martedì 13 febbraio 2018

A CASA TUTTI BENE (G. Muccino, 2018)


Già nell'assai discussa locandina il cielo cupo incombeva come presagio di sventura sui volti allegri dei protagonisti. A Casa Tutti Bene racconta di una famiglia che si ritrova a festeggiare le nozze d'oro dei genitori nella casa in cui si sono ritirati a trascorrere la vecchiaia. Un'improvvisa mareggiata impedisce agli ospiti di ripartire, costringendoli ad una convivenza prolungata e forzata che sarà motivo di risveglio per vecchi rancori e conti in sospeso.


Tutte le famiglie felici si somigliano, ma le famiglie infelici lo sono ognuna a suo modo recitava Tolstoj in Anna Karenina, e qui gli potrebbe fare da eco Stefania Sandrelli che in una battuta del film risponde al figlio che "non esistono vite normali". Eppure le famiglie infelici di Muccino si somigliano tutte e sono qui orchestrate in un carosello di tipi umani esibiti come in un circo di parenti. C'è l'isterica gelosa, il fallito, il traditore, la casalinga disperata, il malato, l'adolescente irrequieta, la divorziata, il ribelle e molti altri.

Il ritorno in patria del regista sceglie un luogo del cuore del cinema - tra i film girati sull'isola, il Corsaro dell'Isola Verde 1952 e Il talento di Mr. Ripley  1988 - che qui diventa rifugio della terza età
per due coniugi in cerca di serenità. Ischia, l'isola di tanto cinema è qui un luogo magico, un luogo infantile e caro che non ha bisogno di essere nominato poiché riconoscibile al cuore prima che alla ragione. Un luogo che da porto sicuro diventa gabbia, in cui lo sfogo delle emozioni sfiora la brutalità e bestialità, a volte finanche gratuite.



Pianisequenza e riprese vorticose sono il tratto distintivo del regista che qui sembra voler portare al culmine il suo cinema durato vent'anni, e per farlo organizza una rimpatriata tra volti noti alla sua carriera in preda all'argomento a lui più caro, la famiglia borghese italiana. Il cinema di Muccino è un cinema di volti tra cui, in questo lavoro, spiccano le doti di Pierfrancesco Favino che riesce a muoversi su registri diversi e a non abbandonare mai la gravità del suo personaggio, e Sabrina Impacciatore che con la leggerezza che la contraddistingue regala una figura intensa e a volte divertente.

A fare da contraltare c'è, però, la sensazione costante di aver visto troppo. Muccino recupera tutto il suo cinema e lo getta nel calderone. Se lo stile registico risulta meglio definito e più organico, l'eccesso di zelo nel voler ripercorrere i sospiri e le emozioni urlate ne L'Ultimo Bacio è sempre in agguato. A Casa Tutti Bene è il film che, più di tutti i film di Muccino, intende raccontare la vita entrando nelle dinamiche famigliari, lasciando emergere la dimensione prominente del privato su dinamiche sociali più ampie, purtroppo però il risultato si ferma allo stesso punto di consapevolezza già raggiunto dai suoi precedenti lavori, senza apportare niente di nuovo.

A Casa tutti bene. Una ricetta di famiglia.
Il ritorno di Un Film per Dessert dopo mesi di silenzio coincide con il ritorno di Gabriele Muccino al cinema italiano, ma non c'è uno scopo programmato dietro questa che definirei più una coincidenza. Tuttavia questa circostanza che sa di famiglia, di ritrovo e di tempi di sopportazione misurati, deve avere un sapore riconoscibile. Nel film di Muccino il sapore è quello delle tombolate tra parenti con lo zio che bara, per me il sapore è quello di film sulla famiglia già visti e recensiti accompagnati da polpette al sugo, arrosto, o tacchino ripieno da giorno del ringraziamento. Con questo film la ricetta deve essere classica ma con qualcosa di troppo, un piatto che si mangia per gola ma che lascia la sensazione di pesantezza a ricordarci che, forse, era meglio digiunare.

