giovedì 26 agosto 2010

Auguri TIM Burton




Il 25 Agosto 1958 nasce Timothy William Burton, nella cittadina di Burbank, ai piedi di Hollywood.
Ieri, dunque, ha compiuto 52 anni. Sebbene la carriera di Tim sia abbastanza controversa e, recentemente, poco convincente, vorrei celebrarne la nascita artistica. Per chi non lo conoscesse, eccogli in dono il primo cortometraggio.
Nel caso in cui non dovesse essere accessibile il video, allego il link qui di seguito affinchè possiate vederlo su youtube:
http://www.youtube.com/watch?v=PJI7WsCwy-Y





Questo brevissimo film è un concentrato di 5' della poetica del giovane regista.
Vincent è incapace di adattarsi alla monotona vita familiare, nutre una smodata passione per i film dell'orrore, venera Vincent Price, proprio come il piccolo Tim.

Un gatto nero passeggia su di un muro, per poi entrare nella casa, attirato dal suono di un flauto. Le note di The Hoochie-Kootchie Dance echeggiano nella camera spoglia. Il bambino è uguale a Tim Burton anche nell'aspetto. Ma alle parole (a narrare la storia è proprio Vincent Price): For a boy his age, he's considerate and nice/ But he wants to be just like Vincent Price, i capelli si arruffano e si tingono di grigio sulle tempie; gli occhi di bambino diventano abissi tenebrosi, si sgranano, le pupille diventano punte di spillo, le pesanti palpebre si socchiudono e, con fare aristocratico, si volta alla propria sinistra per aspirare una boccata di fumo dalla sigaretta che regge delicatamente tra le dita. L'animale accoccolato tra le braccia fugge terrorizzato all'incontro tra i loro sguardi.Burton entra nell'universo immaginario del piccolo Vincent Malloy o, sarebbe meglio dire, fa i conti con il proprio inconscio. Per cinque minuti è il piccolo Tim ad entrare nello schermo per diventare davvero il personaggio di un film con Vincent Price. Pochi istanti ed ogni fantasia diventa realtà; il piccolo introverso bambino di Burbank dialoga con il mondo per la prima volta, e a guidarlo è un grande regista.

Si dice che prima di morire passino davanti agli occhi i momenti più significativi della propria esistenza. Vincent è allo stesso tempo il testamento e il programma poetico di Tim Burton. Come testamento è la volontà ultima di ciò che è trascorso, ricordi e fantasia di un'infanzia lontana -ma non troppo poichè Tim ha solo 24 anni- che, non a caso, teminano con una morte. Immagine ultima della vita poco prima dell'abbandono. La malinconia cresce con le parole di Poe e con la musica per poi dissolversi nei titoli di coda.
Ma, sul finale di Vincent, si può veramente parlare di morte?
In realtà si tratta di morte apparente o, meglio, simulata, e bisogna tener conto della produzione che il regista avrebbe messo in atto negli anni a venire. Alcuni hanno interpretato questo finale come una dichiarata paura di morire, ma è l'esatto contrario. E' come se Tim avesse voluto dirci:


Bene gente, questo sono io e ve l'ho dimostrato sfruttando i mezzi che mi avete concesso. Se ora mi permettete di andare avanti lo farò, altrimenti va bene così.
Se anche il suo cortometraggio non avesse riscosso successo, sarebbe stato comunque un'opera completa perchè è l'essenza, tutto il "non detto", tutte le fantasie che l'impossibilità di sfogo nella vita reale avevano recluso in un mondo altro.
Fortunatamente l'opera è valsa da trampolino di lancio al giovane Tim. Ora, riguardate il cortometraggio e pensate ad Edward Mani di Forbice, ad Ichabod Crane ne Il Mistero di Sleepy Hollow, a Sweeney Todd, ad Edward Bloom in Big Fish, allo Spiritello Porcello di Beetlejuice, addirittura ad Ed Wood. Esisterebbero se nel lontano 1982 Vincent Malloy fosse veramente morto?
(Questo articolo è tratto ed ispirato al primo capitolo della mia tesi di laurea. Ne approfitto per ringraziare ancora il relatore, prof. G.Biotti)


Non è il primo articolo che dedico a Tim Burton, perciò mi è più difficile del solito trovare una ricetta adatta. Ma l'occasione fa l'uomo ladro (odio chi parla per proverbi....in questo momento odio me stessa) e, per il compleanno di Tim (scrivere di lui mi autorizza ad una certa confidenzialità) ci vorrebbe una torta. Di sicuro la torta che mi riesce meglio. Trafugata da uno dei miei siti culinari preferiti, www.giallozafferano.it
La TORTA DI PERE E CIOCCOLATO. Adatta all'occasione perchè ha un gusto variegato -dall'amaretto pungente alla dolcezza del cioccolato, adatta alle atmosfere macabre e alla dolcezza espressa dai bambini solitari dipinti da Tim Burton- e perchè è una torta....immaginatevela con 52 candeline.



ingredienti
100 di amaretti
170 di burro
200g cioccolato fondente
200g farina
1/2 bustina lievito istantaneo per dolci
4 uova
100g zucchero
350ml martini bianco
700g pere già sbucciate e private del nocciolo


Tagliate le pere in quarti e lasciatele marinare nel martini per 20', oppure fatele asciugare in un tegame a fuoco vivo.
Tritate il cioccolato e scioglietelo a bagnomaria con 100g di burro. Lasciate intiepidire. In un mixer sbattete il restante burro, lo zucchero ed i tuorli d'uovo, fino ad ottenere una crema liscia. Aggiungete il cioccolato ormai tiepido. Versate il composto in una ciotola capiente, aggiungete la farina e il lievito setacciati. Lavorate bene. Sbriciolate gli amaretti ed uniteli all'impasto. A parte montate gli albumi a neve ben ferma. Mescolate al resto con un cucchiaio di legno, con movimenti dal basso verso l'alto così che gli albumi non si smontino ed il tutto incorpori aria.
Imburrate ed infarinate una tortiera del diametro di 22-23cm. Versate metà dell'impasto, disponete le pere ormai raffreddate (o tiepide) e ricoprite con l'impasto restante. Infornate per 40' in forno preriscaldato a 180°. Fate raffreddare la torta nella tortiera per circa 10', sformatela e decorate con zucchero a velo.

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