domenica 13 giugno 2010

CINEPANETTONI E WOODY ALLEN

Avete ancora del panettone sopravvissuto al Natale che sta per scadere? Benissimo, prendetelo e tenetelo da parte finchè non avrete acquistato gli altri ingredienti che vi vado ad elencare.

BURRO
CANNELLA
800ml DI LATTE

LA BUCCIA GRATTUGGIATA DI UN LIMONE
1 BICCHIERINO DI MARSALA
1 BICCHIERINO DI RUM
4 UOVA
120g DI ZUCCHERO
1 BUSTINA DI VANILLINA
PANETTONE DA 300g

Tagliate il panettone a fette sottili, irroratelo con rum e marsala, coprite e lasciate riposare per 15 minuti coperto da pellicola trasparente. Intanto fate bollire il latte, aggiungete la buccia del limone ed un cucchiaino di cannella. Lasciate intiepidire. Filtratelo con un colino. Separate i tuorli dagli albumi. Montate i tuorli con lo zucchero ed aggiungeteli alla crema di latte. Aggiungete il panettone sbriciolato e gli albumi montati a neve ben ferma, mescolando dal basso verso l'alto con un cucchiaio di legno per non smontarli. Versate in un recipiente da budino imburrato e cuocete a bagnomaria in forno a 200 gradi per 40 minuti. Toglietelo quando si sarà dorato e sformatelo su un piatto da portata quando si sarà raffreddato. Decorate con panna montata e cioccolato fuso.


Il problema del cinema arriva fatalmente a duplicarsi in un problema di teoria del cinema, e noi non possiamo prelevare conosc
enza se non da quello che siamo (quello che siamo in quanto persone, quello che siamo in quanto cultura e società); come nelle lotte politiche dove le nostre sole armi sono quelle dell'avversario; come in antropologia, dove la nostra sola fonte è l'indigeno; come nella cura analitica, dove il nostro solo sapere è quello dell'analizzato, che è anche l'analizzante (...) E' solo il rovesciamento che definisce la presa di posizione da cui si inaugura la conoscenza.

C. Metz Cinema e Psicanalisi, 1977

Il cinema agisce in una sorta di circuito e, sebbene Metz sia ritenuto alquanto obsoleto, credo di poter dire con certezza che alcuni concetti siano da tenere in considerazione. Ancora oggi ci si interroga sulla figura del critico cinematografico, ma il suo ruolo è notevolmente cambiato. Quando Metz afferma che la macchina esterna (il cinema come industria) e la macchina interna ( la psicologia dello spettatore) non sono soltanto in rapporto di metafora (...) ma anche in un rapporto di metonimia e di complementarietà segmentale: la "voglia di andare al cinema" è una sorta di riflesso confezionato dall'industria del film; allora ci si domanda se il critico sia chi recensisce i film. Se il critico distingua il film bello dal film brutto; se il critico sia quel tipo snob e spocchioso che si interroga fino all'esasperazione sul modo di gettar fango sul lavoro di qualcuno o esaltare quello di qualcun altro. Se un film "commerciale" possa essere recensito dalla critica oppure no.

In effetti se consideriamo la macchina cinema in Italia, il primo punto focale del discorso è orientato al ruolo dei Vanzina nel panorama critico. Un critico titolato, andrebbe a guardare il nuovo cine-panettone senza pregiudizio alcuno per poi recensirlo con serio e professionale distacco? Se così fosse allora il circuito intimo e collettivo di cui sopra non darebbe adito a dubbi. Il cine-panettone è campione d'incassi, dunque, merita le considerazioni della critica?
Un critico dovrebbe guardare ogni opera cinematografica, ma il cine-panettone ... resta uno dei più pressanti enigmi.
Queste considerazioni, forse anacronistiche (siamo ben lontani dal periodo natalizio) nascono da giorni di elucubrazioni mentali dopo aver rivisto Hollywood Ending (W.Allen, 2002).

Breve excursus sinottico:
Val Waxman (W. Allen) è un regista ormai in declino. Vive con un'attricetta di teatro (D. Messing) e sebbene vanti un glorioso passato artistico, è ridotto a girare infimi spot pubblicitari facendosi licenziare ogni volta. Un giorno gli viene proposta la regia di un importante film. Raccomandato dall'ex moglie (T.Leoni) ora compagna di un noto produttore, ad inizio riprese, Val piomba in uno stato di cecità psicosomatica. Saranno il suo agente e l'ex moglie ad aiutarlo nelle riprese celando agli altri il segreto per evitargli l'ennesimo fallimento.

Woody Allen mette ancora in scena le sue nevrosi. Sebbene il risultato non sia brillante come in altri casi, ad emergere è una divertente messa in dubbio di sé. Val è una "vecchia gloria" accantonata dal mercato nel momento in cui ciò che per lui era una ricercata autorialità stilistica, per produttori e distributori era l'ostico frutto di chi comincia a credere troppo nel proprio pregio.
La nuova occasione per emergere diventa un incubo sorretto dalla cecità.
Un regista cieco che gira un film. Ad un certo punto del film dice: Anche Beethoven era sordo.
Tornando alle considerazioni di prima, un regista che crede a tal punto in sé da paragonarsi a Beethoven dimenticando il pubblico che lo attende al di là dello schermo, è un regista cieco?
Tuttavia, quando la disfatta professionale di Val è ormai certa, la situazione si risolleva poiché in Francia il film da lui girato (interamente sfuocato, montato in modo incongruente, recitato malissimo) ha un enorme successo. E qui entra in ballo il critico. La "Francia cinematografica" è la Francia della nouvelle vague quindi della decostruzione del linguaggio classico, in altre parole della novità (sebbene si tratti di più di quarant'anni fa) e, per forza di cose, del disorientamento. Il critico francese, dunque, è nell'immaginario comune quello che accantona le convenzioni in favore di forme disarticolate e spaesanti.

Il critico francese prenderebbe in considerazione i Vanzina? Probabilmente no. A meno che le travagliate vicende e gli incastri amorosi dei protagonisti sessuomani non prendessero strade intricate ed ancora incerte nel finale. Ed il pubblico, andrebbe ugualmente al cinema? Probabilmente no. La risata puerile, unico moto di spirito pienamente rispettato a Natale, ne risulterebbe offesa. Conclusioni? Il critico continua a scrivere brevissime recensioni e trame dei film, mentre l'industria prova a sorprendere le aspettative del suo pubblico giocando favorevolmente ai suoi gusti. La critica non deve dare giudizi, ma arricchire questo circuito che Metz ci ha segnalato. Intanto, se il cinema nasce per mano nostra e noi siamo arricchiti dall'esperienza cinematografica, non ci saranno mai film brutti e film belli. Solo varie sfumature del nostro "reale immaginario".


Per la ricetta si ringrazia www.giallozafferano.it

2 commenti:

  1. Non ci saranno mai film brutti?! Su www.filmbrutti.com sono recensiti film che non piacciono neanche a chi li guarda! Eh!

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