un piano "zuccherato" con un mattarello.
La pasta di zucchero offre diverse possibilità di impiego ed è facilmente modellabile.
Questa è la torta di Silvia, ma ogni variazione è lecita, a seconda dei gusti personali.
La cucina
è, forse, tra tutte le attività concesse agli adulti, quella più vicina alla dimensione dell'infanzia. Mette insieme la curiosità di vedere fondersi gli elementi, la gioia di sporcarsi e pasticciare, la fantasia nel creare e colorare. Per questo motivo che Tim Burton merita un dolce così elaborato e personale. Ed è per questo che Silvia potrà apprezzare un regista che tanto ha attinto dall'infanzia e che, almeno fino ad un certo punto della sua carriera, ha saputo dialogare con questa e creare opere senza precedenti.




mercoledì 14 aprile 2010

I film sono le nostre vite e le nostre vite sono film.
L'immagine ha un valore autentico, essenziale in ogni suo darsi allo sguardo. Guardare, vedere, sentire, in un attimo si è contaminati dal virus. Non ci sarà mai scampo.
Non parlo di cinema, parlo di un libro, di un quadro, di un paese, di un albero, di un volto, di un ricordo...di cinema, appunto.
E tutto questo si confonde nel momento in cui il quotidiano e il mio personale universo onirico si incontrano. Anche se "onirico" non è la parola giusta... come si potrebbe definire altrimenti una fantasia? Qualcosa che le convenzioni definiscono tale, ma che tanta parte ha avuto nella nostra vita?

Ricordo la prima volta che vidi La casa degli Spiriti (B. August, 1993) e mi innamorai di Jeremy Irons. Avevo nove o dieci anni, non capii nulla della storia, forse piansi delle violenze, sicuramente non dimenticai più il volto di Vincent Gallo, ma mi innamorai di Jeremy.

Anni ed anni di fantasie costruite su di lui, quando la mia Barbie rossa (non ne avevo una mora e dovetti ancontentarmi) aveva il mio volto e Ken ( tutti i Ken sono uguali e dal sorriso idiota) diventò Jeremy (o Brad Pitt, qualche tempo dopo). Ora posso incontrarlo. Domenica vedrò Jeremy. Chissà se lo riconoscerò dietro le rughe, chissà se lui riconoscerà in me la bambina introversa e sognatrice che ero...ci reincontreremo dopo anni e questo incontro avrà il sapore dell'infanzia, della torta di mele di mia nonna (della quale non esiste ricetta all'altezza), della crema pasticcera mangiata nel bicchiere d'estate, del primo gelato al fiordilatte della stagione, delle merendine farinose alla marmellata. O magari vedrò in lui solo un uomo. Un uomo in carne ed ossa che parlerà di sé e della sua vita, così lontana dalla mia, così diversa. Forse si rinnoverà in me l'amore, forse lo saluterò per sempre e scoprirò di essere cresciuta, o almeno ... fino al prossimo film.

lunedì 12 aprile 2010




Liquida






SUOL KITCHEN (F.Akin, 2009)
Un turco (Fatih Akin) e un greco (Adam Bousdoukos) si trovano in Germania e scrivono e girano un film.Non è di certo l'inizio di una barzelletta, ma il punto di partenza di SOUL KITCHEN. Zinos (il greco, "inventato" ed interpretato da Bousdoukos) gestisce una sorta di bettola ad Amburgo, rifilando ai clienti fritture, surgelati e "panna, panna, panna". Le cose cambieranno quando la fidanzata Nadine gli annuncerà il suo
trasferimento a Shanghai. A metterci un pò di pepe (afrodisiaco) saranno il raffinatissimo chef Shayn Weiss (Birol Unel) e i ritmi coinvolgenti della sceneggiatura giocati su una colonna sonora irresistibile.

"
Fatih Akin è un abile deejay del mondo del cinema, un giovane autore che ha saputo costruire un suo linguaggio melodico a partire da un'antologia di stili della New Hollywood. Questa eredità del cinema americano moderno, con la quale aveva finora raccontato i margini di una società multiculturale in pieno dissidio, pervade anche nell'atmosfera conviviale e disinvolta di Soul Kitchen. Cimentandosi con una vera commedia edificante, il giovane regista turco-tedesco mette da parte il tema del viaggio e delega il percorso di emancipazione sociale e di ricerca delle origini, alla musica (come nel documentario Crossing the Bridge) e all'elogio dell'edonismo" (E. Becattini).

