lunedì 12 dicembre 2011

MIDNIGHT IN PARIS (W.Allen, 2011)

Gil (Owen Wilson) è uno scrittore newyorkese in vacanza con la fidanzata (Rachel McAdams) a Parigi. Sogna di trasferirsi nella capitale francese con lei, che però ha già deciso di vivere a Malibu dopo il matrimonio. Tra eventi mondani, cene organizzate dai suoceri e visite guidate in compagnia di amici pedanti, Gil non riesce a vivere appieno la città. Una sera, però, intraprende una passeggiata solitaria per le strade parigine, credendo di essersi perso, allo scoccare della mezzanotte, accetta l'invito di un gruppo di persone a salire su un'auto d'epoca. Sarà il primo appuntamento di un viaggio fantastico.

Gil è l'intellettuale rassegnato alla normalità della vita, l'artista che si sottomette al tedio quotidiano e smette di sognare. Per Gertrude Stein (incontrata insieme ad altre insolite personalità come Francis Scott Fitzgerald ed Ernest Hemingway) la realtà, di cui lui narra nel manoscritto chele mostra, è fantascientifica non per l'ambientazione "futuristica" quanto per la rassegnazione che lo scrittore manifesta. Compito dell'artista è la ricerca dell'alternativa. E così Woody Allen, oramai artista maturo, mette da parte le nevrosi, si tira fuori dai giochi (quantomeno dall'interpretazione diretta) e cerca l'alternativa. Si abbandona alle storie sognanti delle capitali europee, fa rivivere i suoi idoli e li canzona anche, mentre dei tratti tipicamente ansiosi delle pellicole precedenti, Gil conserva ben poco (solo qualche accenno all'uso di valium).  

Midnight in Paris è un delizioso gioco di nostalgia, che lancia un'occhiata ai tempi cupi della contemporaneità, e allo stesso tempo ammette che guardando indietro si vedrà sempre qualcosa di meglio. Il disagio del vivere quotidiano è un sentimento antico, ma gli artisti soltanto lo possono addolcire. Di ognuno dei personaggi Allen ne fa una musa. La musica, la pittura, la letteratura, la moda si declinano in diversi modi. Dal ricordo della grazia fugace e prematuramente scomparsa di Modigliani, alla bizarria di Dalì (Adrien Brody); dall'occhio attento di Man Ray all'astrusa genialità di Buñuel; dalla forte personalità organizzativa di Gertrude Stein (Kathy Bates) alla dolcezza della musa per eccellenza Adriana (Marion Cotillard).

C'è da aspettarsi che il disorientamento che si prova guardando i primi minuti della pellicola sia voluto,che l'atmosfera evocata avesse l'intento di rendere lo spettatore incerto sulla reazione da abbinare alla vicenda. Perchè da un lato Allen esalta il necessario ricorso alla fantasia come motore del vivere, dall'altro dimostra che il ritorno alla normalità è necessario. Normalità, sì, ma a patto che le fughe, seppur momentanee, continuino ad esserci. Ed è lui stesso a dimostrarcelo, girando un nuovo film ogni anno in una nuova città pur restando sempre un newyorkese in trasferta. Ma, al di là di se stesso, dietro Woody Allen, c'è un altro artista, c'è un regista. Con una leggerezza quasi commovente, ci ricorda qual è il ruolo di un'opera, donandoci la levità estatica che l'aver vissuto smarriti in un sogno d'arte provoca. Unito ad una fotografia "jazz" (mi si perdoni il termine) il trucco è perfetto; che il suo alter ego dialoghi con gli immortali dell'arte, poi, è un esempio di ironica autocelebrazione, ed è proprio questo che ci piace del caro vecchio Woody.

RICETTA
Questa volta mi perdonerete se l'abbinamento è un tripudio della banalità. I francesi hanno un grande dono: difendono a spada tratta ogni cosa che gli appartenga, ma soprattutto la fanno così complicata che solo un fine cultore ed appassionato devoto possa avvicinarsi a carpirne i segreti. I piatti francesi -nostri acerrimi nemici nella contesa del primato mondiale in cucina- sono spesso delle squisitezze di difficile realizzazione. Perciò, la soluzione al problema che mi autoimpongo da tempo ormai è copiare e incollare la semplicissima ricetta della Quiche Lorraine che qui si afferma essere l'originale:

QUICHE LORRAINE
per la pasta brisée:
300 g di farina
 pizzico di sale 
150 g di burro ben freddo e a cubetti 
50-100 ml di acqua ben fredda
per il ripieno: 
2 uova e 2 tuorli 
4 cucchiai da minestra di emmenthal grattugiato 
sale e pepe q.b. 
400 ml di latte 
100 g di pancetta affumicata tagliata a dadi 
1 cipollotto tagliato a fettine sottili

Per prima cosa preparate la pasta briseè mettendo la farina in una ciotola, aggiungendo poi il burro tagliato a pezzetti e il sale. Mescolate bene con le mani in modo che il burro e la farina si amalgamino bene formando come delle briciole di pane. A questo punto aggiungete l’acqua e, con l’aiuto di una spatola di metallo, impastate accuratamente il tutto. Dovrete ottenere una pasta di giusta consistenza, né troppo dura né troppo molle. Fatene una palla e lasciatela riposare in frigorifero per almeno un’ora. Passato questo tempo, mettetela su di un piano infarinato, schiacciatela con il palmo della mano, infarinate la sua superficie, stendetela all’altezza di 1/2 cm con l’aiuto di un mattarello e foderate una pirofila del diametro di 26 cm coprendo anche i bordi. Se invece avete fretta, usate un rotolo di pasta briseé pronta per l'uso. In entrambi i casi sul fondo metterete l’emmental e poi i cubetti della pancetta che avrete cotto con la cipolla e per ultimo le uova frullate con il latte, sale e pepe. Infornate a 180 gradi per 45 minuti circa. E’ ottima sia mangiata calda che fredda.

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