sabato 29 gennaio 2011

IL GRINTA (Joel e Ethan Coen,2010)

Tom Chaney (Josh Brolin) ha ucciso da codardo il padre di Mattie Ross (Hailee Steinfeld) ed ora la ragazzina vuole vendicarsi. Tesse trattative per raccattare la somma di denaro che le serve, e parte alla ricerca del peggior ceffo in grado di fare giustizia per lei. Quando incontra lo sceriffo Rooster Cogburn (Jeff Bridges) capisce di aver trovato il suo uomo e, nonostante lui provi a resisterle, la quattordicenne diventa a tutti gli effetti sua datrice di lavoro. Allo zoticone dal grilletto facile e alla ragazzina, nel viaggio si unisce anche il texas ranger LaBoef (Matt Damon), sulle tracce del famigerato Chaney per riscattarne la taglia. 

Del western resta la polvere e la sporcizia, animata da dialoghi senza sosta. I Coen giocano ad inserire tratti parodici nella struttura di genere, così Cogburn sparacchia in giro per dimostrare di avere una buona mira nonostante un occhio bendato; LaBoef cade in un tranello, rischia la morte ma non rinuncia all'eleganza e alla misura che gli sono soliti. Mattie ha la lingua tagliente ed un ottimo senso per gli affari, ma è pur sempre una ragazzina che può essere sculacciata. 

L'intero viaggio sembra dipinto dall'occhio di un bambino che gioca. E dalla polvere alla neve ci si può aspettare di tutto: un uomo vestito da orso, due dita mozze che rotolano sul tavolo, lo sceriffo che parla  ad una ragazzina delle sue mogli con vanto ed ironia, come a dire "Le femmine non capiscono".
L'età adulta della giovane Mattie è la fine dei giochi. L'infanzia finita in un'avventura lontana. E non a caso andrà a cercare il vecchio Cogburn in un circo. 

L'epilogo sentimentale porta a chiedersi se c'è ancora spazio per l'epica western in quest'era senza sogni. Evidentemente no. I fratelli Coen parlano alla nostalgia delle gesta dei grandi eroi del genere. Quando John Wayne ammiccava dallo schermo e si partiva a giocare agli indiani e cowboy. Le donne dovevano essere salvate e gli indiani stavano dietro la collina. Tutto ciò che resta è solo nostalgia.

RICETTA
Gringos, se giocassimo ad indiani e cowboy cosa vorreste trovare a tavola di ritorno dalle mogli in grembiule e cuffietta?
CHILI CON CARNE
1 spicchio di aglio
150 ml di brodo di carne
1 pizzico di cannella
250g polpa di manzo
250g polpa di maiale
100g di cipolle
coriandolo
cumino
250g di fagioli borlotti
1 peperone rosso
1 peperone giallo
peperoncino
200g pomodori
olio d'oliva
sale
pepe

Tagliate la polpa di manzo e di maiale a cubetti. Tritate la cipolla e l'aglio, tagliate a cubetti i peperoni lavati e privati dei semi. Tagliate anche il peperoncino. In un tegame abbastanza largo mettete a scaldare l'olio al quale aggiungerete cipolla, aglio, peperoni e peperoncino. Fate rosolare. Aggiungete la carne, poi le spezie e, dopo circa 10 minuit,la polpa di pomodoro. Lasciate cuocere 25 minuti bagnando di tanto in tanto con il brodo di carne.

mercoledì 5 gennaio 2011

Morte in Biancheria Sexy, AFTER.LIFE (A. Wojtowicz-Vosloo, 2009)



Anna (Christina Ricci) vive un'esistenza banale, che la trascina di giorno in giorno senza pathos. Una sera, per il malumore ed il maltempo, fa un incidente. Si risveglia sul tavolo di un obitorio, clinicamente morta ma incredula dell'accaduto. Unica possibile fonte di chiarezza è il dottor Elliott Deacon (Liam Neeson) che deve occuparsi del cadavere.

