lunedì 23 maggio 2011

ANTICHRIST (L. Von Trier, 2009)

Un uomo (Willem Dafoe) e una donna (Charlotte Gainsbourg) fanno l'amore. Non si accorgono che il figlio è uscito dalla culla. Attratto dalla neve il bambino sale su una sedia e si sporge dalla finestra aperta per guardarla meglio, precipitando. Dopo un mese di terapia la madre ancora non riesce a superare il lutto e suo marito, psicoterapeuta, decide di curarla aiutandola ad affrontare e vincere le sue paure. Comincerà col portarla nel luogo che più teme, il bosco di Eden.

Lascia ch'io pianga
mia cruda sorte
e che sospiri la libertà
Sulle note dolenti del Rinaldo di Handel si consuma un amplesso feroce. Potentemente sottolineato dalla lentezza e dal bianco e nero. Giochi di fuochi della fotografia cullano lo sguardo. La bellezza della neve, la bellezza della pelle, la bellezza del dolore. La morte. La bellezza del silenzio.

Dolore, Ansia, Disperazione sono i tre atti tragici che scandiscono la vicenda. Simbolicamente rappresentati da tre animali totemici, Volpe, Corvo, Daino. La Volpe, favorita nell'accezione che la fa simbolo di astuzia, è qui emblema di sessualità incontrollata. Il Corvo annunciatore di morte, mentre il Daino è la vittima sacrificale. Indizi che confluiscono nel ritratto di una donna di affascinante complessità, il cui volto contratto, disteso, disperato è della talentuosa Charlotte Gainsbourg.


I primi passi si muovono a delineare una storia illusivamente giocata sul contrasto tra la forza emotiva, virile di lui, e la fragilità femminea di lei. La razionalità che tenta di guarire la Natura. Se non fosse che la Natura è intesa come Malvagità, istinto feroce. L'horror di Lars Von Trier non è da ricercarsi nella maniera del genere. L'orrore è il buio dell'animo umano. La falsità e l'imprevedibilità dell'abisso che giace in ogni uomo. In questo caso è proprio la donna ad essere portatrice di orrore. Donna ingannatrice, donna demoniaca, donna lussuriosa. Le donne di Lars sono spesso creature sacrificali, ma capaci del più grande amore e del più profondo odio. Esseri complicati. Protagoniste indecifrabili. Grembi violentati e ammantati di mistero.

Nella donna vive la sua immagine mitica e cristiana. Portatrice della cultura e del sapere della Terra, ma anche portatrice di colpe antiche, strega malefica serva del Male. Spaventosa agli occhi dell'uomo debole, ripetutamente castrato. Più che dichiarare misoginia, von Trier rilascia in un afflato disperato tutto il terrore che potrebbe esprimere l'uomo freudiano. Dalla scena primaria (il bambino che vede i genitori mentre fanno l'amore) alla castrazione (tentata e finanche allusa con la perforazione della gamba) l'incubo si realizza. I protagonisti non hanno nome. Apparentemente marionette di un destino ingovernabile, nel corso del film si rivelano sorta di archetipi della paura. 

Scritto per se stesso, più che per il pubblico, Antichrist scaturisce dal viaggio dell'autore nell'intimo della propria depressione. Lars Von Trier, come Ingmar Bergman prima di lui (http://unfilmperdessert.blogspot.com/search/label/ingmar%20bergman), esorcizza i suoi demoni nel fare artistico. E lo fa servendosi di simbolismi e psicanalisi quasi a voler trovare una via per poterli placare col raziocinio, proprio come fa il suo protagonista. Ma sacrificare l' "anticristo", la parte più oscura di sé, non garantisce la salvezza. Zoppicanti e feriti si va avanti, ma poggiando i piedi sui corpi dei sacrifici passati.

RICETTA
La stregoneria inquisita nel corso dei secoli non era di certo il culto del Maligno, né l'allegra consumazione di riti peccaminosi ogni notte di luna piena. La storia giustamente rivisitata ci parla della celebrazione dei cicli della natura e di saperi antichi, tramandati per generazioni, sulle proprietà curative delle piante e cose analoghe. Sentendomi un pò "strega", il richiamo della mia inconfondibile natura di donna mi spinge a voler celebrare la stagione. Non andrò di certo a danzare nel bosco, né ad abbracciare l'albero dall'altro lato della strada, ma vi proporrò una ricetta a base di verdure di stagione (di Giugno...che Maggio è finito). Le streghe del nuovo millennio sono quelle che mangiano bio!
TAGLIATELLE ALLA CARBONARA VEGETALE
400g di Tagliatelle fresche all'uovo
6 Zucchine
1/2 Peperone
1 Cipolla fresca
due "alberelli" di cavolfiore
noce moscata
2 uova
parmigiano
olio
sale
pepe in grani
Lavate e affettate le verdure. Fate rosolare la cipolla in olio ben caldo ed aggiungete via via le altre verdure. Salate e fate cuocere 15 minuti a fiamma bassa e a tegame coperto. In una pentola portate ad ebollizione l'acqua salata. Intanto in una terrina sbattete le uova con pepe e noce moscata, un pizzico. Appena le tagliatelle saranno cotte, scolatele e saltate tutto in padella. Lasciate riposare per un paio di minuti, condite col formaggio e servite.