La lasagna napoletana è un piatto che in molti riconosceranno perché nota per essere particolarmente ricca di ingredienti e dalla lunga preparazione. Ecco la ricetta

INGREDIENTI
300 gr di sfoglie di lasagne

 400 gr di fior di latte
 3 uova
 400 gr di ricotta romana
 100 gr di pecorino

Per il ragù:
 150 gr di costine di maiale
 1 salsiccia
 250 gr di muscolo di manzo
 50 gr di pancetta
 1 cipolla
 1 carota
 1 costa di sedano
 1/2 bicchiere di vino rosso
 1,5 lt di passata di pomodoro
 sale
 olio di oliva extravergine

Per le polpette:
 250 gr di carne macinata
 1 uovo
 1 fetta di pane
 20 gr di parmigiano
 sale
 olio di semi

Iniziate a preparare il ragù tagliando a tocchetti i tre tipi di carne. In una casseruola con dell'olio fate appassire il trito di cipolla, sedano e carota assieme alla pancetta a cubetti. Aggiungete quindi la carne e fatela cuocere per qualche minuto. A questo punto mettete il vino e fatelo sfumare rigirando anche la carne di tanto in tanto. Inserite anche la passata di pomodoro e mescolate. Dal momento in cui il sugo riprende a bollire abbassate al minimo la fiamma e fate cuocere lentamente per 4 ore. Quando sarà pronto sollevate i pezzi di carne più grossi e teneteli da parte.

Intanto preparate le polpette mettendo in una ciotola la carne macinata, l'uovo, il pane a tocchetti, parmigiano e sale. Amalgamate bene e formate con le mani tante piccolissime polpette. Friggete le polpette, in olio bollente, rigirandole.

Mettete la ricotta in una ciotola ed aggiungetegli una parte di sugo per poterla lavorare con una forchetta. Cuocete per qualche minuto in acqua bollente salata, con aggiunta di qualche goccia di olio, le sfoglie di lasagne. Man mano che saranno cotte sollevatele e mettete ad asciugare su di un canovaccio pulito.

Intanto bollite le uova per 10 minuti in un pentolino con dell'acqua. Quindi sbucciatele e tagliatele a fette. Preparate la lasagna cospargendo la pirofila con un mestolo di ragù. Adagiate quindi il primo strato di sfoglie (se necessario tagliatene qualcuna) e ricopritelo con della ricotta. Aggiungete quindi il fior di latte a tocchetti e poi le uova.
Ripetete i passassi mettendo anche le polpette e la spolverata di pecorino. Ricoprite nuovamente mettendo ricotta e passata di pomodoro.

Terminate con una spolverata di pecorino ed cuocete in forno già caldo a 200 °C circa 30 minuti.




mercoledì 21 settembre 2016

BRIDGET JONES'S BABY (di S. Maguire, 2016)

Ci risiamo. Bridget Jones è di nuovo single, ma almeno può vantare di avere un buon lavoro e una forma fisica finalmente perfetta. Decisa a lanciarsi in nuove avventure, però, si ritroverà single ed incerta sull'identità del padre del bambino.

C'è un momento nella vita di ogni donna in cui ci si ferma a pensare.
Può accadere a trent'anni, quando ci si ritrova ad essere single mentre le amiche sfoggiano le foto del loro matrimonio. Può accadere a trentacinque quando la bellezza non è sfiorita, ma per essere presa in considerazione dagli uomini servirebbero dieci anni di meno e sicuramente meno ciccia sui fianchi. O magari avviene quando i giochi sono fatti e ancora un dubbio su tutti resta: finirò col rassicurante compagno di sempre, o posso ancora permettermi di cercare l'uomo dei miei sogni? Vivrò mai un'altra notte di folle passione?

Ecco, così va anche per Bridget Jones, che si ritrova a soffiare 43 candeline senza un uomo al suo fianco. Bridget, che da più di dieci anni ha il volto di Renée Zelwegger e da più di venti ci racconta il "disagio" di essere donne.

Bridget Jones' Baby si distacca dal libro ma si riconferma un canto generazionale, una voce che celebra e acclama tutte le donne nella loro singolare e adorabile normalità. C'è anche la penna di Emma Thompson nella sceneggiatura a tratteggiare una serie di briosi aneddoti che portano la "solita" Bridget a scontrarsi in pieno viso contro il mondo di oggi, con amiche trentenni molto più sfacciate di quanto fosse lei dieci anni fa, e un gruppo di hipster a gestire il suo ufficio. E poi ci sono loro, l'amore di sempre e l'eccitante sconosciuto.

Un nuovo capitolo che, nonostante l'odore di sequel, si afferma come film del tutto nuovo. Meno british dei precedenti ma assolutamente in linea con i tempi, dove Bridget è sempre Bridget ma attorno a lei ci sono nuovi volti e nuovi tipi che rendono spassoso l'insieme (su tutti proprio Emma Thompson nei panni della ginecologa). Un film consigliatissimo a chi già conosce le peripezie dell'eroina, a chi è in cerca della sua stabilità in un mondo che non sembra mai accontentarsi, e alle nuove generazioni che non conoscono Bridget Jones ma che potranno cominciare da qui e vederla alle prese - anche - con un inedito Ed Sheeran.

