giovedì 21 ottobre 2010

IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI ( J. J. Campanella, 2009)

Benjamìn Esposito (Ricardo Darìn), vice cancelliere presso il tribunale di Buenos Aires, ormai in pensione decide di riscrivere sotto forma di romanzo un caso di omicidio avvenuto diversi anni prima. Ripercorre così la vicenda, riportando alla memoria i dialoghi col marito della vittima (Pablo Rago), la ricerca dell'assassino e, non ultimo, il suo amore mai dichiarato per Irene (Soledad Villamil), il suo capo.

Benjamìn scrive per salvaguardare la memoria. Ma non racconta la Storia, quella con la maiuscola, ma una storia che ha segnato la sua vita. Il desiderio di raccontarla ha a che fare con il riprendere le redini di una situazione che mentre veniva vissuta non aveva punti da mettere a fuoco. Benjamìn affonda nelle tracce di questa storia per ricostruire la sua. Non indaga sulle vicende che in quegli anni portavano l'Argentina al massacro, ma si limita a dire, inerme, Povero Pablo. E intanto cerca la giustizia che non ha potuto afferrare in quella piccola storia di amore e morte. Si può salvare una parte del passato se si restituisce spessore e giustizia ad un evento passato in sordina. E intanto, per lui, ritrova spessore anche tutto il "non detto"di quegli anni. L'amore impossibile per il capo, la morte di un amico al posto sbagliato nel momento sbagliato, l'esilio. Tutto è romanzato dai suoi occhi.

Campanella gioca ad incastro. Porta lo sguardo sempre più a fondo in un intreccio di rimandi che formano una matrioska di storie e ambienti. E più ci si addentra, più si perde di vista ciò che sta al di fuori, il contorno.  Le inquadrature raccolgono i personaggi al loro interno, nella quasi totale assenza di un controcampo. Lo sguardo della macchina da presa è sempre regolato e presente, quasi presuntuoso nel voler raccogliere tutti dentro di sé, espandendosi a dismisura nello splendido artificio del piano-sequenza allo stadio. Ambienti controllati dallo sguardo, dunque, e l'ambiente ultimo non è la cella, dai contorni sfuocati e lo sguardo costretto ad errare tra le sbarre, ma la porta chiusa. Ultimo conto da pagare alla memoria.

Pochi tratti per delineare i personaggi e tutto il resto di loro è ancora sguardo. Lo sguardo dello spettatore, lo sguardo di Benjamìn su Irene, lo sguardo di Isidoro su Liliana, lo sguardo insolitamente lucido di Pablo. Il contrappunto tra la visione narrata e la narrazione sospesa tra le pieghe della storia deflagra nell'ultimo incontro tra Esposito e Morales. Non si può chiedere il conto alla storia, ma solo a se stessi.

RICETTA
Il Segreto dei Suoi Occhi, come già il titolo lascia intendere, narra una storia molto intima. E l'intimità è fatta di sguardi celati, parole non dette, ed una regia in questo caso delicata che stenta a denunciare la propria presenza. Una ricetta adatta dovrebbe inserirsi in sensazioni simili, ma senza farsi notare, rispettando le solitudini che si sfiorano sullo schermo senza disturbare. Voi mi direte che sto dicendo una marea di cavolate?!? Invece no, mi sto solo complicando la vita.
Qualcosa di soffice, dal sapore poco deciso, che sembri un dolce ma che non sia dolce....
PANE SOFFICE DI ZUCCA
500g di zucca gialla lavata e tagliata a quadratini
550g di farina 00
1 bustina di lievito per panificazione in polvere
100g di zucchero
1 cucchiaino di sale
150 ml di latte tiepido
1 uovo
Cuocete la zucca in acqua salata per 10 minuti. Lasciatela raffreddare, scolatela e passatela al passaverdure. Setacciate la farina e il lievito in una ciotola grande. Al centro versate zucchero, sale e passato di zucca. Cominciate ad impastare aggiungendo gradatamente il latte. Lavorate per almeno 10 minuti, sbattete l'impasto sul tavolo così che liberi il glutine. Formate un panetto e mettete a lievitare in un luogo tiepido e asciutto e coperto da un canovaccio umido per circa un'ora. Dopodichè dividete l'impasto in due filoni, poneteli su una teglia infarinata ed incidete la superficie. Lasciate lievitare per altri 15-20 minuti. Spennellate con l'uovo sbattuto, riscaldate il forno a 200° e cuocete per circa 30 minuti. Nel forno mettete una ciotola piena d'acqua. Lasciate raffreddare e servite.

7 commenti:

