giovedì 30 settembre 2010

BENVENUTI AL SUD (L. Miniero, 2010)


Alberto (Claudio Bisio) lavora per le poste in bassa Brianza e sogna il trasferimento a Milano. Avendo fallito ogni tentativo di ottenere il lavoro, tenta un'ultima carta fingendosi disabile. Scoperto da un commissario d'ufficio, viene trasferito in Campania per punizione.

Remake del fortunato Giù al Nord (Bienvenue chez les Ch'tis, D. Boon, 2007), Benvenuti al Sud è una piacevole commedia che, rispetto all'originale francese, mantiene pressochè intatta la sceneggiatura, arricchendola di qualche piccola licenza cabarettistica in linea con il talento dei due attori protagonisti, Claudio Bisio e Alessandro Siani.

E' una commedia fondata sullo stereotipo e determinata a scardinarlo. E ci si sorprende di come la situazione appaia specularmente rovesciata rispetto alla Francia; il temibile, freddo, incomprensibile Nord- Pas de Calais, si ritrova nel Sud afoso, malavitoso, sfaccendato e chiassoso.

Ma è soprattutto una commedia che lascia deliberatamente intatta l'originale scrittura di Dany Boon (presente in un piccolo cameo all'ufficio postale di Castellabate) per sorridere del conflitto ideologico che l'Italia da sempre si porta dietro ed affermare bonariamente che, Italia o Francia che sia, alla fine, tutto il mondo è paese.




RICETTA.
Tra gli stereotipi più influenti del film, una buona parte è giocata dai cibi. Bisio appartiene ad una sorta di setta votata alla venerazione del Gorgonzola, Siani fa colazione con zabaione e sanguinaccio... Si sa che il Belpaese è costellato di stemmi gastronomici e che il nazionalismo Italiano si risolve solo nelle dispute calcistiche e culinarie (sovente con i nostri vicini d'Oltralpe), per cui la ricetta che propongo sarà proprio una pietanza citata dal film, una pietanza "del Sud".
FRITTELLE DI NEONATA O CICINIELLI
500g di neonata
farina 00
formaggio pecorino grattugiato
latte
2-3 uova
prezzemolo
sale
pepe
olio per fritture


In una ciotola sbattete le uova ed aggiungete sale q.b., pepe ed, in ultimo, il pecorino (la quantità varia in base ai gusti, per un sapore delicato si consigliano 3-4 cucchiai, oppure potete sostituire il parmiggiano al pecorino e concedervi qualche cucchiaio in più). Aggiungete a piccole dosi la farina setacciata alternandola al latte, così che potrete valutare passo passo la consistenza e la quantità dell'impasto. Appena il tutto avrà raggiunto una consistenza fluida ma non liquida, aggiungete il prezzemolo tritato e la neonata. In una padella antiaderente scaldate l'olio e, quando sarà ben caldo, con un cucchiaio versate delle piccole dosi di pastella ottenendo, così, delle frittelle. Fate attenzione a disporle sufficientemente distanti tra loro. Rigiratele nell'olio e, appena saranno cotte, mettetele ad asciugare su carta assorbente. Servite calde.
-Ci sono diverse varianti per questa ricetta. Io le ho sempre cucinate così ma, se preferite un impasto più soffice e spugnoso, potrete aggiungere una bustina di lievito chimico in polvere. Meglio ancora se sostituite al latte un pò di birra fredda. Risulteranno più leggere che con il lievito ma parimenti soffici, gustose e, soprattutto, un pò meno caloriche.

giovedì 23 settembre 2010

VENEZIA 67. Balada Triste de Trompeta.

Balada Triste de Trompeta.
Javier (Carlos Areces) vuole lavorare nel circo come suo nonno e come suo padre, morto durante la guerra civile spagnola. Viene ingaggiato col ruolo di pagliaccio triste, antagonista di Sergio (Antonio de La Torre), il pagliaccio allegro. Con quest'ultimo lotterà per l'amore della trapezista Natalia (Carolina Bang) in un crescendo di sangue e follia sullo sfondo di una Spagna ancora dominata dal regime franchista.