Ricetta.
Probabilmente alcune di voi non sanno di cosa sto parlando, altre già sentendo nominare Bridget Jones staranno pensando "sicuramente sceglierà quella ricetta!", ad entrambe rispondo: Zuppa Blu! Sì, la zuppa drammaticamente blu che Bridget preparò a Mark Darcy per impressionarlo.
In molti si sono cimentati con questa ricetta nel tentativo di ottenere lo stesso improbabile risultato: qualcuno aggiunge del cavolo rosso, tingendo di viola il tutto, altri aggiungono del colorante solo per garantire quel tipico colore "azzurrino pasticcio".
La mia idea è di modificare la vellutata di patate e porri aggiungendo delle patate viola. Lo so, la zuppa dovrebbe essere azzurra, ma preferisco usare i coloranti solo nei dolci con la pasta di zucchero.
Dunque, ci proviamo?


ZUPPA (QUASI)BLU

1 porro
200 gr di patate pelate
400 gr di patate viola pelate
150 gr di panna da cucire (io preferisco quella leggerissima di riso)
qualche foglia di rosmarino
olio evo q.b.
sale q.b.

Togliete le foglie più esterne del porro e tagliatelo a rondelle sottili. Tagliate le patate a cubetti e mettetele in una pentola alta insieme al porro. Coprite con acqua, una manciata di sale e mettete a cuocere. Dal momento dell'ebollizione dovrebbero cuocere in circa 20/25 minuti. Una volta cotti, scolateli (tenendo da parte un po' di acqua di cottura) e frullate il tutto, magari aggiungendo un poco di acqua per rendere il composto più cremoso. Aggiungete la panna. A parte fate riscaldare l'olio a bagnomaria con il rosmarino e, se volete, con qualche granello di pepe. Versate l'olio a filo direttamente nei piatti dove avrete distribuito la vellutata, a piacere aggiungete del parmigiano e, perché no?, dei crostini.

Et voilà, la zuppa violetta quasi-blu "alla Bridget" è servita!

giovedì 21 maggio 2015

MAD MAX - FURY ROAD (G. Miller, 2015)

In un futuro remoto post-apocalittico, quel che resta degli uomini è governato da Immortan Joe che si serve dei suoi Figli della Guerra per alimentare il culto di se stesso. Max è un uomo solitario tormentato dal senso di colpa, l’Imperatrice Furiosa è la protetta del sovrano. Quando quest’ultima decide di ribellarsi, le strade di entrambi si incroceranno.


Prendete un regista che cominci a girare film negli anni d’oro del punk, dategli trent’anni di evoluzione tecnologica, l’osservazione delle derive nichilistiche nel cinema dei postumi e posteri dei suoi precedenti film, ed ecco la ricetta di Mad Max- Fury Road.
A trent’anni esatti dal precedente capitolo, George Miller riporta in vita Max Rockatansky, questa volta con la faccia di Tom Hardy piuttosto che del buon Mel Gibson, troppo vecchio per il ruolo.

In una terra morente e desertica, dove ogni strada si riavvolge su se stessa precludendo ogni via di fuga che non sia un disperato miraggio, a governare c’è Immortan Joe, un dio/sovrano malato, padre di tutte le deformità fisiche e mentali dei suoi figli/seguaci. La guerra degli uomini è l’unico atto in grado di preservare un barlume di socialità nella roccaforte del potere, La Cittadella, una fortezza scavata nella roccia, protetta da schiavi bambini che dispensa acqua e nutrimento insufficienti alla folla di piccoli mostri pullulante ai suoi piedi come in un trittico di Hyeronimus Bosch. L’Olimpo di Immorten Joe è una fabbrica di esseri umani dove le donne vengono munte e i deboli soggiogati dal fanatismo religioso, e i motori e le armi sono l’unica forma di interazione con le poche altre tribù circostanti.