  1. Anzitutto spero che hai visto il film sottotitolato. la voce di Ricardo Darin è meravigliosa, indistricabile dal personaggio . Il doppiatore italiano, non per sua deficienza ma per perfezione dell'attore, sminuisce di molto il sottofondo melanconico che dagli occhi di Esposito passa alle rughe e s'intreccia alle modulazioni del timbro.
    Dopo questo, la mia ignoranza non mi permette se non di dire quello che io ho sentito di fronte al film, che non sono sensazioni univoche, ma, come in ogni riproduzione che si rispetti (Austin Powers ti insegna,a me no), si muovono e cambiano.
    Allora cercherò di essere breve: penso che la storia dell'assassinio sia solo una scusa. Ho creduto sempre che il passato sia stato un protagonista, ma inscindibile dall'amore, quello assoluto, che non si può tradire, che ci tradisce nei nostri atti.
    La chisura della porta è la chiave, sono d'accordo. Risanate le lacerazioni del passato (un passato maledettamente presente, il cui peso di piombo era il sottofondo mormorante del libro che stavo leggendo quando ho visto il film, un passato che non si può seppellire in una buca nel deserto)non c'è spazio per nient'altro.
    Certo, le due storie, quella personale di Irene e Benjamin e quella della vendetta postuma del marito gabbato da una giustizia corrotta (bisogna forse ricordare che l'emigrazione italiana ha segnato demograficmaente in maniera decisiva le sorti dell'Argentina alla fine del secolo XIX?), condividono il tema dell'amore assoluto, di per sé insufficiente a rendere avvincente una storia da portare al cinema.
    La credibilità e la piazcevolezza del film però, risiede proprio nel suo inoltrarsi sempre più in profondità: il contesto non serve se non nella misura in cui impedisce, con le sue storture ed imposizioni esterne, di vivere per la verità, per la giustizia e infine, torno a dirlo, per l'amore. Che può manifestarsi nel culto della moglie morta o nell'inizio di una storia che travalica le barriere sociali.
    Fuggire dal passato è una bugia, una menzogna. Neppure la scrittura può essere sufficiente a superare i salti nel vuoto di quello che non può più tornare. Infatti anche nel film la scrittura è una scusa, una bugia, un'autoanalisi imposta dall'incapacità di sopportare un peso che vive di rimorsi.
    La disillusione delle persone in uno Stato che rende più difficile,quasi impossibile, la realizzazione moralmente fedele e soggettivamente soddisfacente dei propri desideri è quella che viviamo anche oggi. Ed è un forte aggravio a quelle zavorre che dovremmo buttare per sollevarci dove l'ossigeno scarseggia o tenere con noi se vogliamo planare nelle tranquillità delle quote più basse.

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  2. Purtroppo ho visto il film doppiato. Una sola sala continua a proiettarlo, nonostante sia uscito la scorsa estate, ed è doppiato. Tuttavia attendo il DVD per poterlo vedere al più presto in lingua originale. Mi ero già posta il problema perchè, in particolar modo con i film spagnoli, ma anche con quelli francesi, ho sempre l'impressione che il doppiaggio italiano conferisca un nonsochè di ridicolo all'interpretazione. Evidentemente perchè la gestualità "latina" è assai più spiccata di quella anglosassone. Di conseguenza, una dizione perfetta ben si unisce alla misura e compostezza dell'attore statunitense o inglese, o giapponese (ecc...) ma stride con l'espressività potente di uno spagnolo, francese, turco anche... Sto mettendo troppa carne al fuoco, ma spero di essermi spiegata.
    Appena uscita dal cinema, tornando alla concretezza, mi ponevo diverse domande circa le differenze con il libro. In un primo momento ho sentito la mancanza di tutta la muta sofferenza che Morales esprimeva nel libro; ho sentito meno influente l'amore di Esposito per Irene; meno intenso Pablo. Solo dopo alcuni giorni ( e sono un pò tarda) ho capito. Ho capito che, se nel libro è molto più "visibile" l'ombra scura della storia, il peso della corruzione e della violenza mediato da Romano (così si chiama quello corrotto, vero?!?) il film non aveva bisogno di essere tanto didascalico. Che tutto ciò che il libro intensifica, il film lo ripulisce e consegna allo sguardo. Lo rende molto più intimo, e solo uno spettatore che ne faccia proprie le immagini può entrare in quella profondità di cui parlavamo. Un altro può scegliere la superficie, ma ciò non significa che l'uno abbia ragione e l'altro no. E voglio vederlo ancora perchè dell'altro ne verrà fuori. Magari lo guardiamo insieme... :-)
    Un bacio
    Teresa

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  3. "Austin Powers ti insegna,a me no"
    Evidentemente perchè tu, a differenza di Teresa, l'hai visto una volta sola! Per ora...

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  4. Più lo guardo e più mi sembra bello...Austin Powers ovviamente! ahahahah...

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  5. Evidentemente avrò un gusto estetico contorto...oppure per casa mi gira uno rispetto al quale austin powers è padre pio (no, cazzo! anche quello ha tanti fan!).

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  6. E' un film un po' troppo "normalizzato" rispetto ai canoni di un paese culturalmente ricco come l'Argentina.
    Detto questo, rimane forse produttiva l'idea archivistica di fondo, in cui Storia e memoria, vicende pubbliche e private, dialogano in modo costante. Ci sono spunti interessanti qua e là (come il reclutamento da parte della giunta militare di esecutori tra le file degli ultras calcistici), però la vicenda che fa da perno, la storia sentimentale del protagonista, occupa forse un po' troppo campo... Rimane interessante la giuntura tra i meccanismi del film di genere e le vicende della Storia più recente e drammatica di un paese.

    Gabriele Biotti

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  7. Sicuramente. Uscendo dal cinema ho avuto non pochi dubbi, che ho risolto nella sensazione positiva lasciatami, in fin dei conti, dal film. L'aver letto il libro ha un pò depistato la mia attenzione in alcuni momenti (ci sono sensibili differenze nel trattamento e nelle dinamiche della vicenda stessa). Sono d'accordo sulla "normalizzazione" forse un pò forzata (d'altronde, se così non fosse stato, sarebbe uscito in sordina dalla competizione agli Oscar) ma, tuttavia, avrei preferito una maggior profondità proprio nel trattamento della storia sentimentale e nel delineare il personaggio di Morales.
    Forse non c'entra granchè in questo commento ma, sul trattamento della Storia e della memoria, vorrei segnalare un film sconvolgente che ho avuto modo di vedere a Venezia67. POST MORTEM di P.Larrain (2010). Lo segnalo così che, se dovesse uscire nelle sale -spero al più presto- mi piacerebbe discuterne. La materia di fondo è il golpe in Cile, e trasmette una profonda sensazione di orrore, e la cosa agghiacciante è che tutto avviene in modo naturale e silenzioso quasi. Attendo la distribuzione, pur temendo di vederla mai.

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