lunedì 9 maggio 2011

NON LASCIARMI ( M.Romanek, 2011)

Kathy (Carey Mulligan), Tommy (Andrew Garfield) e Ruth (Keira Knightley) crescono da orfani nella scuola di Hailsham.  In realtà sono dei cloni, cresciuti per poter un giorno donare i propri organi e salvare altre vite. Isolati dal resto del mondo,  ma come tutti i ragazzi della loro età, vivono amori, amicizie e gelosie. Normali passioni umane che non dovrebbero albergare nei loro corpi, allevati come carne da macello.Tratto dall'omonimo romanzo di Kazuo Ishiguro.

Il mondo diviso in due gruppi: quelli destinati a vivere e quelli condannati a sacrificarsi lentamente, donatori loro malgrado. Ai bambini cloni sono regalate bambole monche da assemblare, e viene loro chiesto di impegnarsi nelle discipline artistiche per dimostrare scientificamente di avere un'anima. Piccole esistenze negate, ancora più desolanti nel manifestare blande speranze di rinviare di poco l'ultimo giorno. Vite educate per conoscere una sola strada, coltivate nel rispetto del valore etico (questo lo slogan della direttrice di Hailsham) della propria esistenza, speciali e per forza di cose rassegnate al destino che presto o tardi arriverà.

La tensione e la partecipazione al dramma, però, nella messa in scena vengono attutite già nella prima metà del film con l'improvvisa rivelazione dello scopo reale dell'esistenza della scuola. Se la fotografia evocativa continua a reggere il ritmo emotivo della scelta stilistica, la vicenda perde forza. Risulta difficile amare i protagonisti con la stessa forza viscerale che dovrebbero esprimere loro, ai limiti del non detto, quando già si conosce l'esito e l'irrevocabilità del dramma. Speranze, tentati rinvii, incontri e abbandoni si succedono ed alternano in modo ordinato e atteso.

Accantonando le radici fantascientifiche del libro, il film si concentra sull'ambientazione emotiva. Su di una narrazione che cerca nella prova attoriale, nei luoghi dipinti e nelle musiche, le corde per indagare la materia dell'animo e dell'umanità, negate nel sogno progressista e spietato della scienza. Con tutti i dubbi e le scusanti di natura morale o etica che un'opera del genere comporta. Al finale è riservato il riscatto della perdita di forza della struttura del film. Nelle parole di Kathy, alla rassegnazione, si oppone un ultimo flebile dubbio se le loro vite siano, dopo tutto, davvero meno importanti delle vite della gente che salvano.

RICETTA
Il film è costruito come una lenta, tristissima agonia. Difficile restare incolumi, non tanto alla storia che, come ho già spiegato, una volta a conoscenza la si accetta con altrettanta rassegnazione. A desolare sono i paesaggi dell'anima che riesce a costruire in modo ineccepibile la fotografia di Adam Kimmel. Da qui il compito che mi sono imposta sembra quanto mai bizzarro. Si può consigliare un cibo dopo due ore di ragazzini che muoiono lentamente donando i propri organi? No. Ma (c'è sempre un "ma") si può ottemperare al desiderio di superare la tristezza con una buonissima ed adrenalinica
GRANITA AL PISTACCHIO
600 g di acqua
200 g di pistacchi pelati di Bronte
200 g di zucchero
poco latte di mandorla
Tritate finemente i pistacchi aiutandovi con il mixer. Preparate uno sciroppo con acqua e zucchero, scaldando in un pentolino l’acqua e aggiungendo lo zucchero pian piano. Rimescolate facendo attenzione che il composto non arrivi ad ebollizione. Lasciate raffreddare e aggiungete poco latte di mandorla. Quando il tutto si sarà amalgamato lasciate raffreddare. A questo punto versate nella gelatiera e seguire le istruzioni dell’elettrodomestico, oppure riponete in congelatore per circa mezz’ora rimescolando con un cucchiaio di tanto in tanto.

sabato 7 maggio 2011

THOR (K.Branagh, 2011)

Avreste mai pensato che Kenneth Branagh potesse dirigere un film ispirato ad un fumetto Marvel? Bene, lo ha fatto. E per di più in 3D. Ed il risultato non è niente male.