Alex de La Iglesia porta a Venezia un film che apologizza la sua filmografia precedente. Da questa raccoglie spunti e li rimescola in un condensato euforico e possente di generi, luoghi e miti del cinema tout court.

I mostri politici della storia bombardano con la loro immagine i titoli di testa (mi azzardo a dire, forse i titoli più belli che abbia mai visto) a presagio di una narrazione che sarà macabra e drammatica sotto il velo grottesco dominante nel film.

Javier è destinato a lavorare nel circo, ma la tragedia che lo ha segnato lo condanna a far ridere di sé il pubblico, anziché a ridere con lui. E l'amarezza più grande sta proprio nell'essere irrimediabilmente condannato alla tragedia: la tragedia della morte del padre; la tragedia del non essere in grado di vendicarsi; la tragedia che sarà la follia a farsi beffa di lui.
In una nazione dominata dalla dittatura tutti i personaggi aderiscono ad un'idea di vita fondata sul masochismo, come a dire che in quel particolare atteggiamento, si nasconda l'unico modo per resistere al dolore provocato dagli altri. (Nicoletta Dose, Mymovies.it)

E proprio la follia e il masochismo conducono le redini del gioco, mescolando le carte di continuo, fuggendo le categorie, negando bontà e cattiveria in un mondo che non è mai bianco o nero, ma terribilmente grigio.
Se la storia di base è un mèlo circense che ricorda, tra le altre cose, l'opera lirica I Pagliacci di Ruggero Leoncavallo (per non citare la carrellata infinita di reminiscenze cinematografiche), il risultato è un dramma potentissimo giocato su ritmi senza sosta, una fotografia ed un montaggio impeccabili. L'ultima immagine, invece, condensa e restituisce agli occhi tutta la potenza emotiva che gli interpreti mantengono per l'intera durata del film.



RICETTAA me i Pagliacci incutono sempre una certa tristezza ... allora ho desistito dal proporre una Torta Pagliaccio di quelle che si preparano ai bambini per le feste di compleanno. Sono orientata, invece, ad una proposta meno fantasiosa, qualcosa di tipicamente spagnolo da poter gustare con l'arrivo della stagione fredda. I Churros, dolci tipici da mangiare con la cioccolata calda.
ingredienti
250 ml di acqua
30 g di burro
½ cucchiaino di sale
250 g di farina
2 uova

Fate bollire l'acqua con il burro ed il sale . Al bollore versate in una volta sola la farina setacciata e mescolate vigorosamente il composto con il cucchiaio di legno fino a quando diventa bello liscio. È cotto quando si stacca dai bordi della pentola con facilità.Togliete dal fuoco, lasciate raffreddare il composto e poi incorporatevi una alla volta le 2 uova intere e amalgamate bene il tutto. Deve risultare un impasto liscio e lucido. Mettete ora metà del composto in una tasca da pasticciere con bocchetta grande a forma di stella . Ricavatene di bastoncini lunghi circa 20 cm. che con delicatezza farete cadere in una padella dove avete fate riscaldare abbondante olio. Fateli friggere a fuoco medio e, quando belli dorati, scolateli su della carta assorbente e serviteli subito cosparsi con lo zucchero.

http://www.spagna.cc

lunedì 20 settembre 2010

VENEZIA 67. Essential Killing.

Essential Killing

Mohammed (Vincent Gallo) viene catturato nel deserto dell'Afghanistan per aver ucciso un gruppo di soldati statunitensi. Incapace di reagire all'interrogatorio perchè sordo per l'esplosione di una bomba, riesce a fuggire dal furgone che lo trasporta. Ritrovatosi in mezzo alla neve, braccato dai soldati, comincia la sua lotta per la sopravvivenza.