George Miller dà una forza senza precedenti alla mitologia del suo lavoro più noto perché questo Mad Max è un film d’azione pura, di velocità estrema e di sublime follia. Lo scenario è quello desertico post-apocalittico che negli ultimi anni abbiamo visto crescere, svanire e poi ritornare sotto varie sembianze, di cui Miller stesso ha tracciato l’archetipo e che qui rinnova con caratteristiche inedite.
Potrei dilungarmi per ore ad analizzare la dicotomia “uomo distruttore vs donna generatrice di vita”, o cavalcare l’ondata di tripudiante femminismo che il film ha scatenato nel mondo degli studi di genere, ma la verità è che una cosa su tutte resta impressa dopo aver guardato Mad Max: i tamburi. Il suono battente ed incalzante per accogliere, attaccare, celebrare, esaltare ogni momento di questa folle epopea che unita al rombo dei motori e al furore cieco di una chitarra elettrica fa del ritmo la forza incontrastata del film. A questa va aggiunta una Charlize Theron bella come non la si vedeva da anni, icona perfetta della femminilità senza fronzoli: forte e combattiva nel corpo, profondamente malinconica nello sguardo. Miller, poi, argina il rischio di sotterrare la trama sotto palate di azione fine a se stessa con una sceneggiatura asciutta e sensata nella sua sconfinata follia, mettendo ogni personaggio al posto giusto e riuscendo nell’iperbolica impresa di far emergere l’anima da un personaggio come Max che si esprime solo a grugniti e cazzotti.
Insomma, Mad Max è un film senza precedenti, che si spaccia per sequel ma di fatto riscrive un genere a partire dal cuore di tutto ciò che veramente avevamo adorato nelle sue prime manifestazioni. Ne esce un’opera anarchica, potentemente punk, adrenalinica come poche e visivamente impeccabile. Unica.

RICETTA.
Non so voi, ma io dopo Mad Max ho voglia di carne cruda.


400 g di polpa di manzo
1/2 spicchio di aglio
1/2 limone
olio extravergine di oliva
sale
  pepe

Tritate più volte la carne nel tritacarne fino a ottenere una grana molto fina; in alternativa, potete anche tagliarla molto finemente con un coltello ben affilato. Raccoglietela in un’insalatiera, che avrete prima strofinato con l’aglio fino a consumarlo tutto.

Stemperate in una ciotola il sale nel succo filtrato di limone, unite a filo 5 cucchiai di olio, battendo con una forchetta in modo da emulsionarlo, e versate la salsa ottenuta sulla carne.Mescolate con cura e servite nei piatti individuali. Questa ricetta, conosciuta anche come “carne cruda all’albese”, in stagione viene completata con petali di tartufo bianco; riducendo le dosi la preparazione diventa un antipasto.

sabato 25 aprile 2015

THE AVENGERS - AGE OF ULTRON (J. Whedon, 2015)

Se vi siete persi la recensione del primo capitolo degli Avengers, andate a leggervela qui.



Durante una missione in Sokovia, gli Avengers attaccano una base dell' HYDRA e recuperano lo scettro di Loki per riportarlo finalmente ad Asgard. Al loro ritorno, però, Tony Stark e Bruce Banner approfittano della presenza dello scettro per studiare l'intelligenza artificiale al suo interno ed assimilarla al progetto di difesa globale da loro progettato e denominato Ultron. In loro assenza, però, Ultron prende il sopravvento e s'incarna in un essere autonomo determinato a sterminare gli Avengers. A lui si alleano anche i gemelli Maximoff - Quicksilver e Scarlet Witch -, nati da una manipolazione genetica operata dall' HYDRA.

The Avengers - Age of Ultron è il capitolo centrale nella saga dei vendicatori riuniti, quello che punta a traghettare la storia verso un epilogo e che, se da una parte butta sul fuoco tutta la carne che mangeremo nei prossimi anni, dall'altra tende a fare il punto della situazione e ravvivare l'immagine che abbiamo costruito di ogni personaggio. Ogni Avenger vanta più di un film omonimo che lo possa descrivere e che ha contribuito ad alimentare le aspettative di questo nuovo capitolo, ma il buon Whedon sapendo che Vedova Nera e Occhio di Falco non avessero mai avuto questo onore, e prima che gli Avengers facciano comunella con i nuovi affiliati, ha pensato bene di stuzzicare un po' i due, mettendoli a nudo (tranquilli, nessuna scena di sesso tra loro). Dei due mette a fuoco qualche segreto e insicurezza, per estendere a tutto il gruppo una visione più matura e meno scanzonata. Dal 2012 ad oggi abbiamo visto i singoli vendicatori misurarsi con le proprie battaglie, ma raramente con le proprie paure, così l'azione più sfrenata della caccia a Ultron spesso si scioglie in momenti inquietanti ed onirici in cui a venire allo scoperto è la parte debole di ogni supereroe, la più umana, quella che da sola può sgretolarsi o aggregarsi nella forza del metallo. In questa circostanza acquista un senso la presenza dei gemelli Maximoff, soprattutto di Wanda/Scarlet Witch, capace di manipolare la mente e vedere il fondo dell'anima di ognuno, scatenando visioni e terrore.