Thor (Chris Hemsworth), figlio di Odino, viene esiliato sulla terra per aver disobbedito al padre. Precipitato in New Mexico come un asteroide, viene accolto in modo insolito dalla bella ricercatrice scienziata Jane (Natalie Portman). Spogliato dei suoi poteri dovrà dimostrare ai terrestri di essere il figlio di un dio e trovare il modo di tornare in patria, mettendo da parte l'arroganza e la prepotenza che ne hanno causato l'esilio. Intanto nel regno di Asgard, il fratello Loki trama alle sue spalle.

Incipit di notevole impatto, con tanto di wormhole che sembra un tornado, e corsa frenetica incontro all'insolito fenomeno atmosferico. Poi, la digressione fiabesca sul perchè dell'evento. Odino ha le fattezze di Anthony Hopkins e pacatamente illustra ai suoi figli la storia del regno di Asgard, come un buon vecchio sovrano fa. L'impronta di Branagh è subito evidente nell'atmosfera cortigiana. Le pacche sulle spalle da allegri guasconi, le gesta arroganti di un principe ingenuo, un fratello diabolico che bisbiglia e guarda con invidia, sono ingredienti shakespeariani per eccellenza.

Ma la bravura del regista entra in circolo nel momento stesso in cui si affaccia il timore che l'eleganza formale possa avere la meglio sulla rude violenza di un fumetto che si difende a colpi di martello. E Thor viene scaraventato fuori dalle vedute estatiche di Asgard, sul suolo polveroso e desolante del New Mexico. "Troppo fico per essere un barbone svitato", sulla terra non è che un omone con appetito e forza smisurati, divertente come un Jean Reno ne I Visitatori (J.M. Poiré,1993). E la storia fila liscia come l'olio, piacevole e misurata. Ci si affeziona al biondo guerriero, pur non spiegandosi come sia potuto scoccare l'amore con Jane dopo soli due o tre giorni. Ma all'amor cortese non ci son dubbi che reggano. Aspettiamo il seguito...

Guardatelo in 3D.



RICETTA
Quale soddisfazione più grande che parlare di cibo per un film che ha per protagonisti uomini rudi e banchetti regali?!? Donne che guardate i vostri uomini pensando ai muscoli di Chris Hemsworth, concedetevi un piccolo indugio sognante dopo il film e portatelo sui fornelli. Fantasticare in cucina è un indugio irrinunciabile. Se, poi, l'uomo che divora ingordamente le vostre creazioni non vi fa il baciamano come il buon Thor, allora invece di cucinare uscite a spendere tutti i suoi soldi...ma questo è un altro film. Bando alle ciance, oggi si prepara
COSCIOTTO DI MAIALE ALLA BIRRA 
700g di cosciotto di maiale 
50g di pancetta 
1/2 litro di birra 
300g di cipolle 
30g di burro 
2 cucchiai d'olio d'oliva 
una spruzzata di salsa Worcestershire 
una spruzzata di gin 
2 rametti di rosmarino 
sale  
pepe 



Legate la carne, insaporitela con il rosmarino, fatela rosolare in una casseruola con la pancetta e l'olio d'oliva. Quando la carne sarà ben rosolata, cospargetela con la cipolla tritata finemente, salatela, pepatela ed irroratela con la birra. Lasciate cuocere a fuoco moderato per circa 1 ora, rigirando ogni tanto la carne e aromatizzando con una generosa spruzzata di salsa Worcestershire.Quando la carne sarà cotta, sgocciolatela, slegatela, eliminate il rosmarino, lasciatela intiepidire, poi tagliatela a fette non troppo sottili e disponetela in un vassoio da forno.Frullate il sugo, filtratelo e rimettetelo sul fuoco, aggiungetevi il burro, una spruzzata di gin e lasciate sobbollire per qualche minuto. Versate il sughetto ristretto sulle fette di carne e rimettetele in forno già caldo a 200° per circa 10 minuti. Servite subito.

Mi immagino in una scena di Nuovo Cinema Paradiso, comoda nella mia poltrona sotto lo schermo bianco. La coppietta di fronte in vena di effusioni c'è in ogni cinema. No, non è un film nostalgico di quel genere, stando all'uomo sulla poltroncina accanto. Parla al cellulare guardingo, rassicurando la moglie di essere in un anonimo, banalissimo cinema. In un attimo, all'ansia da trasgressore eccitata sul suo volto si sostituisce una consolidata affezione di routine. Se fossimo in Giappone probabilmente ci sarebbe anche qualcuno vestito da Thor in sala.

Tipi storici li chiamerei, questi personaggi accanto a me. Storici perchè cinematografici. E senza troppe obiezioni e dubbi sul cinema del reale o la realtà del cinema, dico che tra lo schermo ed il maniaco di fumetti al mio fianco e la mia profusione di gioia colorata alla Amélie Poulain, non c'è troppo distacco.