Sembra che alla base del progetto iniziale del regista Jerzy Skolimowski ci sia l'interesse per le indagini sulle carceri segrete europee in cui verrebbero condotti i prigionieri di guerra. Ma il film prende subito un'altra piega e l'Afghanistan e gli USA diventano solo un pretesto, la guerra una questione di sopravvivenza. Il film trova la sua ambientazione nella perdita di ogni riferimento., nel quando si combatte ormai da troppo tempo e le ragioni del conflitto sono sfuocate in un orizzonte che appare solo come sogno o allucinazione, perse in una preghiera ad Allah e nell'amore per un corpo nascosto da un burqa.

Vincent Gallo diventa volto e corpo, carne e istinto, in lotta contro un deserto di neve. Ci regala una fotogenia estasiante, non proferisce alcuna parola ma nei suoi occhi s'intende la paura della necessità di uccidere e l'attaccamento alla vita ridotta ad uno stato ferino. Il regista lancia un falso tema per poi abbandonarlo, cercando di indagare i primordi del conflitto umano, l'essenzialità della morte e, di rimando, della vita.
In un mondo senza parole la via di fuga è la promessa di una donna muta (Emmanuelle Seigner). Un corpo che si prende cura di un altro corpo nel donargli il tepore del focolare ed un cavallo bianco. Una simbologia a tratti disturbante, forse, ma che viene espiata nella bellezza delle immagini, e che incombe su tutta la durata del film, fatta eccezione per le primissime sequenze. Per apprezzare il film bisogna abbandonarsi totalmente all'immagine, senza alcuna pretesa.


RICETTAHo l'impressione che gli accostamenti che propongo, tra cibo e film, possano a volte risultare un pò forzati. Tuttavia non mi arrendo e questa volta la ricetta è in relazione all'immagine predominante del film : il bosco e la neve.
MONTE BIANCO
10g cacao in polvere amaro
700g di castagne
1/2l di latte
1 bicchierino di rum
1 pizzico di sale grosso
1 bustina di vanillina
120g di zucchero

Per Ricoprire
1 cucchiaino di cacao in polvere
2 cucchiai di cioccolato fondente a scaglie
Marron Glaces q.b.
500ml di panna fresca da montare
zucchero a velo

Scegliete, lavate e intaccate i marroni, praticando su ognuno di essi un taglio sulla buccia esterna di circa 3-4 cm, fino ad arrivare alla polpa. Metteteli a lessarein pentola a pressione, ricoprendoli di acqua a filo e facendoli cuocere per circa 10 minuti. Spegnete il fuoco e, lasciando i marroni dentro al loro liquido di cottura, prendetene solo due o tre alla volta e sbucciateli, togliendo loro anche la pellicina interna; lasciando i marroni a bagno nel liquido caldo, sarà molto più agevole pulirli per bene. Terminata questa operazione, metteteli di nuovo nella pentola a pressione con il latte, lo zucchero e il sale, e fateli bollire per 20 minuti.
Trascorsi i 20 minuti, scolate bene i marroni, passateli al setaccio ed incorporate alla purea ottenuta la vanillina, il cacao e il rum; mescolate il tempo necessario per amalgamare molto bene gli ingredienti, che devono dare origine ad un impasto piuttosto asciutto e compatto (se non lo fosse mettete il composto sul fuoco e fatelo asciugare dolcemente).
Fate raffreddare il composto, e lasciatelo riposare e indurire in frigorifero per almeno un paio di ore, poi passatelo nello schiacciapatate a fori grossi, che posizionerete sopra a un piatto da portata: fate fuoriuscire gli spaghetti di marroni andando a formare un monticello, aiutandovi a sistemarlo con i rebbi di una forchetta per non compattare troppo gli spaghetti. Montate la panna
incorporandovi lo zucchero a velo, riempiteci una sac a poche, e ricoprite il monticello di pasta di marroni con la panna montata. Guarnite con marron glaces e cacao.

Ricetta offerta da http://ricette.giallozafferano.it

sabato 18 settembre 2010

VENEZIA 67, FUORI CONCORSO. Machete.



