giovedì 21 maggio 2015

MAD MAX - FURY ROAD (G. Miller, 2015)

In un futuro remoto post-apocalittico, quel che resta degli uomini è governato da Immortan Joe che si serve dei suoi Figli della Guerra per alimentare il culto di se stesso. Max è un uomo solitario tormentato dal senso di colpa, l’Imperatrice Furiosa è la protetta del sovrano. Quando quest’ultima decide di ribellarsi, le strade di entrambi si incroceranno.


Prendete un regista che cominci a girare film negli anni d’oro del punk, dategli trent’anni di evoluzione tecnologica, l’osservazione delle derive nichilistiche nel cinema dei postumi e posteri dei suoi precedenti film, ed ecco la ricetta di Mad Max- Fury Road.
A trent’anni esatti dal precedente capitolo, George Miller riporta in vita Max Rockatansky, questa volta con la faccia di Tom Hardy piuttosto che del buon Mel Gibson, troppo vecchio per il ruolo.

In una terra morente e desertica, dove ogni strada si riavvolge su se stessa precludendo ogni via di fuga che non sia un disperato miraggio, a governare c’è Immortan Joe, un dio/sovrano malato, padre di tutte le deformità fisiche e mentali dei suoi figli/seguaci. La guerra degli uomini è l’unico atto in grado di preservare un barlume di socialità nella roccaforte del potere, La Cittadella, una fortezza scavata nella roccia, protetta da schiavi bambini che dispensa acqua e nutrimento insufficienti alla folla di piccoli mostri pullulante ai suoi piedi come in un trittico di Hyeronimus Bosch. L’Olimpo di Immorten Joe è una fabbrica di esseri umani dove le donne vengono munte e i deboli soggiogati dal fanatismo religioso, e i motori e le armi sono l’unica forma di interazione con le poche altre tribù circostanti.

George Miller dà una forza senza precedenti alla mitologia del suo lavoro più noto perché questo Mad Max è un film d’azione pura, di velocità estrema e di sublime follia. Lo scenario è quello desertico post-apocalittico che negli ultimi anni abbiamo visto crescere, svanire e poi ritornare sotto varie sembianze, di cui Miller stesso ha tracciato l’archetipo e che qui rinnova con caratteristiche inedite.
Potrei dilungarmi per ore ad analizzare la dicotomia “uomo distruttore vs donna generatrice di vita”, o cavalcare l’ondata di tripudiante femminismo che il film ha scatenato nel mondo degli studi di genere, ma la verità è che una cosa su tutte resta impressa dopo aver guardato Mad Max: i tamburi. Il suono battente ed incalzante per accogliere, attaccare, celebrare, esaltare ogni momento di questa folle epopea che unita al rombo dei motori e al furore cieco di una chitarra elettrica fa del ritmo la forza incontrastata del film. A questa va aggiunta una Charlize Theron bella come non la si vedeva da anni, icona perfetta della femminilità senza fronzoli: forte e combattiva nel corpo, profondamente malinconica nello sguardo. Miller, poi, argina il rischio di sotterrare la trama sotto palate di azione fine a se stessa con una sceneggiatura asciutta e sensata nella sua sconfinata follia, mettendo ogni personaggio al posto giusto e riuscendo nell’iperbolica impresa di far emergere l’anima da un personaggio come Max che si esprime solo a grugniti e cazzotti.
Insomma, Mad Max è un film senza precedenti, che si spaccia per sequel ma di fatto riscrive un genere a partire dal cuore di tutto ciò che veramente avevamo adorato nelle sue prime manifestazioni. Ne esce un’opera anarchica, potentemente punk, adrenalinica come poche e visivamente impeccabile. Unica.

RICETTA.
Non so voi, ma io dopo Mad Max ho voglia di carne cruda.


400 g di polpa di manzo
1/2 spicchio di aglio
1/2 limone
olio extravergine di oliva
sale
  pepe

Tritate più volte la carne nel tritacarne fino a ottenere una grana molto fina; in alternativa, potete anche tagliarla molto finemente con un coltello ben affilato. Raccoglietela in un’insalatiera, che avrete prima strofinato con l’aglio fino a consumarlo tutto.

Stemperate in una ciotola il sale nel succo filtrato di limone, unite a filo 5 cucchiai di olio, battendo con una forchetta in modo da emulsionarlo, e versate la salsa ottenuta sulla carne.Mescolate con cura e servite nei piatti individuali. Questa ricetta, conosciuta anche come “carne cruda all’albese”, in stagione viene completata con petali di tartufo bianco; riducendo le dosi la preparazione diventa un antipasto.

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