Ma, un momento! Sono qui per vedere Thor, non per meditare sui miei compagni di equipaggio! Avrei potuto vederlo in streaming e ragionare ugualmente sui pigri consumatori dello spettacolo domestico che, anzichè aggrapparsi in un impeto di pathos alla poltrona del vicino, hanno già pronta la pagina dei commenti di facebook per scrivere " 'sto film è una figata! ".

Ma oggi avevo bisogno del caro vecchio cinema. Delle sormontanti locandine in quel paese dei balocchi che è il multisala. Dell'odore di pop corn e dell'omino delle bibite, svogliatamente americanizzato mentre ti propone un hot dog. Mi sento romantica...
Avevo bisogno del 3D, per sentirmi come lo spettatore antico che vedeva un missile di cartapesta infilarsi nell'occhio della luna. Voglio vivere la spettacolarità del cinema prima che le sale gremite cedano il posto al futuro pieno di promesse che incombe. Sono l'adrenalina di Tizio, signor Durden! Il film comincia...

giovedì 5 maggio 2011

THE KILLER INSIDE ME (M. Winterbottom, 2010)

Lou Ford (Casey Affleck) è uno sceriffo. E' amato e rispettato dalla comunità di Central City e non si risparmia nel fare favori a chiunque. Quando il magnate Chester Conway lo incarica di sfrattare la prostituta Joyce Lakeland (Jessica Alba), per lo sceriffo le cose cambiano. Fidanzato e promesso sposo della dolce Amy (Kate Hudson) alla luce del sole, amante sadico di una prostituta in segreto, Lou sarà diviso tra un ruolo sociale rassicurante, ed il killer che è in lui.

Lou uccide. Uccide chi ama. E non è in grado di spiegare a parole perchè fa ciò che fa, ma se ci pensa sa che è giusto così. 
In una cittadina come Central City (luogo pretenzioso finanche nel nome) tutti sembrano sapere chi sei. Basta essere ben educato, dire "nossignora" o "sissignora" all'occorrenza. Chi non esaudisce le aspettative, è spacciato. Lou ne è pienamente consapevole, è uno sceriffo che non ha mai fatto nulla di male, così dice il suo capo. Ma "la luce più chiara è sempre poco prima del buio", e questo Lou non lo sa.

Quando il magnate della cittadina lo manda da Joyce, la prostituta di cui si è invaghito il figlio, l'integerrimo sceriffo cede. La casa di Joyce è fuori dagli occhi perbenisti di Central City, un luogo in cui all'apparenza non è concesso trionfare, un antro di libertà. L'incontro violento con la donna sembra l'input decisivo a risvegliare gli istinti rimossi di Lou che si libera in un amore sadico che può culminare solo con la morte.
Non ci sono spiegazioni da cercare alla violenza reiterata. Né il conformismo ipocrita di un'America patinata di inizio anni '50 sembra essere una scusante. Le personalità delineate sono freudianamente giustificate quel tanto che basta a dare un contentino motivazionale alle domande principali. Lou ha un'infanzia perversa alle spalle. Le donne sono poco più che oggetini da comodino (per non dire "da letto").

Un piccolo universo pulp, qua e là punteggiato di trovate umoristiche, ed un leit motiv leggero nella romanza una furtiva lagrima. Un film che lascia atterriti e sgomenti. Confusi. Da rivedere una seconda volta per essere apprezzato.
Cameo del bentornato Bill Pullman.



RICETTA
Violenza? Morti ammazzati? Ipocrisia? Urge un pò di dolcezza fatta in casa...
TORTA DI MELE E CANNELLA
300g di Farina
150g di Zucchero
100g di Strutto
500g di Mele
1 bustina di Lievito
3 Uova
cannella
In una terrina lavorate i tuorli con lo zucchero per qualche minuto, ottenendo un composto soffice e "spugnoso". Aggiungete gradatamente la farina e il lievito setacciati, continuando a lavorare energicamente con lo sbattitore. Alternate alla farina piccole quantità di strutto, così da farlo amalgamare gradatamente all'impasto. Spolverate il tutto con un cucchiaio di cannella ed unite gli albumi precedentemente montati a neve. Mescolate dal basso verso l'alto con un cucchiaio di legno per non farli smontare. Versate il tutto in una teglia imburrata ed infarinata e, prima di infornare a 180°, disponete le mele a spicchi su tutta la superficie. Infornate nel ripiano basso del forno preriscaldato. Una volta cotta (dopo circa 40-45 minuti) lasciate raffreddare la torta. Potete servire anche tiepida, magari aggiungendo una spolverata di zucchero a velo, di cannella, o della crema pasticcera.

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