Il link al trailer è d'obbligo per un film che, prima ancora dell'uscita ufficiale, è già leggenda
MACHETE
http://www.youtube.com/watch?v=gBFG1xIhi0Y

Machete (Danny Trejo) è un ex agente federale messicano, ritiratosi dopo l'assassinio di sua moglie ad opera del trafficante Torrez (Steven Seagal). Lavora come operaio a giornata in Texas. Non parla mai e, come tutti i messicani, è malvisto dai vigilantes intenti a rispedirli oltre il confine. Ingaggiato dall'industriale Booth (Jeff Fahey) per assassinare il senatore McLaughlin (Robert DeNiro), Machete scoprirà che il piano è stato ordito ai suoi danni, con lo scopo di rafforzare la campagna pre-elettorale del Senatore nella lotta all'immigrazione clandestina. Ma il Senatore e la sua cricca non sanno con chi hanno a che fare.

Robert Rodriguez trionfa in Sala Grande, a Venezia, con la proiezione di mezzanotte del suo ultimo, esaltato, lavoro. Un fanatico tributo ai B-movies in cui spiccano personaggi storici del genere (Steven Seagal ingrassato ed imparruccato) e nuove glorie (Robert DeNiro alle prese con questa divertentissima prova). La carrellata di volti procede e non lascia che alcuna aspettativa sia delusa. Indimenticabile Lindsay Lohan, caricatura di se stessa nel ruolo dell'ubriacona, disinibita, provocatrice figlia di un papà fin troppo attento all'esibizionismo erotico della ragazza.

Un film da guardare assolutamente in sala, travolti dalla baraonda di risate e femminei gridolini di disgusto, onde evitare di porre un'attenzione eccessiva alle falle stilistiche su cui si è concentrata, invece, la maggioranza dei critici. L'essenza del film sta nel divertimento puro, in quel grado estremo di spettacolarità che strizza l'occhio al pubblico, che non lascia tempo al dettaglio perchè si snoda in un continuo alternarsi di forme goffe e sublimi. Così il corpo della sensualissima Jessica Alba, o la fisicità conturbante di Michelle Rodriguez sono subito messi in risalto e poi diluiti dall'incontro con la rudezza e i muscoli sudaticci di Machete, inspiegabile oggetto erotico caro alle donne del film.
Una menzione particolare, va fatta al fratello prete (Cheech Marin) di Machete perchè, sì, Machete ha un fratello e rappresenta forse la figura più divertente ed esaltante del film. Molti mi odieranno per avegli svelato in anticipo questa chicca, ma non sono proprio riuscita a tenervela nascosta. Non dico altro. Solo, spero che il doppiaggio non rovini il film.

SARTANA: Dove sei stato? Non potevi avvisarmi? Ero in pensiero. Avresti potuto mandare un SMS!MACHETE: Machete non manda SMS
RICETTA
Il merito della ricetta di oggi va tutto a mio padre. Quando gli ho detto che scrivevo una recensione su un film interamente girato su Machete, allora mi ha risposto: Machete? Allora devi scrivere la ricetta della tagliata di vitello. Il machete affetta!
Grazie Papà, commento azzeccatissimo.
TAGLIATA DI VITELLO SU LETTO DI RUCOLA
ingredienti
1kg di bistecca "fiorentina"
300g di rucola
olio
origano
rosmarino
pepe nero in grani
pepe verde in grani
sale grosso


In una pentola versate una quantità di olio sufficiente a condire, in seguito alla cottura, tutta la carne. Mettete a riscaldare a bagno maria, a fuoco lentissimo, l'olio con tutti gli aromi (le quantità variano a seconda delle preferenze, io abbondo sempre con gli aromi). Dopo una ventina di minuti, quando si sarà ben insaporito, mettete a scaldare una piastra di ghisa su cui griglierete la carne (se avete a disposizione un barbecue è ancora meglio). Quando la piastra sarà rovente cuocete la carne. Non più di 2-3 minuti per lato, deve restare cruda all'interno. Ponetela su un tagliere ed affettate in misure non troppo piccole da poter essere consumate in un boccone, né troppo grandi. Diciamo della lunghezza di due dita. Salate ed adagiate le fette su un piatto da portata su cui avevate sistemato la rucola. Versate l'olio caldo sulla carne e servite subito.
Ai più golosi consiglio di aggiungere delle fettine sottili di lardo di colonnata da adagiare sulla carne e del pane tostato servito a parte.