Come nel primo capitolo, dunque, gli ingredienti Marvel ci sono tutti: l'azione è da togliere il fiato, il film si apre con la battaglia per la conquista dello scettro di Loki presidiato dall'HYDRA, i contrasti tra alcuni personaggi persistono ma il gruppo riesce ad avere sempre la meglio, c'è il ritorno del filone sentimentale, tantissima ironia e ... un cattivo spiegato male. Sì, unica pecca del film sta nell'aver messo davvero troppa carne a cuocere e aver perso di vista la cura per alcuni dettagli.
Per troppo tempo la presenza di Scarlet Witch e Quicksilver sembra casuale, Ultron delinea un progetto assolutamente folle ma non assume mai uno spessore tale da percepirsi come minaccia reale e presente, infine la Visione nasce come il più affascinante dei personaggi ma non ha (ancora) il giusto peso. Dovremo aspettare altri tre anni prima di The Avengers - Infinity War (part 1) e in questi anni rivedremo Capitan America e Tony Stark in Captain America - Civil War, e Thor in Thor - Ragnarok, e forse non penseremo a come sarà la Visione nel 2018, ma ora che c'è Avengers - Age of Ultron, ed è un film che ti tiene incollato allo schermo e ti fa sobbalzare spesso ci rimane un po' di sapore d'attesa e un po' del senso di perdita. Che sia una tattica di Joss Whedon per passare lo scettro ai fratelli Russo e lasciargli un filone da completare con l'apertura della Terza Fase Marvel? Staremo a vedere. Nel 2018.


RICETTA
Quest'anno mi sono data alla coltivazione di spezie e frutti di bosco in balcone, Che c'entra? Niente. E invece c'entra, perché la ricetta che sto per proporvi nasce proprio dall'aver avuto a portata di mano una buona quantità di timo limone e menta freschi, tre spigole e un pestello. Allora mi chiederete cosa c'entra col film? Be', trovatemi voi un cibo più simile al metallo della pelle lucida di una spigola fresca!

SPIGOLE RIPIENE
ingredienti
tre spigole
150 gr di pangrattato o mollica 
zenzero fresco
una manciata di uvetta candita
una manciata di pinoli
timo limone
menta
olio evo q.b.
sale grosso
pepe

Squamate le spigole e privatele della lisca centrale ma non della testa. In una padella scaldate appena due cucchiai di olio e fate tostare la mollica di pane e i pinoli. In un mortaio pestate lo zenzero, le erbette e un po' di sale grosso. Unite alla mollica tostata la miscela di erbe e l'uvetta che avrete fatto rinvenire in acqua, poi farcite le spigole e chiudetele con uno stuzzicadenti. Aggiustate di sale e pepe, poi avvolgetele con dell'alluminio e cuocete in forno per circa 20' a 170°.

venerdì 27 febbraio 2015

NESSUNO SI SALVA DA SOLO (S. Castellitto, 2015)

A fare da cornice è una cena, Gaetano (Riccardo Scamarcio) e Delia (Jasmine Trinca) si ritrovano al tavolo di un ristorante qualunque (Pane Nostro) a discutere di come organizzare le vacanze per i bambini. Nel mezzo della conversazione, alternata a liti ed insulti a denti stretti, la loro storia viene narrata dai flash back che analizzano la passione, l'amore ed il matrimonio tracciandone l'ascesa frenetica ed il declino fino alla separazione.

La storia di Delia e Gaetano è una storia come tante che Sergio Castellitto attinge ancora una volta da un romanzo della scrittrice e compagna di vita Margaret Mazzantini. La passione scoppia tra due giovani apparentemente diversi, lei biologa nutrizionista, fragile e con un passato da anoressica, lui aspirante scrittore ma meno raffinato nei modi, e li consuma fino alla nascita dei due figli, quando le responsabilità ed i doveri quotidiani s'impongono sull'euforia amorosa. Ogni ambizione cambia, i sogni stessi svaniscono o si tramutano in qualcos'altro, come in quasi tutte le coppie accade, fino ad accusarsi a vicenda, al tavolo di un ristorante, di essere cambiati.