Il film lascia un gusto appena abbozzato di dolce e di piccante. E' un piatto sofisticato che concerta più sapori, si gioca sulle aspettative di successo e necessita di una buona presentazione per gli specialisti (i convitati del banchetto iniziale) e per i profani del gusto (i clienti abituali del soul kitchen che "vogliono le patatine").
Chi esce dalla sala cinematografica vorrebbe essere accolto da un cameriere in livrea e condotto al tavolo di un ristorante di haute cuisine. Inutile dire che non avverrà. Tuttavia è possibile rimediare da soli e servire a se stessi (e/o al proprio compagno/a) un dessert semplice e raffinato, ovviamente afrodisiaco.

Mousse di cioccolato al peperoncino.
INGREDIENTI
100g di cioccolato fondente
una noce di burro40-50ml di caffè
peperoncino piccante (la punta di un cucchiaino)
2 uova freschissime
1 cucchiaio di zucchero al velo

Versare il caffè e il cioccolato a pezzetti in una ciotola e sciogliere a bagnomaria mescolando spesso. Togliere dal fuoco ed aggiungere immediatamente la noce di burro. Unire i tuorli e il peperoncino, mescolare bene e far raffreddare. A parte montare gli albumi a neve con lo zucchero a velo. Incorporare alla crema mescolando con un cucchiaio di legno dal basso verso l'alto e riporre nelle coppette. Far riposare in frigo e, al momento di servire, decorare con panna montata e peperoncino in polvere .

domenica 11 aprile 2010

UN FILM PER LA DOMENICA SERA


La ragazza con l'orecchino di perla (P.Webber, 2003)



E' un atto d'amore questo film. Ossessivo nel tentare di ricreare in ogni fotogramma un quadro di Vermeer.
Opera dell'esordiente P. Webber, restituisce allo sguardo la quotidianità ordinaria e poco seducente dell'Olanda seicentesca. Tuttavia, uno spettacolo per gli occhi grazie al direttore della fotografia Eduardo Serra.
Si indugia nel godere della recitazione intensa di una Scarlett Johansson giovanissima ma di grande talento. Poco seducente risulta la staticità di Colin Firth nei panni del pittore.
Minimale e sommessa, una storia d'amore che svanisce nello strazio dell'attesa irrisolta, attraente anche se alla grandiosità delle immagini sembra soccombere l'estrema semplicità della storia.

Da guardare con...




La ragazza con l'orecchino di perla è un film che non esaudisce affatto il desiderio di vedere compiersi la storia d'amore. Lascia col fiato sospeso ... non resta che sgranocchiare, masticare, una pietanza dal gusto deciso e dalla consistenza appagante:

I Chocolate Chips Cookies.
INGREDIENTI
110g di burro
100g di zucchero di canna
100g di zucchero
1 uovo
mezza bustina di vanillina
175g di farina
mezzo cucchiaino di sale
mezzo cucchiaino di bicarbonato
150g di gocce di cioccolato
una manciata di noci tritate
Riscaldare il forno a 190 gradi ed imburrare una teglia; a parte unire tutti gli ingredienti (l'uovo per ultimo) fino ad ottenere un impasto cremoso. Disporre delle cucchiaiate di impasto sulla teglia formando dei biscotti (distanti tra loro) che infornerete per 8-10 minuti. Far raffreddare.

sabato 10 aprile 2010

Preludio

Alcuni amano il teatro, altri amano l'arte, altri ancora addirittura la televisione.
Tutti amano il cinema.
Perchè? Il perché è tutt'ora da scoprire.
Il cinema è un invito ai sensi, a tutti i sensi, compreso il palato. E' allo stesso tempo solitudine e condivisione, evento fortuito e programmato.
Se il cinema nasce per rendere eterno l'uomo bisogna divorare il cinema per appagare l'umana fame di eternità. Ma divorare può essere anche gustare ... scoprire le sfumature del dolce dopo il salato, del piccante dietro lo speziato, del cremoso nel ruvido. Un dessert, dopo tutto.

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