mercoledì 15 settembre 2010

VENEZIA 67. La solitudine dei numeri primi

La Solitudine dei Numeri Primi
Alice (Alba Rohrwacher) e Mattia (Luca Marinelli) vivono a Torino. Da adolescenti si conoscono. Si amano da adulti. Si separano. Ma a tracciare il percorso delle loro vite c'è un muro di solitudine e sofferenza, invalicabile.

I numeri primi sono quei numeri divisibili solo per se stessi e per uno. Alice e Mattia sono dei numeri primi. Si trovano, si avvicinano, ma non possono condividersi. Restano l'uno accanto all'altra ma senza fondersi.

Saverio Costanzo porta la storia narrata da Paolo Giordano sugli schermi. E lo fa trasgredendo ogni aspettativa, concentrando la propria attenzione sull'orrore della sofferenza. La fotografia e le musiche evocano scenari orrorifici sin dalla prima scena. Il verde ed il rosso dominano l'ambiente cupo della recita scolastica, quasi fosse Dario Argento a dirigerla. La violenza subita da Alice nelle docce ricorda il film Carrie, lo sguardo di Satana (B.De Palma, 1976). E progredendo nella storia, narrata per ellissi temporali, spaesante e controversa, sono i corpi degli attori a deturparsi. Lo sguardo sfiora le ossa troppo evidenti di Alice anoressica, si interroga sulla sua cicatrice, graffia la pelle di Mattia bambino e lo osserva con rammarico da adulto, grasso e trasandato.
Non c'è riscatto da una solitudine terrena costruita nel profondo dell'anima.

Alba Rohrwacher, ormai attrice affermata e talentuosa nel panorama italiano, e Luca Marinelli, alla sua prima esperienza cinematografica, si cimentano con una prova attoriale minata dalle aspettative dei lettori più devoti al bestseller omonimo. Recitazione minimale, corpi modellati ai limiti del possibile. Il risultato è convincente.




RICETTA
Sdrammatizziamo sul contenuto flagellante del film e concediamoci una pausa ludica che miri ad esaltare solo il potenziale horror della messa in scena. Fingiamo di apprestarci ai preparativi per la festa di halloween e prepariamo un piatto che evochi mostri, vampiri e pagliacci demoniaci (fantastico F. Timi nel cameo assegnatogli).


LE DITA DELLA STREGA
225 g di burro ammorbidito,
115 g di zucchero a velo,
1 uovo grande,
1 cucchiaino di estratto alla mandorla,
1 cucchiaino di estratto alla vaniglia,
1 cucchiaino di sale,
300 g di farina,
1 confezione di mandorle a lamelle,
1 tubetto di gel rosso da decorazione
marmellata alla fragola


In una ciotola sbattete con la frusta elettrica burro, zucchero, uova e l’estratto di mandorla e vaniglia. Aggiungete, setacciandoli, la farina e il sale: lavorate bene tutti gli ingredienti per amalgamarli. Coprite l’impasto e lasciate in frigorifero per 30 minuti. Preriscaldare il forno a 160° e foderate una teglia con carta forno. Prendete parte dell’impasto e arrotolate su un piano ben infarinato, formate dei salsicciotti e poi lavorateli con le mani per dare loro la forma di dita: appiattite la parte alta dove andranno applicate le mandorle. Continuate così fino ad esaurire l’impasto. Mettete tutte le dita sulla teglia e cuocete per 20-25 minuti a 160°: una volta pronte lasciate raffreddare per 3 minuti. Ora prendete un dito versate qualche goccia di colorante rosso sulla parte appiattita e attaccate una lamella di mandorle, premendo bene per formare l’unghia. Se il colorante dovesse colare non vi preoccupate, l’effetto sangue sarà ancora più verosimile. Alla base delle dita spalmate della marmellata di fragole tanto da dare l'effetto "dito mozzato".

