lunedì 17 maggio 2010

Lourdes



Christine, giovane donna costretta sulla sedia a rotelle, partecipa ad un pellegrinaggio a Lourdes. Parla poco ma sorride spesso. Prima che termini il suo soggiorno, riacquista l’uso degli arti. Di nuovo in grado di camminare ma incerta su quanto ancora accadrà, vive con compostezza l’evento.
Lourdes ( J. Hausner,2009) descrive il “popolo dei credenti” che si muove attorno a Christine come una piccola società. Ognuno mosso dalle proprie motivazioni, quasi tutti rinchiusi nel proprio individualismo e solitudine, partecipa ad una gara a mettersi in mostra, anche di fronte a Dio. Non c’è un cammino verso la luce ma un’arrampicata sociale quasi che Dio non fosse altri che il fantozziano direttore megagalattico cui doversi presentare in tempo per essere graziati. La benedizione si richiede per alzata di mano, il prete dispensa vacui messaggi di speranza. Così il miracolato suscita le invidie degli ancora invalidi, attrazione nel sex symbol di turno. Il miracolato è il manifestarsi del desiderio incarnato ma, come una moda qualunque, nella scala di valori della combriccola occupa il primo posto solo per poco. Presto cede il passo all’attesa di nuovi eventi. Diventato fenomeno, massimo punto di arrivo per ogni aspettativa, deve crollare per rinnovarsi. Consolidarsi vorrebbe dire un’altra noiosa normalità.

I giochi simmetrici delle inquadrature, l’immagine pulita, la ieratica ritualità concorrono a delineare un universo ristretto ed organizzato, dove un evento a sorpresa genera il concatenarsi di reazioni tuttavia prevedibili e scontate.
Dietro tutto ciò, la fede. Cosa sia la fede, inutile chiederlo. Quale sia il rapporto con la fede. E’ un’altra domanda. Solo l’anziana silenziosa compagna di stanza di Christine sembra credere nella possibilità che l’atteso evento si manifesti. Quasi un angelo custode, la donna si prende cura di lei. Gli altri sono a Lourdes perchè sperano in un conforto che li faccia sentire meno soli. Supplicano ossessivamente Dio affinché gli dimostri la propria esistenza. Improvvisano lezioni impossibili da accettare, impossibili da confutare.
E poi c’è il volto della bravissima Sylvie Testud, intrappolato nel tentativo di mostrarsi partecipe, in lotta contro la commiserazione.
In ultimo ci siamo noi, in attesa di sapere cosa accadrà domani.

Abbinare una ricetta ad un film di per sé difficile da commentare mi fa pensare alla proverbiale zappa sui piedi. Tuttavia, non sentendomi investita da santità, il problema persiste. Faccio appello ai ricordi e mi viene in mente di quella volta che, da bambina, dovetti bere l'acqua portata da Lourdes da una zia. Essendo estate piena ed avendo la bottiglietta a forma di "madonnina" percorso un lungo viaggio, l'acqua era decisamente troppo calda. Ricordo che non bevvi acqua fresca per non offendere chi mi aveva porto quel santo dono.
Il problema persiste. Dei biscotti a forma di "madonnine" mi sembrano un pò kitsch. Allora propongo un dolce legato a qualche festività sacra. Il panettone è troppo "nazionale" per interpretare la mia personale esperienza di Lourdes (il film, ed anche mia zia con la bottiglietta). La ricetta che ho in mente è quella della cuzzòla, ai più conosciuta come cuzzupa calabrese.
INGREDIENTI
6 uova
500 gr zucchero
125 ml di latte
250 ml d’olio
1 kg di farina circa
2 e 1/2 bustine di lievito
2 scorze di limone grattugiate
Impastate le uova con lo zucchero in una ciotola, poi aggiungete la scorza di limone grattugiata il latte e l’olio. In una ciotola a parte setacciate insieme il lievito e la farina e gradualmente incorporateli agli altri ingredienti, si procede in questo modo per far venire il composto morbido ma non duro, se il composto richiede più farina potete aggiungerla tranquillamente, ovviamente la resa della farina e delle uova non è mai universale quindi bisogna adattarsi un po’. Fate dei filoncini di impasto e sigillate le estremità. Spennellate con l’uovo sbattuto con un po’ di zucchero e infornate a 200°C per 35 minuti. L'immagine proposta riporta un uovo sodo incastonato che si può scegliere di non mettere. A seconda della zona di provenienza della ricetta, la cuzzòla ha forme e nomi diversi. Sarebbe divertente farne una ricerca.

2 commenti:

  1. meglio l'acqua calda ma miracolosa che l'acqua del rubinetto dentro la madonnina che mia zia pippina spacciava per quella originale...che triste infanzia ho avuto...

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  2. Ah!Ah!Evviva zia Pippina!!!Certo, mi è difficile capire il motivo per cui abbia fatto una cosa del genere...ma è una grande lo stesso!

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