Il film è pulito e lineare, non ci sono colpi di scena da aspettarsi, tutt'altro. Nel suo essere placidamente narrativo, parla direttamente allo spettatore, e ci si commuove laddove si accetta il compromesso di uno sguardo reciproco. Non manca una sequenza quasi onirica in cui i due protagonisti si confrontano con una coppia più anziana (interpretata da Angela Molina e Roberto Vecchioni) che potrebbe valere come deus ex machina. In realtà il regista dissemina lungo il film impercettibili suggerimenti di salvezza che convergono tutti nella preghiera sulla gradinata della Galleria d'Arte Moderna di Roma. Che sia l'arte la sola a poterci salvare dalla crisi civile/amorosa?

Più che Non ti muovere e Venuto al mondo - gli altri due film ispirati e sceneggiati da Mazzantini - questo nuovo film di Castellitto meglio si sposa con La Bellezza del Somaro, poiché a fare da sfondo al dramma della famiglia borghese è sempre quella patinatura critica alla famiglia come vittima sacrificale dei postumi del sessantotto. I genitori di Gaetano ne sono l'esempio più comico, ex hippie che fumano marijuana e suonano la chitarra a tavola con l'albero di Natale addobbato sullo sfondo, ma tanto per Gaetano quanto per Delia il senso di inadeguatezza e sofferenza nella coppia è imputato ai padri, sbagliati o assenti che siano. E agli stessi padri, forse, è consegnato il senso possibile della salvezza, che se "nessuno si salva da solo", allora saranno proprio loro a doverci tendere una mano, e non per redimersi o per onniscienza, ma solo per avere già provato e fallito nelle stesse situazioni.

RICETTA
Famiglia. Che sia equilibrata o caotica, è pur sempre famiglia, con le belle e le brutte stagioni. E cosa c'è di più familiare di un bel piatto di polpette? Sì, semplicissime e familiarissime

POLPETTE AL SUGO
250 gr di carne macinata di maiale
250 gr di carne macinata di vitello
100 gr circa di pane raffermo sbriciolato
50 gr di formaggio grattugiato misto parmigiano e pecorino
prezzemolo
sale pepe
2 uova medie
sugo di pomodoro al basilico, 1l
olio qb
un bicchiere di latte
farina qb
In una ciotola capiente mettete la carne ed aggiungete il prezzemolo tritato, il pane che avrete precedentemente ammorbidito con il latte e poi strizzato, sale, pepe e le due uova. Lavorate con le mani fino ad amalgamare tutti gli ingredienti in un impasto omogeneo. Dividete l'impasto in tante palline di medie dimensioni (poco meno di una pallina da tennis), passatele nella farina e friggetele. Devono essere solo dorate all'esterno, non è necessario cuocerle bene. Intanto in una pentola scaldate il sugo, mentre sobbolle calateci le polpette una ad una, coprite con un coperchio e lasciate cuocere a fiamma bassa per circa mezz'ora. Servite calde, da sole o con della pasta fresca condita con il sugo di cottura.

giovedì 26 febbraio 2015

KINGSMAN - THE SECRET SERVICE (M. Vaughn, 2015)

Gary Unwin, detto Eggsy, è un adolescente sbandato, vive con la madre ed il compagno violento. Diciassette anni prima, alla morte del padre, un uomo misterioso gli aveva affidato una medaglietta con un numero di telefono ed una parola d'ordine incisi, da utilizzare in caso di necessità. L'uomo era Harry Hart, lo stesso che si presenta ad Eggsy per addestrarlo a diventare un agente segreto dei Kingsman.

Prendete il più elegante tra gli attori british, fatelo allenare ogni giorno per sei mesi e poi mettetelo al centro di un film d'azione ed avrete Colin Firth nei perfetti panni di Harry Hart, l'agente segreto dei Kingsman, irresistibile mentore per Taron Egerton nel ruolo di Eggsy - qui alla sua prima esperienza cinematografica- . Sì, perché se in passato è stato facile riconoscere Firth quale elegante gentiluomo (ricordate A Single Man?), oggi è sorprendente vedergli ammazzare i cattivi e sapere che ha girato l'80% delle scene senza l'ausilio di una controfigura.  Di contro c'è un inedito Samuel L Jackson, il villain con la zeppola e il cappellino da baseball, un po' Steve Jobs e un po' Dottor Male di Austin Powers con un piano omicida talmente assurdo da risultare divertente.