Questa ed altre ricette di Halloween su http://www.latelanera.com/halloween

martedì 14 settembre 2010

VENEZIA 67. Miral

Miral
Gerusalemme, 1948. Di ritorno dal lavoro Hindi Husseini (Haim Abbass) si imbatte in un gruppo di orfani palestinesi a cui darà rifugio in casa propria. Con il passare degli anni e l'intensificarsi del conflitto, la casa diventa una vera e propria scuola. Molti anni dopo arriva Miral (Freida Pinto). Orfana di madre suicida, amata da un padre che vuole per lei un'istruzione ed una vita che riscatti tutte le sofferenze subite dai genitori. Ma la piccola Miral non resterà indifferente ai conflitti che si abbattono fuori dalle mura scolastiche.

Il pittore Julian Schnabel dirige un racconto in immagini tratto dal libro omonimo della compagna Rula Jebreal, curatrice della sceneggiatura.
Le storie raccontate sono tante ed evidenziate in capitoli nella parte iniziale del film. Un'attenzione maggiore è riservata all'ultima delle storie, quella di Miral, appunto.

Approcciare un tema complesso e pericoloso come quello del conflitto Israelo-Palestinese è una sfida non indifferente, soprattutto se chi racconta lo vive dall'esterno. Un ulteriore ostacolo sta proprio nel prendere in esame una storia vera nella Storia con la "S" maiuscola.
Il risultato, in questo caso, è un resoconto in cui la distanza del narratore è fin troppo evidente. Didascalico e poco partecipato, Miral sarebbe da proporre nelle scuole per raccontare in modo semplice alcuni spunti storici ma, cinematograficamente parlando, manca di genuinità. Le storie narrate restano sullo schermo, manca qualcosa affinchè lo spettatore senta lo scatto emotivo che lo rapisca. Schnabel lavora nella direzione opposta rispetto a quella intrapresa ne Lo Scafandro e La Farfalla, complesso, emotivo, lirico. E la sensazione è che solo la ricchezza pittorica della fotografia vale una competizione cinematografica, il resto rimane in sordina.


Ci si sente sempre in colpa quando si sente una storia come quella di Miral. Si ascolta, o si osserva da una distanza di sicurezza la testimonianza di vite che sembrano appartenere ad un universo distante dal nostro. Indipendentemente dal valore di Miral in quanto film, la storia narrata è reale, e il senso di colpa sta nel pensare di essere stati graziati dalla vita, non riuscendo a comprendere del tutto il grado di sofferenza che un altro essere umano può provare.
Ma Miral è soprattutto una bambina che guarda il mondo con gli occhi che brillano ed ama suo padre più di chiunque altro. Forse il regista avrebbe dovuto lasciar emergere l'ingenuità e la speranza in modo più violento nel suo racconto, ma a restare impresso di questo film è il seppur debole ricordo di una bambina che compra i dolci al mercato con lo stesso entusiasmo di qualsiasi altro bambino.

Sarà azzardato l'accostamento che sto per fare, ma la ricetta che vado a proporre ha a che fare con la gioia che accomuna tutti i bambini, una gioia che si espone e poi si brucia, una gioia che si prova solo da piccoli e che resta intrappolata in un velo di nostalgia per tutto il resto della vita.

