domenica 17 luglio 2011

LA BELLEZZA DEL SOMARO (S.Castellitto, 2010)

Marcello (Sergio Castellitto), architetto insoddisfatto con una focosa amante ventenne (Lola Ponce), è sposato con Marina (laura Morante). Vivono in una bella casa a Roma e si preparano a trascorrere le vacanze per la festa di Ognissanti nella tenuta di campagna. Con sé porteranno amici insoddisfatti, pazienti psicotici e lo strano fidanzato sessantenne (Enzo Jannacci) della figlia adolescente (Nina Torresi).

Il somaro guarda impassibile, gode della natura e delle stranezze dell'uomo, a distanza. Si lascia accarezzare, ed osserva con nobiltà quella fauna agitata che cura le proprie ansie con canne, biberon di alcool, sesso ed ansiolitici.
Castellitto costruisce delle gerarchie ben ordinate. I genitori ed i figli in primo luogo, ma anche il sessantotto e ciò che ne è stato, gli ideali e la disillusione, le regole e chi le regole le ha subite. Sebbene le prime categorie di ogni gruppo siano tutt'altro che concrete. Spettri di ciò che sono realmente e ciò che avrebbero dovuto essere. L'arrivo di Armando destabilizza l'universo di certezze che Marcello ha costruito. "Il Presidente" è al di sopra di ogni categoria, e per ognuno arriva a rappresentare l'anello mancante all'affermazione di sé. Per Rosa è un padre amabile e attento; per Marina diventa l'amante che cerca in suo marito; per la tata è il compagno comunista che intervenga a correggere e placare gli eccessi della borghesia perbenista; persino per Marcello il Presidente potrà rivelarsi un compendio a "quel vuoto" che si porta dentro e che confessa alla figlia sotto effetto della cannabis.

La Bellezza del Somaro è una commedia ritmata, piacevole e ben calibrata nei ritmi. Per il regista è una'opera "alla Cechov", e credo che la definizione basti a sottolinearne i limiti. La resa dei conti tra i figli ed il genitore inerme, così come il rimprovero severo dei coetanei a Rosa, sono fin troppo sottolineati, motivati fino all'esasperazione. Si ha quasi l'impressione che Castellitto abbia voluto inserire delle didascalie esplicative così che tutti potessero capire il livello preteso dalla sua storia. Se il film è in primis una critica a se stesso, intellettuale, professionista piegato alle logiche dell'economia, benestante e dimentico dell'etica e dell'innocenza che una volta sosteneva (la porchetta che sanava il buco nello stomaco), il risultato finale è sì una buona prova di regia, ma anche un'opera che non riesce a contenere tutto ciò che vorrebbe. Meno ampollosa e pretenziosa avrebbe funzionato meglio. Tuttavia la sovrabbondanza di citazioni e le parole vomitate in continuazione rendono bene il disagio di comunicare effettivamente denunciato.

ARISTA IN PORCHETTA
500 g di arista
800 g di pancia di maiale
2 cucchiai di salvia tritata
2 cucchiai di rosmarino tritato
2 spicchi di aglio
1 cucchiaio di pepe nero
1 bicchiere di vino bianco
sale q.b.
Fate un trito di salvia, rosmarino ed aglio. Dividete l’arista in 2 parti (longitudinalmente). Aprite a libretto la pancetta, salate e pepate ed insaporite con gli odori l’arista e cospargete con il resto degli odori la pancia (solo il lato interno). Adagiate l’arista al centro della pancia e chiudete a roll, legate con spago da cucina e mettete in forno a 160 gradi per 2 ore. Ogni tanto bagnate con il vino e girate la carne.



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