L'horror, in genere, si gioca nella circostanza inattesa, nell'abiezione, nella morte che supera il confine piazzandosi in quel limbo che è la non-vita. Questo film, invece, propone in modo acerbo la supposizione contraria. Ossia che tra la vita e la morte non ci sia separazione netta e che la profanazione del confine non comporti disordine, bensì chiarezza.
Liam Neeson è il vendicatore della morte, per donarle dignità deve porre fine alle vite inespresse. Una sorta di Caronte che traghetta i defunti....dandogli una spinta in più!

Opera prima di Agnieszka Wojtowicz-Vosloo, A.L istilla il dubbio della morte, traccia esistenze sopite per poi ragionare sulla fugacità della vita ma senza banalizzare il carpe diem. Giocando sul risvolto psicologico più che sul trauma visivo più consono agli horror di genere, però, lascia per strada qualche necessaria rifinitura. Il dottore Elliott Deacon è poco accorato nella difesa dei suoi principi, e poco persuasivo negli sguardi che lancia alla paziente. Enigmatica e piacevolmente nuda, Christina Ricci si veste di una bellezza eterea, insolita per l'attrice. Mentre, nel ruolo del fidanzato Paul, Justin Long è sufficientemente disperato. Bello, in alcuni momenti, il contrasto tra l'impossibilità di Paul di vedere il corpo di Anna ed il movimento indugiante sulle forme della ragazza, vestite di simbolica seta rossa, che la macchina da presa le indirizza in assenza di altri sguardi.

Restano, tuttavia, delle tracce superflue che minano l'essenzialità del film che, fondamentalmente, si mantiene sobrio e logorante nei ritmi e nella fotografia a tratti disturbata dal colore rosso. La sceneggiatura perde mordente mentre sorgono domande assillanti nella mente dello spettatore scettico:
Come fa una persona a credere di essere morta se uno la guarda dritta negli occhi e con aria impassibile le dice: "Sei morta, Anna, la tua opinione non ha più importanza"?
Fondare il dubbio della vita su una ferita che non sanguina, per poi tradire il concetto se l'alito appanna lo specchio, ed ancora portare fino in fondo il lavorìo psicologico ai danni della protagonista con motivazioni che non convincono nemmeno lo spettatore, può funzionare in un film che sulla violenza psicologica dovrebbe fondarsi?
Infine, era tanto necessaria la presenza di quel bambino che crede di essere Haley Joel Osment ne Il Sesto Senso?


RICETTA
Avete presente quella sensazione di speranza che, nel corso di un film, viene ripetutamente accolta e delusa; che vi regala momenti in cui la buona impressione è confermata, ed altri di dubbio cocente? Questo film ha a che fare con propositi e sconfitte, ma è difficile averne un'opinione buona o cattiva. Se non altro si esaudisce nel limbo che si propone di narrare. Affinchè il nostro compito sia in linea con il gusto dell'opera bisogna convenire sul fatto che il piatto debba essere altrettanto stranamente accettabile.
La ricetta in questione è una torta che rischia di risultare troppo dolce, ma che garantisce buone possibilità di riuscita essendo particolare pur andando incontro ai gusti dei più.
TORTA ALLA BANANA
300g di farina
250g di burro
250g di zucchero
4 uova
2-3 banane
1 bustina di lievito per dolci
un pizzico di cannella
In una terrina montate lo zucchero ed i tuorli d'uovo. Aggiungete gradatamente il burro lasciato ammorbidire a temperatura ambiente. A parte montate gli albumi a neve ben ferma. Aggiungete la farina e le banane frullate al primo impasto ed, in ultimo, gli albumi, mescolando dal basso verso l'alto con un cucchiaio di legno. Un pizzico di cannella e versate il tutto in una teglia imburrata. Cuocete per 30 minuti circa in forno preriscaldato a 200°. Una volta raffreddato potete cospargere con glassa di cioccolato oppure di zucchero, o con meringa e limoni caramellati (per rendere il tutto ancora più dolce!).

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