La mia generazione ha vissuto in gran parte di cartoni animati giapponesi e merendine kinder, concesse o negate da genitori preoccupati dai conservanti e dai grassi vegetali. Ma mai negate del tutto. La Ricetta di oggi è
KINDER DELICE
240 gr. di farina,

280 gr. di zucchero,
4 uova,7 cucchiai di latte,7 cucchiai di olio,un pizzico di sale,200 gr. di cioccolato fondente, 1 bustina di lievito per dolci.
Per la farcitura:
Nutella q.b,
3 tuorli, 200 gr di burro,140 gr di zucchero a velo Per la copertura:
250 gr. di cioccolato fondente,
100 gr. di panna per dolci.
Sbattete in una ciotola i tuorli con lo zucchero, aggiungete il cioccolato precedentemente fatto sciogliere a bagnomaria, l'olio, il latte, il sale e la farina unita al lievito, alternandola con i bianchi dell'uovo montati a neve. Imburrate e infarinate una teglia rettangolare e cuocete l'impasto a 180° fino a che lo stuzzicadente viene fuori asciutto. Preparate intanto la crema al burro: montate il burro con 100 g di zucchero a velo fino a farlo diventare ben spumoso. Montate a crema i tuorli con il restante zucchero ed incorporate il composto ottenuto al preparato di burro. Amalgamate bene finchè la crema al burro sarà liscia ed omogenea. Quando la torta sarà fredda, tagliarla a metà, farcitela con abbondante nutella e uno strato sottile di crema al burro e richiudetela. Tagliatela a rettangolini (5per 15). Sciogliete il cioccolato a bagnomaria con la panna. Lasciatelo intiepidire. Disponete i rettangolini sulla grata del forno poggiata sulla teglia e rovesciatevi sopra il cioccolato in modo da ricoprirli bene. Il cioccolato che cola si raccoglierà nella teglia, in caso di necessità si potrà riutilizzare. Preparate le kinder delice.

Ricetta concessa da http://www.ricettemania.it

lunedì 13 settembre 2010

VENEZIA 67. Intro e Black Swan

In ritardo rispetto al resto del mondo, lancio nell'universo del web il mio modesto contributo sulla 67esima Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia.
Come ogni anno il Lido si è illuminato di glamour e flash fotografici, in barba al cattivo tempo. Ma a dare un ulteriore contributo all'euforia generale è intervenuta l'eccentrica presenza di Quentin Tarantino, in veste formale presidente di giuria, quotidianamente entusiasta spettatore in Sala Grande.
Che dire prima di passare alle recensioni?!? Guardare BALADA TRISTE DE TROMPETA (A. deLa Iglesia) accanto a Quentin Tarantino che ride a squarciagola e scalpita sulla sua poltroncina, non ha prezzo.



BLACK SWAN
Nina (Natalie Portman) sogna di diventare prima ballerina del corpo di ballo nel teatro in cui lavora. L'occasione le si presenta quando il direttore Thomas Leroy (Vincent Cassel) decide di mettere in scena una nuova versione de Il Lago dei Cigni. La ragazza dovrà affrontare se stessa e la rivalità nascente con la controversa Lily (Mila Kunis).
Un thriller psicologico e perturbante che mette in scena la parte più oscura dell'animo umano.

Darren Aronofsky è un fine narratore dell'universo delle pulsioni umane. Prima tra tutte la passione, espressa nelle svariate forme dell'ambizione e del desiderio. Black Swan dialoga con i primi lavori del regista, recuperando quella libertà espressiva che aveva fatto di the Fountain un'opera troppo artificiosa, e dei precedenti Requiem for a Dream e PI, il Teorema del Delirio, raffinati incubi esistenziali.
Se The Wrestler (che aveva commosso il Lido di Venezia nel 2008) era forgiato in una forma che ben concertava l'irrequietezza di una macchina da presa incollata al volto di Randy The Ram/ Mickey Rourke e la rinuncia a qualsiasi effetto speciale orrorifico, tanto caro al regista; Black Swan si libera dall'ansia di non deludere le aspettative e dà sfogo a tutta la creativa genuinità che Darren Aronofsky potesse investire.