Si potrebbe dire che Matthew Vaughn sia ritornato in scena con un altro cinecomic (dopo Kick Ass e X-Men), se non fosse che Kingsman ha poco a che fare con le cose già viste. Se mantiene i tratti autentici del fumetto di Mark Millar, allo stesso tempo ammicca al cinema di spionaggio alla 007 e, più che di vere citazioni, è farcito di molte situazioni canzonatorie nei confronti dei riferimenti cinematografici che ci si aspetterebbero. A far da padrone è il conflitto più che godibile tra eleganza e mistero in doppiopetto contro megalomania e sfarzo con berretto. Da una parte si schiera la cura per la riservatezza e dall'altra il delirio di onnipotenza, e in tutto ciò non manca una scazzottata letteralmente "mondiale". La narrazione si fa via via più incalzante, ogni personaggio aumenta in spessore, persino il piano di Valentine si delinea tanto da risultare credibile, mentre il ritmo crescente è sorretto dalla colonna sonora, come già prefigurato dalle note di Money for nothing dei Dire Straits nell'incipit.
Insomma, Kingsman si propone tanto come prodotto per gli amanti dei cinecomics quanto per i devoti di 007, sicuramente riuscito anche nel suo essere un buon racconto di formazione, cosa che già Kick-Ass aveva tentato ma in modo meno efficace.

RICETTA
Kingsman è un film di intrattenimento in cui Vaughn ha finalmente trovato un equilibrio lodevole tra la smania di omaggiare un prodotto da lui apprezzato - il fumetto - e la necessità di creare un prodotto diverso e altrettanto buono per il cinema. Il risultato è energico, sorprendente, assolutamente efficace. Ultimamente sono diventata una grande fan dello chef Jamie Oliver che conduce vari programmi in onda su LaEffe e pochi giorni fa, forse il giorno dopo aver visto Kingsman, Jamie ha preparato una ricetta che ho trovato particolarmente adatta al film. Si tratta di un'alternativa gustosa ed economica al cibo d'asporto che in Inghilterra è un appuntamento imprescindibile del venerdì sera. Anche in Italia la pizza del sabato sera sta lentamente cedendo il passo a cibi esotici o difficili da fare in casa, ghiottonerie che si possono trovare semplicemente ordinando su internet con JustEat. Ebbene, se amate il fast food davanti ad un buon film raffinato e ugualmente pieno di scazzottate severe, preparate
500 gr di carne di agnello macinata
timo fresco
cumino
4 peperoncini lunghi
buccia grattugiata di un limone
una manciata di pistacchi sgusciati
salsa piccante
1/4 di cavolo rosso
una cipolla rossa
insalata mista
un cetriolo
yogurt bianco
menta fresca
aceto di mele
olio evo
sale
2 piadine o tortilla

In una ciotola lavorate la carne macinata con cumino, timo e sale. Prendete 4 bastoncini da spiedino ed avvolgete l'impasto intorno come a formare dei lunghi hamburger infilzati. Grigliate su una piastra ben calda con accanto i peperoncini. A parte tagliate il cavolo a listarelle sottili e conditelo con sale, olio, due cucchiai di aceto ed un cucchiaino di zucchero. All'insalata aggiungete il cetriolo affettato e condite il tutto con menta e poco olio. Tagliate la cipolla e mettetela a marinare con limone, sale e pepe. Pestate i pistacchi nel mortaio con il cumino e la scorza di limone. Quando gli spiedini saranno cotti spennellateli con la salsa piccante e rotolateli nel pistacchio. Servite su una piadina con insalata, alla quale aggiungerete qualche cucchiaio di yogurt, cavolo rosso e cipolla.

mercoledì 4 febbraio 2015

JUPITER ASCENDING - IL DESTINO DELL'UNIVERSO ( Andy e Lana Wachowski)

Jupiter Jones (Mila Kunis) è figlia di immigrati russi. Orfana di padre sin dalla nascita, vive con il resto della famiglia e per mantenersi fa le pulizie a domicilio. La sua vita cambia quando scopre di essere oggetto delle mire degli Abrasax, i sovrani che governano l'universo. A tentare di salvarla arriva Caine (Channing Tatum), un mercenario solitario ingaggiato da uno dei sovrani, ignaro della vera identità di Jupiter e del perché vogliano ucciderla.


Il mondo dei Wachowski è un universo in divenire che accoglie e supera in forza visiva tutti i mondi conosciuti, uno spazio fluido e mutevole che prende forma nella memoria cinematografica di tutti, sfidando lo spettatore a riconoscere tutte le citazioni possibili. C'è lo spudoratissimo e dichiarato intrigo sentimentale a La Bella e la Bestia, una scena-cameo di Terry Gilliam palesemente ispirata al suo Brazil, ma anche la nave spaziale e gli attacchi di guerra (i martelli, per intenderci) del gioco Warhammer 40000. Sono passati tanti anni da Matrix e sarebbe fin troppo scontato paragonare l'ultima fatica dei Wachowski ancora una volta alla saga che li ha resi celebri, se non fosse che loro stessi sembrano divertirsi a rimescolare e riproporre più o meno sempre la stessa storia. Jupiter, che dà il nome al film, è la protagonista, e come Neo a suo tempo è una persona qualunque che scopre di essere predestinata a grandi cose, principalmente ad una grande cosa: salvare la terra. Accanto ad ogni eroe c'è sempre un fedele compagno, che in questo caso è particolarmente fedele, essendo un incrocio tra un uomo e un cane (un lupo, in verità, ma una delle battute migliori del film sta nel paragonarlo ad un cane). Attorno a questo anello narrativo torna la riflessione, non troppo profonda né di difficile interpretazione, sulle logiche del potere e il sacrificio di molti per il bene di pochi. 

La sceneggiatura è carente, sembra voler mettere le mani un po' ovunque per poi ridurre tutto a zero: resta una grande impalcatura visiva, un involucro psichedelico ma vuoto. Tuttavia, qualcos'altro c'è, e se non è da ricercarsi nel contenuto, arriva in quel che si sedimenta dopo la visione. Jupiter Ascending è da collocare nella scalata di un cinema che fa leva sulla più potente spettacolarizzazione del mezzo, in nome del senso dello stupore che fu per primo di Méliès, lo schermo ci attrae attraverso vortici e luci abbaglianti e allo stesso tempo ci illude che quel che abbiamo davanti è una visione nuova e sorprendente. Un trucco, certo, che ci tiene protesi in avanti mentre i personaggi riflettono sul passato creando una struttura circolare che non ha evoluzione: un telescopio apre e chiude il film, una reincarnazione rinnova una storia che si credeva conclusa, ma soprattutto nella circolarità degli eventi non esiste più il tempo, le forme sono liquide e dinamiche, spesso difficili da seguire, ed il senso si diluisce. Nella tensione per farne un cinema delle attrazioni, Jupiter Ascending diventa uno spettacolo acrobatico, un circo Barnum di mondi esperibili in digitale che dribbla il rischio di filosofeggiare un secondo Cloud Atlas e si prende amabilmente in giro, guardandosi le spalle e perdendo qualche pezzo per strada.

RICETTA
Questa volta, cercando una ricetta adatta al film, mi sono imbattuta in un sito che raccoglie ricette da tutto il mondo per l'Expo 2015. Ci vorrebbe un alcolico speziato o un dolce stravagante. Bene, immaginate allora di sprofondare al cinema in una comoda poltrona, con gli occhiali 3D e lo schermo che piano piano vi avvolge e finalmente cattura. Cosa vorreste addentare? Io l'ho trovato, ma attenti alle briciole!


250 millilitri di Birra, Guinness
250 grammi di Burro
75 grammi di Cacao amaro
400 grammi di Zucchero
142 grammi di Panna acida
2 Uova
1 Vaniglia, i semi di una bacca
275 grammi di Farina
2,5 cucchiai da tè di Bicarbonato di sodio
400 grammi di Formaggio spalmabile
125 grammi di Zucchero a velo
150 grammi di Panna

Tagliate il burro a pezzetti e mettetelo a scaldare a fuoco dolce con la Guinness e lo zucchero fino a che il tutto non si sarà amalgamato. Togliere dal fuoco e far raffreddare.
Nel frattempo sbattere le uova con la panna acida e aggiungere il cacao setacciato. Aggiungete poco alla volta il composto di burro e birra e mescolate con una frusta. Per ultimo aggiungete la farina setacciata con il bicarbonato.
Versate il composto in una teglia da 24 cm imburrata e mettere a cuocere in forno a 180 gradi per 45-60 minuti. Fate la prova stecchino: dopo i primi 45 minuti infilate nella torta uno stecchino, dovrà uscire pulito.
A cottura ultimata, sformate e fate raffreddare completamente. La torta è buonissima già così! Se invece volete glassarla, preparare il n: mescolate lo zucchero a velo con il formaggio cremoso, fino ad avere una crema liscia. Montate la panna e aggiungetela delicatamente alla crema di formaggio. Potete glassare la torta interamente o solo sulla parte superiore.

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