La macchina da presa indaga il volto di Natalie Portman registrandone ogni cedimento, ogni imbarazzo, ogni sussulto. Elegante Cigno Bianco alla ricerca della perfezione, statuaria e controllata in ogni istante, anche quando piange o sembra guardarsi intorno spaesata. Impenetrabile e perfetta, Nina non sembra essere adatta al ruolo della Regina dei Cigni, perchè in lei non alberga alcuna forma d'istinto apparente, alcuna pulsione che non possa essere sedata. Solo il direttore del teatro riesce a scorgerne un bagliore, ed è l'inizio della tragedia di Nina.

La musica di Tchaikovsky tormenta l'intero evolversi del film. Le due fanciulle-cigno del balletto, Odette e Odile, si incarnano nelle fantasie della protagonista, in lotta con la parte oscura di sé. Alimentata e segregata da una madre frustrata ed ossessiva (Barbara Hershey), l'anima nera di Nina si abbatte sul corpo flagellandolo di continuo. E se la Regina dei Cigni cerca la morte perchè il principe Sigfried è innamorato della sua sosia, l'ossessione di Nina è che Thomas ami Lily, passionale diabolica imperfetta.
A pulsare sotto le note del film è il secolare conflitto che alberga nell'animo dell'artista. Lo scontro perenne tra l'artificio della tecnica e la spiritualità violenta del genio creativo. Un dramma avvolgente, epidermico, adrenalinico, affascinante.
Se il tema del doppio non risulta originale, a sconvolgere ogni aspettativa ci sono i volti demoniaci in cui Darren Aronofsky trasforma un cast eccezionale (ai già citati va aggiunta Winona Ryder nel ruolo di Beth) e la sensazione, usciti dalla sala cinematografica, di aver vissuto davvero quell'incubo.
RICETTA
Due settimane a Venezia, per chi c'è stato in occasione della mostra del cinema, significano panini costosissimi (come ha ricordato anche Isabella Ragonese durante la cerimonia d'apertura) e cibo poco attraente. Purtroppo non si vive di solo cinema e la nostalgia di un piatto cucinato in casa ha dominato negli ultimi giorni. Ma ora sono tornata e, aspettando l'uscita di Black Swan nelle sale italiane, non resta che prepararsi gastronomicamente allo sconvolgimento dei sensi che potrebbe provocare.
Ecco un dessert caldo, un soufflè con l'anima nera di cioccolato contrastato dalla delicatezza dello zabaione, primo malinconico addio all'estate che svanisce e saluto all'autunno che avanza.
Soufflè caldo al cioccolato e zabaione
  1. 3 cucchiai di fecola
  2. 60g di zucchero di canna, più altro per spolverizzare
  3. 250 ml di latte
  4. 4 uova, tuorli e albumi separati
  5. burro per lo stampo
  6. zucchero a velo
  7. 120 g di cioccolato fondente a pezzetti
per lo zabaione
  1. 2 uova
  2. 3 tuorli
  3. 90g di zucchero
  4. 4 cucchiai di caffè solubile
  5. 2 cucchiai di brandy
Per il soufflè, mettete la maizena in una ciotola. Unite poco latte e mescolate. versate il latte restante in una casseruola a cui unirete il cioccolato. Scaldate a fuoco lento e, una volta sciolto del tutto, unite alla maizena. Riversate nella casseruola, portate a bollore e cuocete per un minuto. Togliete dal fuoco e incorporate un tuorlo alla volta, coprite e fate intiepidire. Montate gli albumi a neve in una ciotola ed unite gradualmente lo zucchero finchè il composto non sarà sodo ma non asciutto. Unite un poco della meringa nel composto di cioccolato, aggiungete delicatamente tutto il resto. Versate in uno stampo da soufflè da 1 litro imburrato e spolverizzato con zucchero di canna e cuocete in forno preriscaldato a 190° per 40 minuti. Quando il soufflè è quasi pronto preparate lo zabaione. Mescolate tutti gli ingredienti, cuocete a fuoco lento mescolando continuamente finchè il composto non sarà denso e leggero. Servite con il soufflè spolverizzato con lo zucchero a velo.

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